07 gennaio 2019

Sardinia, five days


Un itinerario su due ruote alla scoperta dell’altra Sardegna, quella meno conosciuta, davvero “per pochi”. Le sue strade sembrano disegnate di proposito per essere percorse in moto, l’asfalto quasi sempre in ottimo stato, dove le curve morbide e ariose della costa si trasformano in tornanti fluidi e stretti nell’entroterra, un vero e proprio paradiso motociclistico, dove i profumi pungenti del mirto e della ginestra sono intensi ed inebrianti. E’ qui che è nascosto il fascino ritroso e sfuggente di quest’isola, la sua bellezza severa a volte selvaggia, ma che sprigiona tutto il suo fascino. Una breve proposta per una clientela straniera.


Welcome where the sun stops longer

   



Day 1, arrival to Cagliari
Visit Cagliari

Day  2, Cagliari- Aritzo km 218 / miles 135
Da Cagliari si parte alla volta di Barumini, iniziamo subito alla grande, transitando da strade interne, poco trafficate e spettacolari, per andare alla scoperta di un mondo ricco di storia e tradizione.
Sin dai primi attimi nei quali ci si avvicina a questo piccolo centro della Marmilla, situato nel cuore della Sardegna, si respira un’aria particolare, quella di un luogo speciale, deputato sin dall’antichità a sede del potere e parte centrale di un territorio florido e ricco di meraviglie non che via di comunicazione fondamentale. La più importante fra le testimonianze di questo glorioso passato è senza dubbio l’area archeologica 
Su Nuraxi . Scoperta e portata alla luce nel corso degli anni ‘50, l’area è costituita da un imponente nuraghe complesso, un vero e proprio gigante, costruito in diverse fasi a partire dal XV secolo a.C. e da un esteso villaggio di capanne sviluppatosi tutto intorno nel corso dei secoli successivi. Un luogo unico nel suo genere, fra i più importanti dell’isola e per questo, ormai dal 1997, riconosciuto  Patrimonio Mondiale dell’Umanità dall’UNESCO.Dopo la visita ci inoltreremo nella Barbagia, percorrendone alcune delle strade più spettacolari,  fino a giungere ad Aritzo, rinomata località delle montagne sarde, situata in una delle parti più incontaminate e suggestive del Massiccio del Gennargentu.   
Highlights: : ss125, ss387, Barumini, Barbagia   
           

Day 3, Arizto- Cala Gonone, km 251 / miles 156
In moto, solcando il Gennargentu e il Supramonte, riusciremo a trovare la direzione giusta? La direzione ci condurrà verso il mare, ma prima di lasciare l’interno la sosta a Jerzu nella storica cantina sociale Antichi Poderi, per una degustazione del celebre Cannonau. Sopra di noi si ergono i famosi “tacchi” d’Ogliastra. Imboccare la ss125 orientale sarda, una delle più belle dell’isola, ci regala un piacevole brivido lungo la schiena ogni volta che la affrontiamo, una strada da divorare in pochi attimi, con la vista che spazia infinita, il mare in lontananza, le montagne imponenti, un asfalto come meglio non si potrebbe sperare. Non crediamo alla perfezione, siamo, dobbiamo essere esigenti, ma qui ci si avvicina davvero molto!! L’arrivo di giornta è previsto a Cala Gonone, che con i suoi 225 chilometri quadrati di territorio è tra i comuni più estesi della Sardegna e tra i più fortunati grazie alla varietà e la bellezza del paesaggio. Il mare cristallino del Golfo di Orosei e le incontaminate montagne del Supramonte costituiscono il suo invidiabile patrimonio naturale. Il paese si raggiunge, deviando dalla ss125, qui una galleria scompare nella roccia, il mare è vicino, ne avvertiremo la presenza, ma veniamo inghiottiti dal buio, lo spettacolo all’uscita è garantito: il baratro si apre sotto i nostri occhi, una serie infinita di tornanti si tuffa in un mare talmente azzurro da sembrare irreale. Il paese interromperà la nostra corsa, stasera ci siamo veramente meritati una cene a base di pesce!!
Highlights: l'Ogliastra, ss125, Cala Gonne
           

Day 4, Cala Gonone- Alghero, km 336 / miles 209
In sella nuovamente verso il cuore dell’isola, direzione Bitti, piccolo centro dalle origini antichissime situato all’interno di un territorio incontaminato, su strade che mantengono inalterate la loro spettacolarità. Questa è una Sardegna sconosciuta ai più, attratti dalle bellezze della costa, ma che ci fa capire quanto possa essere bella e varia questa terra. Rivedremo il mare a metà giornata che ci scioccherà con il suo solito azzurro abbagliante. Isola RossaCastelsardoStintino, sono il giusto preludio a quello che ci attenderà a  Capo Caccia, per la spetatcolare vista alle Grotte di Nettuno. Tempo fa scrissi che: rinunciare alla guida costeggiando la baia di Porto Conte, giudicata dagli antichi il miglior porto naturale di tutta l’isola, motociclisticamente parlando potrebbe essere considerato un vero e proprio crimine. La penso ancora così!! Una volta arrivati sulla terrazza di Capo Caccia, solo i 656 ripidissimi gradini dell’escala del Cabirol, la scala del capriolo, vertiginosamente a picco sulla scogliera, vi separeranno dall’ingresso delle grotte. Ma non preoccupatevi, un chilometro prima un battello turistico permette di evitare la scarpinata. La Sardegna nonostante i suoi quasi 2000 chilometri di coste, ha pochissime città che si affacciano direttamente sul mare, ed  Alghero, una delle nostre preferite,è sicuramente quella che lo fa in maniera più suggestiva. Alguer come la chiamano qui, è abitata in gran parte dai discendenti degli antichi Catalani, che vi si stabilirono nel 1353 quando fu conquistata dagli Aragonesi, che ridussero in schiavitù la sua popolazione, esiliandoli alle Baleari e trasformando quello che ormai era un contenitore vuoto in una poderosa macchina da guerra, una fortezza dalle sembianze di città. Ancora oggi molti dei suoi abitanti parlano un dialetto arcaico del catalano.
Highlights: Isola Rossa, Castelsardo, Stintino, spiaggia della Pelosa, Capo Caccia, grotte di Nettuno, Alghero


Day 5, Alghero- Piscinas, km 239 / miles 148
In moto e non potrebbe esssere diversamente, in direzione Bosa, un tratto lungo la costa, che definire spettacolare, appare riduttivo fin dalle prime curve. Che panorami!! Arrivati a Bosa, un bellissimo borgo di pescatori della Planargia con i suoi vicoli lastricati e le sue case colorate dominate dal castello di Serravalle, si prosegue per  strade dall’asfalto perfetto fino alla sosta nel borgo antico di Santu Lussurgiu , famoso per i suoi artigiani, maestri nella lovorazione di lame. Sosta seguente, lo splendido complesso nuragico di Losa, il più bello dell’isola, secondo noi anche il più fotogenico. Si prosegue verso la penisola del Sinis, l’oasi naturalistica di Cabras e il sito archeologico di Tharros  ci riportano indietro fino alle origini della civiltà sarda. Una sosta nella piazza di Arborea è d’obbligo prima di attraversare il ponte di Marceddì e percorrere la desolata, ma suggestiva come poche, Costa Verde che conduce a  Piscinas, costellata di splendide spiagge e piccole cale, anfratti rocciosi e pareti a picco. Quest’angolo poco conosciuto di Sardegna si estende da marina di Arbus fino a Capo Pecora, ma la strada, quella asfaltata, termina all’altezza del rio Piscinas, per lasciare spazio ad un facile sterrato che guaderà il fiume, niente di difficile, per arrivare allo spiazzo antistante le dune giganti ed un albergo che non a caso si chiama “Le Dune”. Che c’entra mai un albergo in una zona così selvaggia. E se vi dicessimo che la struttura è stata dichiarata addirittura monumento nazionale? Un tempo antico fortino, posto a difesa delle miniere retrostanti dagli attacchi pirateschi, fu poi trasformato in stazione d’arrivo e scarico della ferrovia che scendeva dalle stesse. L’ingresso in albergo avviene dall’originaria galleria costruita dai minatori agli inizi dell’Ottocento ed è proprio qui che pernotteremo!! 
Highlights: sp105, Bosa, Santu Lussurgiu, Nuraghe Losa, Tharros, Arborea, Costa Verde, Piscinas

Day 6, Piscinas- Cagliari, km 233 / miles 145
Piscinas con le sue dune, le più alte del Mediterraneo, veri e propri deserti di sabbia sul mare e tutto intorno la sconfinata macchia mediterranea di olivastri e secolari ginepri che si arrampicano sulle dune. Si prosegue su strada sterrata, circa 15 chilometri, niente di particolarmente impegnativo, direzione Ingurtosu per poi deviare a sinistra per le Miniere di Montevecchio, tra le più grandi d’Europa, Patrimonio dell’Umanità e che visiteremo. Ad Arbus, consigliata la visita al museo del coltello, prima di procedere verso sud sulla ss126 una vera gioia per la guida, ma il meglio arriva dopo circa 20 chilometri, prendiamo a destra per sp83 direzione Buggerru, altro cadavere da archeologia industriale, che veniva utilizzato come enorme officina di frantumazione dei minerali. Nonostante i capannoni abbandonati e gli edifici cadenti, il colpo d’occhio dalla strada che scende dalla scogliera è superlativo. Una volta in paese, scenderemo al porto e saliti sui moli potremo ammirare quest’immenso alveare ormai disabitato. Impressionante!! Ma non è finita qui, si prosegue, Cala Domestica, splendida, Masùa, con le sue rocce emergenti, Nebida con il suo panorama sulla scogliera, quante sorprese questa Sardegna!! A Carbonia accelereremo leggermente per concederci l’ultima parte della giornata guidando sulla splendida Costa del Sud, che ci permetterà di fare ritorno a Cagliari nella migliore maniera possibile. “Casteddu” è il nome sardo del capoluogo della regione, città ricca di tradizione e storia, dove prima di lasciare questa fantastica isola, domani potremo  ammirare l’Anfiteatro romano e il quartiere fortificato di Castello, che domina la città.
Highlights: miniere Montevecchio, Buggerru, Cala Domestica Masùa, Nebida, Costa del Sud  

Day 7, Cagliari departure




























03 gennaio 2019

Altitudini estreme, ottobre 2020

i due pirla, la decisone è presa, ottobre si parte!!
La colpa è del Cinghiale!! Con assoluta, risoluta determinazione, voglio dire che la responsabilità di questo post ricade tutta sul Cinghiale. In realtà la storia andava avanti già da qualche mese, gli avevo confidato che ad agosto con un gruppo di stranieri che avevo accompagnato sulle Alpi, due di loro, Rick e Brad, mi avevano chiesto dopo essersi informati sulle mie preferenze per un eventuale viaggio intercontinentale, se fossi stato disponibile ad accompagnarli in Bolivia e Peru. Ricordo che alla notizia, come sempre, non c'erano stati commenti od approvazione, il Cinghiale è pur sempre un animale taciturno, direte voi, ma semplicemente avevo potuto osservare la sua faccia assumere quella tipica espressione da cazzo, che ormai ben conosco e che mi comunica, senza parole o gesti :"ci sono anche io, mi organizzo, dammi una data e porca troia parto con voi!!" Aveva deciso, nonostante non sapessi neanche io se il viaggio sarebbe andato in porto. Poi gli eventi sono precipitati, lui mi  comunica che addirittura ha intenzione di comprare una nuova moto e che non farà niente per tutto l'anno ed io..........beh, io avrei potuto far finta di niente, ignorare questi chiari, evidenti segnali, ma il tarlo iniziava ad incastrarsi nei desideri di un possibile futuro prossimo e poi, ai primi di dicembre, mi spacco due costole, cadendo come uno stronzo su una curva bagnata a 50 chilometri da casa, costretto ad un doloroso riposo forzato, comincio a mettere ordine nell'archivio, lavorare su alcuni progetti per l'anno prossimo e........il desiderio, si trasforma, lentamente........Sotto Capodanno ci vediamo, ed ormai se ne parla apertamente, sono coinvolti anche Armando e Maurizio, forse anche l'altro Maurizio, che sta sempre male ma non si ferma mai. La sera dopo siamo ancora a bere birre ed ufficialmente "altitudini estreme 2020", ha una data, una durata, un itinerario, anche dei partecipanti......che aggiungere, ottobre 2020, si parte, ancora.......non vedo l'ora!!




ALTITUDINI ESTREME,40 giorni, km 9868
Una vera chicca, un itinerario che ha come mete principali il Salar de Uyuni e Machu Picchu, ma che ci porterà a conoscere anche il nord dell’Argentina, una parte affascinante del Cile ed il Peru: deserti policromatici, valli rigogliose, montagne impervie, lagune colorate, canyon spettacolari, impervi passi andini, valichi ad altezze siderali, siti archeologici fra i più imponenti ed importanti dell'intero continente latino americano, aggiungendo il lago Titicaca al tramonto ed il vertiginoso canyon de Colca, ammirando le tracce più impressionati che gli Inca, questo misterioso popolo hanno lasciato. Un progetto ambizioso, si parte da Santiago per terminare sulle dune di Paracas, e tornare al punto di partenza seguendo solo la Panamericana, ignorata per quasi tutto il viaggio!! Esperienza indimenticabile per un viaggio da sogno: ottobre 2019, il Sudamerica e le sue altitudini estreme ci attendono.

Giorno 1, Santiago del Cile
Arrivo a Santiago del Cile, trasferimento Vina del Mar

Giorno 2, Viña del Mar
Ritiro delle moto 

Giorno 3, Viña del Mar- Mendoza, km 341
Il primo giorno bisogna iniziare nel migliore dei modi. Spettacolare la strada che sale al tunnel per entrare in Argentina con una serie infinita di caracoles, tornanti ripidissimi e panoramici. Siamo in estate ed una volta espletate le formalità doganali subito ci attende la breve deviazione per ammirare l’Aconcagua in tutta la sua maestosità. Da qui si giungerà allo scenografico Puente dell’Inca, struttura naturale posta sul rio Mendoza a 2720m. che può essere considerato una delle più straordinarie meraviglie naturali del Sud America. Prima però ricordarsi di  salire al Cristo Redentor (4200 m.) su una pista di sabbia nera ma compatta davvero spettacolare. Questo passo è ormai chiuso dopo l’apertura del tunnel che unisce i 2 stati, ma il lato argentino è ancora percorribile ed in buono stato. Infine, per chi non volesse seguire la bella strada per Mendoza, è possibile una deviazione, sterrata ma facile, per le caracoles di Villa Vicenzio.

Giorno 4, Mendoza- San Augustin de Valle Fertil, km 390
La Defunta Correa è probabilmente la divinità religiosa più popolare del paese, transiteremo nei pressi del suo santuario.

Giorno 5, San Augustin de Valle Fertil – Villa Union, km 299
Giornata dedicata alla visita dei parchi di Valle della Luna e Talampaya. Il primo dove le acque nel corso dei millenni, hanno scavato nella argilla , nell’arenaria rossa e nella cenere vulcanica, incredibili e spettacolari forme colorate che prendono i più svariati nomi. Possibile l’escursione con i mezzi per ammirare le conformazioni lungo un percorso sterrato e facile di circa 30 km. Il secondo è definito uno dei parchi più belli dell’Argentina, anche so di più difficile accesso.



Giorno 6, Villa Union– Cafayate, km 534
In prima mattinata attraverseremo la Cuesta de Miranda  nella regione del La Rioja, un passo di 2000m. sterrato, dove gli unici colori sono il verde intenso della vegetazione ed il rosso mattone della terra. Nel corso della giornata altri 55 km di sterrato, non impegnativi per una tappa relativamente lunga ma che di fatto è un trasferimento fino a Cafayate, il piccolo villaggio adagiato a circa 1600m d’altitudine che produce probabilmente alcuni tra i migliori vini bianchi del paese. Il villaggio è anche famoso poi che da il nome ad una panoramicissima gola, che attraverseremo l’indomani  

Giorno 7, Cafayate- Salta, km 190
Una delle escursioni più famose della zona è quella alla Quebrada di Cafayate, uno dei siti naturali più spettacolari del nord ovest andino e che oggi percorreremo per tutta la sua lunghezza. Interessanti anche le rovine di Quilmes, risalenti al 1000 d.C. e raggiungibili con una breve deviazione dal percorso originale. L’arrivo è previsto in quella che è la città più importante ed attraente della zona. Edificata nella bella valle de Lerma, circondata da montagne ricche di vegetazione. Il nome della città proviene dal vocabolo Aymarà “sagta” che significa “molto bella”. Da qui il soprannome di “Salta, la Linda”, la bella. Sicuramente meritato! Passeggiare per la bellissima Plaza 9 de Julio, o visitare la Catedrale, o ammirare le case con gli splendidi balconi in legno è un’esperienza unica e piacevole. Ricordiamo anche il Cabildo de Salta, monumento nazionale e museo storico, una delle case del governo meglio conservate del paese.

Giorno 8, Salta, Riposo
Giorno di riposo, domani la tappa sarà impegnativa per tutti a prescindere dall’itinerario scelto. Per chi deciderà per la variante fuoristrada, è in giornata concedersi l’escursione al piccolo villaggio di Purmamarca, km 270 circa, con le incredibili concrezioni de los Sierros de los 7 colores, famoso anche per la piccola chiesa di S. Rosa de Lima.

Giorno 9, Salta - San Pedro de Atacama km 630
Per arrivare a San Pedro de Atacama 2 le opzioni possibili: davvero una scelta difficile tra 2 percorsi a dir poco spettacolari!!! Paso de Jama o Paso de Sico. In entrambi i casi giornata lunga ed impegnativa. Il primo, 630km, completamente asfaltato, che arriva a 4.400 metri di altezza. Lungo il percorso si attraverserà il piccolo villaggio di Purmamarca, con le incredibili concrezioni de los Sierro de los 7 colores.Dopo il passo si viaggerà con il panorama del vulcano Licancabur sullo sfondo. Il secondo, 580km, con circa 320km di sterrato, è uno dei percorsi più affascinanti del sud America, anche se non sempre facilissimi. Segue per lunghi tratti il tracciato del famoso “tren de las nubes”, uno dei percorsi ferroviari più spettacolari del mondo. In diversi punti viaggeremo a più di 4500m d’altitudine.





Giorno 10, San Pedro Atacama 
San Pedro De Atacama, splendida, tranquilla oasi ai margini del deserto, dove nonostante ormai si vive di turismo, la vita scorre tranquilla, con ritmi dettati dalla natura, dove le persone sembrano tutte simpatiche, le ragazze sono tutte carine, insomma uno di quei posti dove si torna sempre con piacere e dove, si finisce per rimanere sempre più di quanto si prevedesse all’inizio. Ed infatti qui sosteremo 2 giorni. Il primo giorno sarà dedicato alla visita dei geysers del Tatio, una fantastica vallata a 4300m d’altitudine, 90km a nord di San Pedro, punteggiata da un centinaio di getti di vapore, i più alti del mondo, che al mattino presto offrono uno spettacolo irreale ed allucinante. Partenza alle 4.00 con noleggio di mezzi privati, bisogna essere lì la mattina all’alba, lo spettacolo delle pozze e dei vapori illuminati dai primi raggi del sole è uno spettacolo affascinante e che vale qualche sacrificio. Nel pomeriggio opzione facoltativa con i mezzi, per la visita alla Valle della Luna, non bella come la gemella argentina ma ugualmente molto interessante.

Giorno 11, San Pedro de Atacama
Giornata dedicata alla visita delle lagune colorate in Bolivia, passaggio di frontiera per poi rientrare in Cile. Il percorso è piuttosto impegnativo.


Giorno 12, San Pedro de Atacama – Uyuni, 480km
Tappa molto lunga, con circa 400 chilometri di fuoristrada. Fino a Calama asfalto, che prosegue fino al piccolo villaggio di San Pedro. Da lì uno sterrato compatto da 100 chilometri l’ora, uno spasso, fino al confine boliviano di Ollague, poi……ecco a caldo quello che ho scritto dopo il mio viaggio in solitario nel 2003: “La strada, che dovrebbe essere una statale, si eclissa, scomparendo. Niente, una traccia, o meglio più tracce, senza nessun riferimento, segnale o indicazione. Niente. Solo qualche jeep a cui chiedere informazioni ed il solito pullman che raggiungo ma che perdo sistematicamente fermandomi a scattare foto, tanto da ritrovarmelo dietro dopo un paio d’ore. Speranza, speranza di non perdersi, per poi arrivare, dopo 200km, ai bordi del salares e rimanere a bocca aperta. Il mio rapporto con il salar di Uyuni, era iniziato qualche anno fa con uno shock visivo, protrattosi poi per giorni, avvenuto su una rivista fotografica. Mi ricordo che era stato amore a prima vista “un giorno ci andrò, forse in moto”, rendendomi benissimo conto delle difficoltà. Logico che nel momento in cui vi arrivo, la mia reazione è quella di un bambino al quale hanno fatto un regalo insperato ma desiderato per lungo tempo. Percorro qualche km su di un terrapieno e poi la strada scende nella piana, il pomeriggio sta spingendo il sole verso l’orizzonte. Luci, incredibili! 
La vista spazia nel niente infinito, mai più pieno di significati: il bianco del sale, l’azzurro del cielo e l’ombra della moto. Mi sento un uomo, solo, fortunato e stupidamente felice. Mi trovo a quasi 3.700m d’altitudine, nella distesa piatta più estesa del mondo con i suoi 12.106 km quadrati. Secondo le recenti teorie geologiche, questa parte dell’altipiano era un tempo completamente sommerso dall’acqua. Trascorrerò 3 giorni, in quello che, considero uno dei posti realmente più incredibili, spettacolari, suggestivi, fantastici che mai mi sia capitato di visitare.”
Lo spettacolo in qualunque periodo dell’anno si giunga è fantasticamente suggestivo: quando la superficie si asciuga, le saline trasformano il paesaggio in una bianca distesa accecante dalle dimensioni infinite, quando si ricoprono d’acqua, si formano degli specchi che riflettono alla perfezione le nuvole ed il cielo blu dell’altipiano, facendo scomparire l’orizzonte.”
Sì decisamente vale la pena di tentare, che ne pensate?

Giorno 13- hotel  Del Sal- Uyuni, circa 180km
Attraverseremo il Salar fino all'isola Inka Wasi chiamata anche isola de los pescadores, avamposto collinoso , coperto da cactus giganti, situato nel suo centro.
Di ritorno, usciremo da questa incredibile distesa salata da Colchani, molto vicino all’albergo dove abbiamo trascorso la notte precedente, per percorrere gli ultimi chilometri e giungere ad Uyuni su strada sterrata dove visiteremo il museo ferroviario appena fuori dal paese. Consigliato arrivarci al tramonto quando le luci diventano quasi irreali. Scatti indimenticabili garantiti.

Giorno 14- Uyuni – Potosi, 380km
La strada che da Uyuni, sale verso nord ovest direzione Potosi è punteggiata da miniere abbandonate, altre ancora in funzione in un paesaggio incredibilmente multicromatico, costantemente oltre i 4000m. La strada di circa 400 chilometri, rigorosamente sterrata, regala comunque paesaggi fantastici, una straordinaria giornata di moto ed incontri, fino ad arrivare alla miniera boliviana per antonomasia, magnifica nella sua scenograficità, sogno, incubo, girone da inferno dantesco: il Cerro Rico che domina Potosi.

Giorno15- Potosi giorno di riposo
Visita della città ed alle miniere del Cerro Rico.
Potosi e le sue ricchezze. 
Potosì, già, la città che contribuì al sorgere del capitalismo in Europa. E’ praticamente impossibile parlare del processo di spoliazione del Sud America senza parlare di Potosì. Quando gli spagnoli arrivarono nell’impero Inca, il Perù non era più l’agognato paese della cuccagna. I giacimenti d’oro e d’argento furono presto esauriti. Fu dunque nell’alto Perù, la Bolivia appunto, che gli spagnoli fecero centro, vinsero la lotteria, trovarono l’asso pigliatutto! Nel 1545 avviarono lo sfruttamento della montagna rossa di Potosì situata a 4000m d’altezza: il più grande giacimento d’argento della storia dell’umanità!! Molti riconoscono che Diego Hualpa, il quechua originario di Cuzco che scoprì l’argento del Cerro Rico, aprì con esso il vaso di Pandora. Probabilmente non si rendeva conto di quello che avrebbe scatenato, nel momento in cui rivelò la sua scoperta a Centano, uno dei tanti avventurieri spagnoli dell’epoca di Pizarro. 
Il Sumaj Orcko, il monte più bello, così lo chiamavano i quechua, si rivelò una miniera così favolosa che CarloV nel 1555 elevò Potosì al rango di città imperiale. Il filone nei 3 secoli di sfruttamento avrebbe prodotto abbastanza da pavimentare d’argento una strada a 2 corsie fino a Madrid! 
Gli spagnoli lo soprannominarono, a giusto titolo, Cerro Rico, collina ricca. Alla fine del XVI sec. Potosì con 160.000 abitanti, era diventata la città più grande dell’America ed era più importante di Parigi e Londra. Gli storici concordano su un punto: il flusso d’argento delle miniere di Potosì verso l’Europa fu la “conditio sine qua non” dello sviluppo del capitalismo, ma a che prezzi! La macchina del capitalismo nascente, venne alimentata con il sacrificio di migliaia e migliaia di indios e più tardi di schiavi negri. 
Quanti furono i morti? 
“Che importa” rispondevano i sovrani europei, ben contenti di questa montagna di argento che portò 2 volte alla bancarotta il regno di Spagna, che s’indebitò e scialacquò a mani bucate, tanto che alla fine i veri beneficiari furono i paesi del nord Europa. 
Un processo definibile come “accumulazione originaria del capitale”, un’iniezione di liquidi inimmaginabile equivalente a 50 miliardi di dollari, valore aggiornato al 1970 (30.000 tonnellate, ma c’è chi dice che furono quasi 45.000!!), il tutto, fra i secoli XVI° e XIX°! 
Viste le dimensioni dell’economia europea dell’epoca, corrisponde ampiamente a diversi “piani Marshall”. 
Quanti furono i morti? Sempre la stessa domanda. 
Il calcolo approssimativo arriva fino alla spaventosa cifra di 8 milioni!!! Un genocidio che vide vittime, indios Aymarà, quechua e neri importati dall’Africa con la tratta degli schiavi. 
La “mita” era il lavoro forzato e gratuito eseguito a turni nelle miniere in condizioni spaventose. Ogni anno decine di migliaia di indios e schiavi morirono di sfinimento o avvelenati dalle esalazioni di mercurio utilizzato nella lavorazione dell’argento. Eppure il sistema e il nome “mita”, erano stati copiati dalla mita degli Inca. Ma mentre i figli del sole erano tenuti a lavorare 2 o 3 anni per il loro padrone, una sorta di imposta reale, gli spagnoli organizzarono giganteschi esodi della popolazione proveniente dalla comunità quechua ed Aymarà delle valli e dell’altipiano. I contadini furono obbligati a diventare minatori. Con le terre ormai prive di braccia, il fragile ecosistema degli altipiani fu irrimediabilmente distrutto e tutta l’economia della regione si concentrò intorno a Potosì. Così sorsero Buenos Aires e Lima-El Callao, autentiche città portuali destinate a regolare il flusso d’argento e di merci tra America, Europa ed Africa. 
E’ chiaro che i minatori lavoravano sotto terra fino a morirci, altro che “mita Inca”!! 
Ben presto si dovettero importare uomini dall’Africa per carenza di mano d’opera! L’argento delle miniere diede grandezza alla Spagna e fece sorgere i suoi favolosi palazzi, soprattutto a Siviglia dove si trovava la Casa di Contratacion che guidava il valzer dell’argento, degli schiavi e delle merci. 
L’economia europea in piena espansione grazie al “cash flow” procurato dall’America, generò allora un nuovo capitalismo. 
Probabilmente nelle facoltà di economia le cose vengono spiegate in modo diverso! 
All’epoca Potosì era la Bisanzio americana. 
E’ evidente, e lo dicono numerosi storici, che l’Eldorado era Potosì. Non valeva la pena di andarlo a cercare in Amazzonia! Lo sfruttamento andò avanti fino alla metà del XVIII sec, quando la montagna i cui giacimenti sembravano infiniti, cominciò ad accusare i colpi dello sfruttamento fino ad esaurirsi. Ne furono scoperti altri in Perù e Messico e Potosì decadde rapidamente, tanto da ridursi nella prima metà del XIX° sec a soli 10.000 abitanti. Le miniere sono ancora in funzione. Dal 1952, anno in cui i minatori si ribellarono allo stato, una cooperativa gestisce il lavoro nella impressionante miniera, il Cerro Rico appunto, che domina la città, dichiarata patrimonio dell’umanità. Orari massacranti, una mortalità elevatissima, con i medesimi problemi poi che, sebbene il lavoro sia ora gestito autonomamente, i prezzi sono sempre e comunque controllati dalle grandi compagnie internazionali. Un sacco da 50 kg viene pagato pochi euro e per il fabbisogno sono necessari circa 800kg, raccolti in 3-4 settimane di lavoro massacrante, svolto con gli stessi sistemi, materiali ed attrezzature, di quando gli spagnoli controllavano il mercato dell’argento in Sud America, e stiamo parlando di 300 anni fa. La visita guidata alle miniere, anche se alquanto faticosa, serve a rendersi conto delle estreme condizioni in cui operano i minatori, costretti ad un lavoro disumano per necessità. I turni sono da 4 ore, al quale segue un’ora di riposo e così via fino a che se ne può, masticando coca ed uno strano prodotto chiamato lejia (calce) una specie di aggregante che ne accellera gli effetti e che permettono di resistere per tanto tempo a queste profondità. A tutt’oggi circa 5000minatori, di cui 300 donne lavorano nelle viscere del Sumaj Orcko, il monte più bello in lingua quechua. L’argento si è ormai esaurito da tempo sotto i terribili colpi inferti all’economia ed alle popolazioni locali dagli spagnoli nei 300 anni (1545-1825) in cui controllarono il territorio. La ricerca si è ora spostata soprattutto verso lo stagno, il “metallo del diavolo”, ma anche su zinco, piombo e rame. Si va in pensione a 65 anni con una pensione di circa 500-600 bolivanos, ma il nemico più terribile è la silicosi, che già dopo 10-15 anni di lavoro in queste condizioni, mina inevitabilmente i fisici di questi disperati. Quando questa malattia ha intaccato il 50% delle capacità polmonari, si può chiedere una pensione anticipata per invalidità, ma i controlli dello stato, spesso sono volti a ritardare il più possibile questa eventualità, ovviamente per questioni economiche.


Giorno 16- Potosi – Sucre, 125km
Breve tragitto, completamente stradale, per concedersi la visita di un altro gioiello della zona, Sucre, dichiarata patrimonio dell'Unesco. Nel pomeriggio, visita della città. La capitale della Bolivia, è una suggestiva città dall’impianto ortogonale tipico delle nuove fondazioni cinquecentesche in Sud America e ha mantenuto pressoché inalterato il suo antico aspetto coloniale fatto di eleganti edifici intonacati di bianco. Particolarità è che la Bolivia ha di fatto due capitali, infatti il governo nazionale è insediato a La Paz, mentre a Sucre si trovano il parlamento boliviano e la corte suprema. Altra curiosità di questa splendida città è quella che per i suoi abitanti ha ben cinque nomi, ciascuno a memoria di una fase della sua storia plurisecolare: Charcasè il nome indigeno che indica il luogo in cui gli spagnoli costruirono la prima città coloniale; La Plata è il nome dato alla città insignita dal re di Spagna di privilegi e di onori; il nome Chuquisaca le venne concesso invece durante la lotta per l’indipendenza; Sucreonora Don Antonio José de Sucre il maresciallo della battaglia di Ayacucho, avvenuta il 9 dicembre 1824, e, infine La Ciudad Blanca, ovvero la città bianca, soprannome dovuto al colore delle sue abitazioni.

Giorno 17- Sucre - La Paz, 490km
Percorso completamente stradale, gli sterrati per il momento sono finiti, ma siamo ancora in Bolivia, fantasticamente in Bolivia, la strada sempre in altura, percorre un altipiano punteggiato da villaggi sparsi.

Giorno 18- La Paz, riposo
Visita della città. La Paz è la capitale più alta del mondo, una delle poche che abbia i quartieri commerciali e residenziali situati più in basso delle favelas che le dominano. La spiegazione risiede nel fatto che 7-800m di dislivello, a queste altitudini, possono migliorare di molto la vita quotidiana dei singoli e naturalmente a beneficiarne non possono essere che le classi più abbienti. La città è secondo me, bellissima. La capitale vanta una delle cornici naturali più attraenti del mondo, città panorama in degna compagnia di Rio de Janeiro, Città del Capo, San Francisco ed Honk Kong.
Visita delle Rovine di Tiawanaco. Possibilità per chi volesse percorrere strada soprannominata la “carretera de la muerte”, La Paz- Coroico, 80 chilometri da brivido. 

Giorno 19- La Paz- Tambo Quemado- Arica, 550km
Ultimo giorno in Bolivia. Tappa assai lunga. Proprio il punto di confine con il Cile, ci riserverà un’altra stupefacente sorpresa paesaggistica. Transiteremo dal Parque National Salama, che entrati in Cile prenderà il nome di Parque National Lauca, dominato dal Lago Chungara, il più alto del mondo con i suoi 4500m di altitudine, dominato dalle cime perennemente innevate dei vulcani Parinacota, Pomerata, Salama e Quisiquisini, con il primo che si specchia nelle sue acque verde smeraldo e ne rappresenta l’immagine simbolo. Una situazione da brividi!! Poi iniziando la discesa verso il mare lambendo Parinacota. Questo piccolo, minuscolo villaggio è ubicato in un paesaggio da highlands scozzesi a ben 4395m (!!) oltre che essere il punto più vicino al parco nazionale. Da qui è possibile vedere, se si è fortunati, il vulcano Parinacota, che indossa fantasticamente un cappello di ghiacci ben oltre i 6000m. Degno corollario, mandrie di lama e stormi di fenicotteri rosa! Un posto da sogno. Il parco nazionale più bello del Sud America, recitano in coro guide e depliant pubblicitari!! Sarà vero?? Da qui una fantastica picchiata verso l’oceano ed Arica. In poco più di 150 km, su un percorso splendido, scenderemo dai quasi 4500m del lago Chungara al livello del mare. 


Giorno 20, Arica- Puno,  430km                                                                                                                   
Le sorprese continuano!!Partenza al mattino presto, si passa l’ennesima frontiera, si entra in Peru. Da Tacna, ci buttiamo all’interno per una strada spettacolare, fino a Moquega dove finisce l’asfalto per arrivare alla meta di giornata,percorrendo una pista straordinaria, si arriva, tanto per cambiare, ad oltre 4000m fra dune giganti di sabbia, imbiancate dalla neve, un vero e proprio controsenso in termini ed uno spettacolo per la vista. La meta è Puno, altro centro caratteristico del Perù, una meta imprescindibile. Non è sicuramente una città appassionante, anche se con una certa atmosfera, ma il fascino che emana il lago è addirittura straordinario: a 3810m, 8000km quadrati, un gigante turchese, con delle luci incredibili e orizzonti sterminati.

Giorno 21, Puno, sosta con escursione in barca nel lago Titicaca 
L’alba sul lago è qualcosa di indimenticabile, la guida la definisce uno spettacolo degno di Hollywood, ma anche i tramonti dietro le case arroccate di Puno lasciano il segno nei ricordi dei viaggiatori! Giornta dedicata all’escursione sul Titicaca alle isole galleggianti degli uros, il lago navigabile più alto del mondo, 3.800m da sempre luogo sacro degli Incas. Gli uros meritano un discorso a parte: popolazione ormai estinta, riportano alcune guide, pare che l’ultimo sia ormai morto da anni, minato dalla miseria e dall’alcool!! Quelli che si vedono ora sono indios aymara, che una volta resisi conto delle potenzialità turistiche, si sono stabiliti sull’isola e si fanno passare per discendenti degli uros. Poco importa, siano essi uros originali o aymara falsi, la visita alle isole galleggianti in totora, questa canna che si raccoglie nelle acque basse del lago, rappresenta sicuramente la principale attrattiva turistica della zona. Nel pomeriggio possibilità di esplorare le rive del lago, spingendosi fino al santuario di Copacabana, in Bolivia.     


Giorno 22, Puno- Canyon de Colca- Chivay, km 403 
Altra giornata impegnativa a causa dell'elevata altitudine del percorso e della lunghezza, saremo costantemente ad una altezza media di 4.000 m. attraversando pittoreschi villaggi che punteggiano le Ande e valicando passi stratosferici. La più spettacolare escursione della zona è senza dubbio quella per giungere al Canyon de Colca. Ed anche la strada per giungervi non è niente male, attraversando la Reserva Nacional Salinas y Aguada Blanca, con un’altitudine media di 3850m, valicando un passo ad oltre 4900m, 4980 per l’esattezza e piombando con una discesa spettacolare nell’accogliente Chivay, dove pernotteremo, non prima di aver completato “l’opera” arrivando all’obiettivo di giornata, il Colca Canyon che, con i suoi 3.182 mt. di profondità è fra le gole più profonde del mondo. La strada tortuosa è affiancata da tre Vulcani di imponente altezza che fanno da sfondo e supportano un  panorama già di per se straordinario!! Famosa la “Croce del Condor”, dove si possono ammirare decine di condor che, sfruttando le correnti termiche del luogo, si tuffano dai dirupi su uno splendido paesaggio di terrazze e coltivazioni.  

Giorno 23, Chivay- Cusco km 450 
Tappa impegnativa quella di oggi, per lunghi tratti su piste sterrate. Inizieremo seguendo una pista di montagna che ci porterà un paio di volte oltre i 4000m d’altitudine. Lo sterrato proseguirà quasi fino al ricongiungersi con la 3S dopo Yanaoca. Arrivo a Cusco, a 3.400m d’altitudine, il famoso “Ombelico del Mondo”. Da qui secondo gli Incas ebbe origine la Civiltà e la città ricca di vestigia coloniali conserva ancora molte tracce dell’impero Incas. Domani avremo a  disposizione l’intera giornata per conoscerla meglio.   
Giorno 24, Cusco, sosta e visita della città.                                                                                   
Cuzco, molte agenzie e turisti autonomi arrivano qui attratti da Machu Picchu, ma come non dedicarle attenzioni per un giorno intero?? Il punto focale del turismo in sud America, ma ancora prima, capitale del regno Inca. Narra la leggenda, che fu fondata nel XII secolo da Manco Capac, il primo Inca, figlio del sole. Durante uno dei suoi viaggi l’imperatore conficcò una verga d’oro nel terreno ed essa scomparve: questo punto segnava il “qosqo” ovvero “l’ombelico del mondo” in lingua quechua e proprio in quel punto egli fondò la città che sarebbe diventata il centro del più grande impero dell’emisfero occidentale. Gli Inca però, ed il loro regno, durarono pochissimo, meno di un secolo, dal 1438 al 1532, anno in cui Pizarro, con la sua banda di ladroni arrivò in Sud America, regalando immense ricchezze a se stessi ed alla corona di Spagna, e frustrante miseria alle popolazioni sud americane. Definita la Katmandù delle Ande, Cuzco con i suoi dintorni costituisce uno dei più bei siti del Sud America. Gran parte del centro che si sviluppa intorno ad una fantastica plaza de Armas, si compone di belle case coloniali, con balconi in legno scolpito e porte dipinte in blu oltremare. Per non parlare di quello che le sta intorno. Possibilità di una visita guidata della città, a piedi la stupenda Plaza de Armas ed i dintorni del centro, la Cattedrale, edificio Inca con altare d’argento massiccio, Plaza San Francisco decorata con piante e fiori.  Poi con bus privati è possibile raggiungere le altre attrazioni quali gli imponenti siti archeologici.

                                    
Giorno 25, Cusco- Ollantaytambo- Aguas Calientes km 140 
Tappa breve ma assai interessante. El Valle Sagrado è un’altra attrazione del paese, con i suoi piccoli centri, tra i quali spicca quello di Pisac, con uno dei mercati più caratteristici del paese. All’arrivo ad  Ollantaytambo, una volta parcheggiate le moto, saliremo sul treno alla volta di Aguas Calientes dove sosteremo per la notte. Un espediente per avvantaggiarsi nei confronti delle masse che quotidianamente invadono, quello che probabilmente è il sito archeologico più visitato delle Americhe.
Giorno 26, Aguas Calientes , escursione a Machu Picchu , Ollantaytambo     
Al mattino saremo fra i primi a percorrere in pullman di linea i 5 km per arrivare al sito archeologico di Machu Picchu, 2.400m d’altitudine. L’avvicinamento è spettacolare, con passaggi in gole strette e fra montagne che sembrano disegnate; l’atmosfera soprannaturale che regna a Machu Picchu è una delle più belle al mondo, sicuramente la località più famosa e spettacolare del sud America. La città perduta degli Inca, che Pizarro cercò invano e che Hiram Bingham, archeologo americano, solo nel 1911 e del tutto accidentalmente riuscì a scoprire, un vero caso fortuito, un colpo di culo, come diciamo dalle nostre parti. Ciò si spiega perché la città è arroccata in cima ad una montagna tagliata in modo da renderla perfettamente invisibile dalla valle. La Città Perduta, capolavoro degli Incas, con la Cittadella arroccata su un piccolo cocuzzolo dominante il Rio Urubamba. Al termine, trasferimento con i bus di linea alla stazione ferroviaria e ritorno in treno a Ollantaytambo, dove pernotteremo.    
                                                                                                                            
Giorno 27, Ollantaytambo- Nazca, km 658 
Percorso interamente asfaltato ed altamente spettacolare e panoramico quello di oggi, quasi tutto ad oltre 3500-4000m. Potremmo definirlo un assoluto, indiscutibile, irrefrenabile orgasmo motociclistico, attraverso un magnifico paesaggio andino, fra lama e alpaca, splendidi paesaggi e i colorati villaggi che conducono alla città di Nazca, situata ai piedi delle Ande dove nel deserto sono state disegnate le linee di un gigantesco calendario astrologico, esteso su una superficie di varie centinaia di chilometri quadrati. 
Giorno 29 Nazca- Paracas, km 258
Chi non conosce Nazca e le sue Linee? Le sue incredibili figure disegnate nel deserto, sono visibili solo dall’alto, a parte un mirador, situato a 30 km circa dal villaggio, lungo la Panamericana verso nord, da cui è possibile ammirare 3 disegni: una mano, una lucertola ed un albero. Comunque, l’escursione aerea è caldamente consigliata, anche a chi soffre il volo su questi piccoli piper. L’arrivo di giornata sarà nella penisola di Paracas che offre 2 possibilità: la prima, quella di visitare in moto la Reserva Nacional de Paracas la più importante riserva naturistica della costa peruiana, con dune e piste sterrate; la seconda di compiere l’escursione di 4 ore circa, alle splendide isole Ballestas, non prima di aver ammirato il gigantesco candelabro, tracciato sulla riva dai paracas e visibile soltanto dal mare, degna conclusione di quello che abbiamo potuto vedere a Nazca.

Giorno 30, Paracas- Arequipa, km 854
Se avessimo fatto la cosa più ovvia seguendo la logica, oggi sarebbe l’ultimo giorno in moto!! Non sarà così!! Niente Lima con il suo traffico caotico ed il suo clima uggioso. Si punta a sud per un trasferimento senza patemi, fretta o stress particolari che ci riporterà al punto di partenza da dove è iniziata l’avventura. Punto di arrivo di giornata, se ce la facciamo, sarà Arequipa a 2325m, in quechua “la città dietro la montagna”, ma conosciuta come “la città bianca”, la seconda del Peru’ dopo Lima, ma che non ha niente a che vedere con la prima: bella, moderna, storica ed animata sul piano economico, con in più un clima davvero invidiabile. Non ha una vera stagione fredda. D’inverno rinfresca un po’ di sera, ma restano sempre i suoi 300 giorni di sole all’anno. Buona parte dell’abitato e costruita con una roccia vulcanica di colore molto chiara, da cui il suo soprannome. Davvero niente male soprattutto comparata a quello che può offrire la capitale!! Il suo centro storico, dichiarato dall’UNESCO patrimonio dell’umanità, El Misti, il vulcano che domina la città, che fa capolino alle spalle della cattedrale, sono alcune delle sue attrattive, ma merita una sosta soprattutto per lo splendido Monasterio di Santa Catalina, un convento che si estende su di una superficie di 20.000m quadrati, e che occupa un isolato intero. Una città dentro la città. L’edificio religioso più bello del Peru’ e probabilmente di tutto il Sud America. La sera, come da abitudine consolidata da diverse soste negli anni passati, solito aperitivo, il solito eccellente pisco sauer, in uno dei bar che si affacciano sulla fantastica plaza de Armas splendidamente illuminata, prima di concederci una cena tipica.

Giorno 31, Arequipa, riposo
Arequipa è a dir poco splendida e merita la giornata di sosta. Il suo centro storico, dichiarato dall’UNESCO patrimonio dell’umanità, El Misti, il vulcano che domina la città e fa capolino alle spalle della cattedrale, sono alcune delle sue attrattive. Ma merita una sosta soprattutto per lo splendido Monasterio di Santa Catalinaun convento che si estende su di una superficie di 20.000m quadrati, e che occupa un isolato intero. Una città dentro la città. L’edificio religioso più bello del Peru’ e probabilmente di tutto il Sud America.

Giorno 32, Arequipa- Arica, km 416
Si rientra in Cile, forse, ancora strade spettacolari tenendo a vista l’Oceano!! Ore di guida, godendo la bellezza della costa, dei paesaggi, facendo soste per gustare un Inca Kola, scattare foto, fare due chiacchiere con la gente…..che vita, saremo già stanchi di tutto ciò?? Durante il giorno decideremo se fermarci a Tacna o doppiare la sosta dell’andata ad Arica. Che problemi!!

Giorno 33, Arica- Mejillones,  km 657
La prima regione del Cile è la più settentrionale del paese, una delle più remote. Da Arica si coontinua a scendere decisamente o quasi, verso sud! Lungo la strada, alcune cose da vedere: le oasi di Matilla e Pica, davvero interessanti, Umberton, città fantasma dell’epoca del salnitro, la riserva naturale de los Geroglifos de los Pintados. 
Arrivo preventivato nella graziosa cittadina di Mejillones, nella penisola omonima, affacciata sull’Oceano e situata nella Provincia di Antofagasta. Il colpo d’occhio è immediato: circondata dalle acque dell'Oceano Pacifico a ovest, e a est, dominata da uno dei più aridi deserti del mondo, il deserto di Atacama.


Giorno 34, Mejillones- Caldera, km 533
Stavolta ci stiamo avvicinando alla conclusione, sarà il caso di inventarsi qualcosa?? Rallentiamo, deviamo dall’itinerario, ci fermiamo?? Innanzi tutto, lo straordinario è ancora lì, davanti alle nostre ruote: una vera rivelazione sarà la terza regione, comunemente chiamata Norte Chico. Un territorio semiarido di transizione al clima mediterraneo, tipico della valle centrale. Bellissima, colori indimenticabili, dune giganti marroni che tendono al giallo con la Panamericana che le attraversa longitudinalmente: uno spettacolo da godersi viaggiando. Le grandi distanze vengono interrotte da piccoli paesi sull’Oceano dove la parola ospitalità prende decisamente un significato di importanza determinante nei rapporti con le persone. Ce ne accorgeremo arrivando a Caldera, dove volendo ci concederemo un altro giorno di sosta, mangiando pesce freschissimo nelle sue trattorie, facendo le ore piccole con i gestori della pensione che ci ospiterà, bighellonando nelle sue viuzze o godendoci il sole sulle sue spiagge. 


Giorno 35, Caldera, riposo
Se abbiamo deciso di fare un giorno di sosta, passeggiando per il villaggio, ci sembrerà normale fermarsi a parlare con la gente del posto , scherzare con i bambini che chiederanno una foto, la sensazione di  sentirsi a casa propria, come se si vivesse lì ormai da chissà quanto tempo!! Diventa sempre più difficile riprendere il viaggio, soprattutto pensando che si è ormai giunti quasi alla fine. 

Giorno 36, Caldera- La Serena, km 410
Penultimo giorno di strada, poche indicazioni: puntare a sud, cercare di evitare il traffico della Panamericana a cui non siamo più abituati e che inizia a diventare sostenuto, per arrivare nel pomeriggio a La Serena, una specie di Rimini cilena, ormai le nostre solitarie vette cominciano a far parte dei ricordi di questo viaggio.

Giorno 37, La Serena- Viña del Mar, km 432
Ultima giornata, poco più di 400 chilometri, ci terremo vicini alla costa. Nell’ultima parte, ormai in dirittura di arrive, attraverseremo quartieri residenziali, case di lusso, dove chi ha potuto permetterselo, ha edificato abitazioni da sogno in uno scenario di incomparabile bellezza. No, queste non sono decisamente le nostre strade, ma l’alternativa sarebbe la caotica Panamericana. La sera frutti di mare in uno dei migliori ristoranti di  Viña del Mar.

Giorno 38, Viña del Mar
Riconsegna dei mezzi, è davvero finita, si torna a casa.