Il Molise, regione dalla
lunga tradizione agricola, conserva ancora profondamente radicate celebrazioni
e manifestazioni che traggono le loro origini, talune molto remote, nel mondo
contadino e nei cicli lavorativi senza dimenticare l’influenza delle numerose
comunità albanesi; non di rado, e nelle manifestazioni più imponenti,
protagonisti di tali celebrazioni sono il carro agricolo e gli animali il cui
ruolo nel mondo agricolo è essenziale: buoi e cavalli.
ITINERARIO- Chieuti, Serracapriola,
Campomarino, Portocannone, S. Martino in Pensilis, Ururi, Larino, Guglionesi, Montecilfone,
Palata, Castelmauro, Civitacampomarano, Lucito, Petrella Trifernina, S. Maria
della Strada, Matrice, San Giovanni in Galdo, Jelsi.
LUNGHEZZA- KM 203
Tra
la fine di aprile e gli inizi di maggio come ormai è tradizione plurisecolare,
nella parte meridionale del Molise, si svolgono le carresi, corse dei carri
trainati dai buoi. Diversi sono i riferimenti storici da cui se ne fa
discendere l’origine, ma forse non moltissimi sanno che esiste una leggenda che
associa la corsa alla venuta delle
popolazioni dall’Albania. Secondo questa versione, gli albanesi appena
raggiunta le sponde opposte dell’Adriatico, non sapevano dove andare né quale
direzione seguire. Decisero così di affidare la scelta ai buoi che trainavano i
carri sopra i quali avevano messo poche cose in fretta ed in furia, prima che
gli Ottomani arrivassero. Dove i buoi si sarebbero fermati, proprio lì
sarebbero sorte le città in cui le popolazioni avrebbero ricominciato a vivere.
A questo punto come spesso succede, leggenda e storia si intrecciano fino ad
arrivare ai giorni nostri. Seduto comodamente a
tavola nel ristorante “da Nicolino” in quel di Termoli ne sto parlando
con amici di vecchia data. Il mio interlocutore principale è Tonino,
sanmartinese puro sangue dei “giovanotti”. Naturalmente la sua versione è
alquanto diversa.
“ Gli albanesi non c’entrano niente. La storia
dice (quindi passiamo a versioni più autorevoli e motivate) che un gruppo di
nobili durante una battuta di caccia scoprì in modo del tutto casuale e
fortuito, le spoglie di San Leo. Avevano lasciato i cavalli ed trovandoli al
loro ritorno stranamente inginocchiati. Al che spostarono una grande pietra
rinvenendo le spoglie del santo. Decisero così di trasportare la salma con un
carro trainato dai buoi che dopo vari pellegrinaggi nei vari paesi della zona, cedettero
allo sforzo proprio a San Martino che ancora oggi ospita i resti del beato.”
La
mia curiosità è ormai allertata e dopo un’altra serie di incontri a San Martino
decido di preparare questo articolo e pianificare un itinerario che tocchi
tutte le comunità sotto l’influenza albanese e che ospitano feste popolari che
riconducono alle storie sopra citate.
Tra
queste manifestazioni di antica tradizione, le cui modalità variano da luogo a
luogo, ma che si conservano compatte nelle motivazioni, nelle finalità e nei
tempi (fine di aprile-luglio, con folta concentrazione tra aprile e maggio),
risaltano per importanza e per profondo coinvolgimento delle comunità le corse
dei carri di S. Martino in Pensilis, Ururi e Portocannone, della pugliese Chieuti;
a queste sono da aggiungere le sfilate dei carri, un tempo numerosissime, di
Larino, Jelsi, Montecilfone, Lupara. L’itinerario scelto toccherà tutte le
località sopraelencate offrendo la possibilità di godere un percorso
affascinante per bellezza dei panorami ma soprattutto l’opportunità di
conoscere ed apprezzare le tradizioni popolari di questa zona etnicamente assai
distinta dalle altre realtà del nostro paese. Per le strade purtroppo stendiamo
un velo triste e pietoso: l’ultimo inverno, alquanto inclemente, le ha messe a
dura prova e nell’ultima ricognizione avvenuta qualche giorno fa erano, nella
maggior parte dei casi, davvero una schifezza. Pazienza! Il giro avrà inizio da
Chieuti che nonostante sia in Puglia, divide con gli altri centri molisani
origini albanesi e tradizioni assai simili. Prima di essere popolata dagli esuli
d’oltre Adriatico nel XV secolo, era sorta presso le rovine di un antico centro
della Daunia che si vuole identificare in Cliternia. Una volta visitata la
parrocchiale di San Giorgio, seguiremo la Costa di Roncio, una dorsale che ci
condurrà in Molise attraversando la valle del Bisento. Cominciano i patemi
stradali: scendendo da Serracapriola la strada è assai dissestata ma a
Cliternia nuova, la strada è interrotta ed una deviazione vi porterà sulla
ss16. Da San Tommaso della viabilità ho scoperto che effettivamente un piccolo
ponte è crollato, a testimonianza che anche un piccolo torrentello può
combinare disastri e, volendo potete percorrere la stradina di campagna che
parte sulla dx 500m prima dell’interruzione: arriverete direttamente a
Campomarino lido.
Qui se non vogliamo approfittare della tentazione rappresentata
dalle spiagge e dai ristoranti di Termoli, piegheremo a sx verso l’interno.
Probabilmente questo è anche il tratto d’asfalto migliore insieme agli ultimi
20km di tutto il percorso. Portocannone, situato a pochi chilometri dalla
costa, è uno dei quattro comuni molisani (Campomarino, Montecilfone ed Ururi)
in cui, nella seconda metà del XV secolo, furono inviati i coloni albanesi.
Di
tale popolo il centro molisano conserva cultura, tradizioni e linguaggio. Da
visitare la chiesa dei S. S. Pietro e Paolo, in cui si trova una tela
raffigurante Santa Maria di Costantinopoli. A S. Martino in Pensilis, altro
centro di origine albanese sono interessanti da visitare il Palazzo
rinascimentale dominante la piazza del paese e la chiesa di S. Pietro Apostolo.
Si
continua verso l’interno ed in pochi km la strada, sempre sopraelevata sulle
pianure circostanti conduce a Ururi (vedi box). Il paese fu originato da un
monastero benedettino.
Se
decidete di assistere ad una delle Carresi la
vostra scelta dovrà cadere su uno di questi centri. Io per conoscenza
personale, amicizie di vecchia data ho assistito e con grande divertimento a
quelle di San Martino e Portocannone. Mentre riflettete continuiamo verso Larino,
dato che la strada da percorrere è ancora lunga. Edificata sul bordo
meridionale della valle del Biferno ha una storia assai antica che risale alla
seconda guerra punica con notevoli resti
della sua area archeologica, primo fra tutti l’anfiteatro, ottimamente
conservato. Una volta visitato il centro storico seguire le indicazioni per
fondovalle Biferno, un specie di trampolino che si tuffa con una vista
mozzafiato sul lago artificiale di Guardalfiera ben visibile sulla sx e le
campagne circostanti. Naturalmente attenzione alle buche ed ai profondi
avvallamenti, nella speranza che voi siate più fortunati del sottoscritto. Una
volta atterrati in pianura seguire le indicazioni per Guglionesi. Se potete
voltatevi perché la vista è davvero notevole: campi sterminati a perdita
d’occhio! Arrivati sulla ss 483, piegate a sx per Palata. La strada corre alta
anche se la vista è meno avvolgente. Transiteremo da Montecilfone, proprio all’entrata del paese,
un cartello in una strana, incomprensibile, lingua ci accoglie. Il piccolo
centro di qualche migliaio di anime, fu anch’esso nfondato nel 1461, al pari di
Ururi, Portocannone e Campomarino, da albanesi seguaci del principe Giorgio
Castriota Skanderberg, ed ancora oggi vi si parla la lingua d’origine, un
albanese arcaico. Dopo Palata cambiamo statale, ci tocca in sorte la 151 anche
se le qualità del manto stradale cambiano veramente di poco. La strada corre
sullo spartiacque tra la valle del Trigno e quella del Biferno e tocca prima
Castelmauro, paese di origini medioevali e poi, sempre correndo in cresta
Civitacampomarano, che conserva all’interno del suo bellissimo centro storico
un castello del ‘300 , con 2 torri cilindriche. Per Lucito mancano meno di 8km
e ci sarebbero la bellezza di 2 strade ma, la prima, è ormai chiusa perché
definitivamente crollata sotto l’incessante lavoro di smottamenti e frane,
mentre la seconda si tuffa letteralmente seguendo la distanza più breve verso
la Valle Grande per poi risalire in uno stato alquanto disdicevole.
Stanchi? Adesso sta per iniziare il tratto dei
tornanti, infatti serpeggeremo in un’infinità di curve verso il fondovalle per
attraversare il fiume Biferno, ancora lui, sul ponte Morgia Schiavone che ho
diligentemente appuntato, in quanto miracolosamente scampato a questo inverno d’impronta
balcanica. Dopo Petrella Trifernina, la strada diventa stranamente rettilinea
ma non distraetevi perché al piccolo bivio dopo qualche km bisogna deviare sulla
sx per la chiesa abbaziale di S. Maria della Strada, severa ed isolata su di
una piccola altura ed ultima sosta della giornata. Risalente all’XII secolo è
giunta ai nostri giorni senza subire rovine o alterazioni con la sua possente
torre campanaria, tutta a masselli di pietra. E adesso cosa c’è di meglio di
una strada dissestata se non la difficoltà di trovare la suddetta? Arrivati a
Matrice la strada da seguire è nascosta
alle vostre spalle se uscite sulla principale avete sbagliato, tornate
indietro noterete il cartello per S.
Giovanni in Gualdo: consolatevi perché rispetto alle informazioni riportate
sulla carta del TCI che la indicano come sterrata, è stata recentemente
asfaltata. L’arrivo a Jelsi avverrà su buon asfalto, finalmente, entrando dalla
parte più antica di questo grosso paese per poi percorrere una larga strada in
salita. La festa di s. Anna vi si svolge il 26 di Luglio e
parlando con alcuni jelsesi ho potuto capire che oltre ad esserne
particolarmente fieri, l’evento di questo anno, in cui ricorre il bicentenario è particolarmente
sentito. La caratteristica di questa tradizione popolare è la consapevolezza da
parte dei suoi abitanti di essere nello stesso tempo autori, attori e registi
di questa importante rappresentazione di vita e cultura. Ogni gruppo, famiglia,
contrada che vuole sfilare con il suo carico di grano si impegna nella sua
realizzazione curandone l’addobbo. In fondo all’articolo trovate tutte le date
per poter partecipare alle varie manifestazioni popolari. Buon divertimento,
sperando che abbiano dato una sistemate alle strade.
Profondamente
radicata nella popolazione, la Carrese ha origini antichissime, collegata alle
feste di primavera, celebrate in varie forme tra marzo-aprile-maggio-giugno:
“la trasformazione della natura procurava stupore e sgomento, specialmente
l’inverno che causava la morte della natura stessa. Da qui la necessità di una
celebrazione per resuscitarla (feste di maggio-giugno) o l’opportunità di altri
riti (marzo-aprile) per sollecitare le forze cosmiche a ritrovare il loro
vigore” (Cavallaro).
Chieuti
Il 22-23 aprile, in occasione dei festeggiamenti in onore di
S. Giorgio, si corre la Corsa dei buoi. Durante la corsa un carro molto
pesante, carico di rami di lauro, viene trainato da quattro coppie di buoi. I
preparativi per la corsa sono lunghissimi: durante l'anno si allenano i buoi,
mentre il 21 sera gli animali vengono fatti entrare in paese simulando la gara.
I buoi vengono poi portati nelle stalle dei Partiti (le contrade del carro),
dove vengono attentamente sorvegliati per evitare che subiscano scherzi da
parte degli avversari. Il mattino del 22 i buoi vengono invece lavati e
addobbati e, dopo che il Sindaco ha estratto l'ordine di partenza, carri e
carrieri si dirigono verso la chiesa per ricevere la benedizione. A questo punto
ci si dirige in aperta campagna, da dove ha inizio la gara: al segnale
convenuto i carri si girano su sé stessi ed i buoi iniziano a galoppare,
trascinando il carro addobbato, verso il paese. Il percorso è lungo 4 Km e mezzo. La folla
corre insieme ai carri, incitando i propri campioni, mentre un gruppo di uomini
a cavallo pungola i buoi con lunghi bastoni. La corsa ha fine nel viale
principale, dove i carri scorrono incolonnati.
Lo scopo della corsa
è quello di consegnare un cappellino colorato che i vincitori indosseranno il
giorno seguente quando porteranno in processione il simulacro del Santo. Ai
vincitori viene inoltre consegnato il Tarallo, una treccia di
caciocavallo di circa 80 chili con le gesta di S. Giorgio che verrà portata in
processione insieme al simulacro del Santo. E' evidente che la corsa
rappresenti una forte fonte di stress per buoi e cavalli, incitati da una folla
urlante.
Portocannone
La
corsa dei carri, si svolge ogni anno il lunedì seguente la Pentecoste. E' una
gara, su un percorso di tre chilometri, fra due carri rappresentanti le due
fazioni del paese, che si contendono l'onore di portare in processione la
Madonna di Costantinopoli. Per motivi di interesse turistico la corsa viene
ripetuta nel mese di agosto. È una competizione che vede in campo due carri
(talora anche tre) trainati da buoi: quello dei giovani (colore
bianco-celeste), quello dei giovanotti (colore giallo-rosso) e talvolta quello
dello Skanderbeg (colore nero-verde). I carri con i rispettivi cavalieri si
portano a circa 3 km. dall’abitato e si dispongono secondo l’ordine di arrivo
dell’anno precedente. Su ogni carro prendono posto tre conducenti; un cavaliere
si pone davanti ai buoi con il compito di guidare il carro, altri accompagnano
incitando i buoi con lunghe aste di legno. L’arrivo è fissato sul sagrato della
chiesa. Al carro vincitore tocca l’onore di portare in processione, il giorno
successivo, la statua della Madonna di Costantinopoli alla cui festa è
collegata la Carrese. La peculiarità è qui rappresentata dal fatto che ogni
carro è trainato da quattro buoi.
Di
grande rilievo, sul piano storico-culturale, la corsa dei carri in onore del
patrono San Leo che si effettua annualmente il 30 aprile, e vede contrapposte
due fazioni. Accanto ai due carri scendono in campo cavalieri che stimolano,
con pungoli, la corsa dei buoi. Per motivi turistici la corsa viene ripetuta
nel mese di agosto. Come presso altri comuni della fascia costiera molisana e
pugliese, la Carrese ha come protagonisti i cavalieri, i buoi, i carri e due
(talvolta tre) partiti contrassegnati dai rispettivi colori: il bianco-celeste
per i Giovani, il giallo-rosso per i Giovanotti e, quando presente, il
bianco-verde per la Cittadella. Nel pomeriggio del giorno 29 c’è la “misura”:
vengono cioè segnate le posizioni di partenza dei carri; la serata dello stesso
giorno è dedicata allo “sparo”; gli aderenti ai rispettivi carri, a turno,
escono dalle loro sedi e con fuochi pirotecnici esplosi a mano, si portano
davanti alla chiesa dove viene intonata La Carrese (vedi box curiosità). La
corsa si svolge su un percorso di 9 Km e prende avvio dal tratturo; il primo
posto viene lasciato al carro vincitore nell’anno precedente. A metà percorso
avviene il cambio dei buoi, caratteristica unica nelle manifestazioni di questo
genere. La gara termina davanti alla chiesa. Il carro vincitore ha l'onore di
trasportare in processione il busto di S. Leo il successivo due maggio.
Ururi
La
corsa dei carri in onore del Legno della Croce, si svolge il 3 maggio di ogni
anno. Diversamente da quanto avviene negli altri comuni di origine albanese, la
corsa prevede la partecipazione di quattro carri e modalità particolari durante
il percorso. Anche qui la corsa si ripete nel mese di Agosto. La carrese è collegata
alla celebrazione religiosa del Legno della Croce. La manifestazione prende
inizio nel pomeriggio del 2 maggio, quando avviene la benedizione dei carri e
dei buoi. Il giorno successivo nella mattinata, si svolge una corsa di carretti
trainati da vitelli e che vede come protagonisti i ragazzi; successivamente si
ripete la benedizione dei carri grandi. Anche qui, come altrove, essi sono
contrassegnati dai rispettivi colori e sono accompagnati dai cavalieri. La
corsa prende inizio a circa 4 Km dal paese, avendo come traguardo lo spazio
antistante la chiesa di S. Maria delle Grazie. All’entrata del paese il
percorso si divide per ricongiungersi in prossimità dell’arrivo. La regola
obbliga il carro che arriva per primo alla biforcazione a seguire il percorso
finale più lungo. Il successivo 4 maggio il carro vincente porta in processione
la reliquia del Legno della Croce.
CURIOSITA’
Ad alcune di queste celebrazioni, che esaltano il risorgere
della natura produttiva in primavera e il raccolto, sono legati dei canti
popolari, le carresi, (o laudate) intonati in momenti precisi
delle manifestazioni. Due sono le carresi pervenute fino ad oggi: quella di S.
Martino in Pensilis e quella di Larino. A S. Martino in Pensilis la carrese,
in onore di S. Leo, viene intonata in tre momenti diversi della festa del
Santo: la sera del 29 aprile, davanti alla porta chiusa della chiesa di Santa
Maria, intonata dai rappresentanti dei carri accompagnati dalla chitarra,
mentre in concomitanza si accendono potenti fuochi artificiali nella vicina
piazzetta; il primo maggio, dopo la corsa dei carri, dagli amici e sostenitori
del carro vincitore il giorno precedente, mentre quest’ultimo percorre le strade
del paese; il 2 maggio, giorno della festa di S. Leo, prima della solenne
processione, come ringraziamento al Santo.
La carrese di S. Martino è un canto monodico; la
sua esecuzione è affidata a coppie di cantanti, di cui il primo esegue a solo
il primo distico e il secondo entra sulla conclusione del primo, intonando,
sempre a solo, il secondo distico, e così via.
Testo della carrese di S. Martino in Pensilis
Me vuoglie fa la Croce, Patr’e Figlie,
A Ppremmavére ce rennov’u munne,
De sciure ce revèste la cambagne;
De sciure ce revèste la cambagne;
L’àrbere ce recrop’’a stéssa fronne,
L’avecièlle tra lor gran fèsta fanne!
D’avolie sonne fatte li tò mure;
Nguésta Cchièse ce stà ‘nu Corpe Sante
E pe nnome ce chiame Sante Lione!
Anne, Madonna mi’ de lu Saccione,
E Sande Léie de Sande Martine,
E Sant’Adame ch’è lu compagnone
E sande Vàsel’ accant’ a la Marine!
E vuoglie ì addo’ sponte lu sole;
A llà ce staie ‘na conca marine
Addò ce battezzaie nostro Segnore,
E la Madonne lu tenéve nzine
E San Geuanne che lu battezzave!
E nu’ laudam’ a tté, Matra Mariie
Tu sol’ a pù pertà ‘a palm’ a mmane;
E nuie Lu pregame tutte quante
Ddì ce ne scambe da tembèst e llampe;
E nuie Lu pregame ndenucchiune
Scàmbece da tembèste e terramute;
Purta’ la palm e la ndurata nzégne!
A ndò ce v’ a scarcà lui vérde làure?
A Ssante Piètre le Cchièse de Rome!
Nu’ veléme laudà quistu gran Sante
Fa menì ‘n zalvamènt’ a tutte quante!
Tòcca, carrier’ e ttòcche’ssu temone
Tocca lu carre de Sande Lione!