17 settembre 2012

il mio amico Abdu- мой друг Абду

Ettore, Serghey, Abdu, Giovanni, Pierandrea

Avevano detto che se non eri munito dell'estrattore e non avevi mai smontato un cambio di un gs 100, era impossibile fare la riparazione, figurarsi in Kirzghistan!!!
Avevano detto che, invece, se spedivano in centro Asia tutto il blocco cambio, il lavoro era possibile farlo anche da soli. Un bel mistero: da un lavoro di estrema difficoltà ad una normale manutenzione da strada!!
Poi abbiamo avuto la fortuna di conoscere Abdu Rakhman ed il suo piccolo regno, fatto di 2 box in un anonimo parcheggio nella periferia di Bishkek e......questo è stato il fantastico risultato..... 
grazie Abdu!!

благодаря Абду


la gs ferita!















il lavoro è terminato...domani si riparte!!!

09 settembre 2012

NATURE LAND


                                                            
La zona di Moab, al confine meridionale tra Utha e Colorado è una vera e propria Dysneyland della natura, visitata da 2 milioni di turisti all’anno, rappresenta una delle aree più suggestive ed impressionanti di questa fantastica parte degli Stati Uniti: il sud-ovest dei parchi nazionali.
 

ITINERARIO-Canyonlands National Park- Arches State Park- Dead Horse State Park
DURATA CONSIGLIATA- una settimana o più
STATI INTERESSATI- Utha
LUNGHEZZA- poche miglie ma tutte di qualità
 
Sembrerà strano, ma fu il boom dell’uranio negli anni ’50 a far conoscere l’esistenza di Moab e dei suoi spettacolari paesaggi.
I fantastici scenari, sono utilizzati ancora oggi come set per numerosi film, ed è capitato anche al sottoscritto di imbattersi in una troupe cinematografica percorrendo la 313 verso “isle in the sky”, completamente ignorata a causa di quello che ritengo uno degli scenari più straordinari che mai mi sia capitato di ammirare.
La cittadina, un semplice misero puntino sulla cartina fino a qualche anno fa, è diventato un centro semi rurale molto chic di circa 6000 anime. La principale attività? Turismo, poi turismo ed ancora turismo.
I numeri? I quasi 100 esercizi fra alberghi e bed & breakfast, offrono più di 2000 camere, per non parlare dei quasi 1500 posti disponibili nei campeggi.
Ma come mai tanta affluenza? Presto detto: nel raggio di poche decine di km. è possibile visitare il Canyonlands National Park, per me uno dei parchi più belli di tutto il Nord America, e se non dovesse bastare, (ma già da solo vale la visita) la zona può offrire l’Arches Nat. Park ed il Dead Horse State Park.
Essendo il paradiso dell’attività all’aria aperta, la possibilità di noleggiare in zona moto o quad è di una semplicità disarmante, un gioco da bambini. Le agenzie che offrono servizi vari, dalle escursioni a cavallo, alle discese in gommone delle rapide del Colorado, dal trekking alle gite in moto e fuoristrada sono numerosissime, c’è addirittura l’imbarazzo della scelta.
Basterà percorrere la Main Street e cercare di spuntare il prezzo più conveniente.
Io dal canto mio col solito inseparabile Transalp non ho avuto questo genere di problemi. Arrivo da sud e decido di visitare la parte meridionale del parco, parliamo sempre del Canyonlands, 1365 km. quadrati (sì, avete capito bene, e queste dimensioni lo rendono il parco più vasto dell’intero Utah), nonostante Hans, incontrato sulla strada scendendo dal North Rim del Grand Canyon, mi avesse detto che per arrivare al Confluence overllok, avesse bruciato la frizione della sua Transalp: loro erano in 2, forse ce la faccio ad arrivare su questo strapiombo dove qualche migliaio di metri più in basso, si uniscono per continuare la loro corsa verso le barriere artificiali del Lake Powell, il Green River ed il Colorado.
Ma all’ingresso il ranger, gentilissimo come al solito, mi conferma l’inutilità di tanta fatica, visto che la pista è difficilmente percorribile anche dai una four wheel drive, e mi consiglia di tralasciare anche l’altra deviazione, il Needles overlook, altro punto panoramico nel lento avvicinamento verso Moab, spostato di circa 35 km. dalla principale highway 191, per andare direttamente nella parte settentrionale del parco.
 “ Non crederai ai tuoi occhi!” aggiunge.
“E che sarà mai?” dopo mesi di nord America sono quasi vaccinato a quello che la natura può riservarmi soprattutto in questo angolo degli States.
La mattinata è ormai a buon punto, e la curiosità mi sta lentamente divorando. Ma l’appuntamento con “isle in the skye”, il nome è tutto un programma, deve essere rinviato al giorno successivo. Come al solito mi dilungo un po’ troppo per strada, scattando foto, parlando con camionisti che incrocio lungo il cammino, ma che fretta c’è?.
Arrivo così a Moab, nel tardo pomeriggio, anche perché se questo è sicuramente il migliore periodo dell’anno per una visita (scarsa, o sicuramente meno intensa l’affluenza turistica, con giornate così limpide da sembrare direttamente inseriti in un programma DVD ad altissima definizione) ma la contropartita sono delle giornate relativamente corte che abbreviano di molto la guida e le visite.
Comunque nonostante a prima impressione il piccolo centro sprizzi ricchezza e benessere da ogni angolo trovo l’ostello più economico degli States, che vale giustamente la pena di essere menzionato: The Lazy Lizard International Hotel, che con 8$ (record assoluto ed imbattuto in 5 mesi e mezzo di nord America!) consente di dormire in un letto in camerata.
Non credo alle mie orecchie, soprattutto dopo le mazzate degli ostelli della costa ovest, ed alcuni campeggi truffa in alcuni parchi nazionali.
Inutile dire che ne approfitto: simile occasioni non capiteranno più neanche in seguito.
Decido di battere il mio record personale di sopravvivenza, quindi Burghy, e così la sera riesco a chiudere una mezza pensione con tanto di colazione, alla fantastica cifra di circa 15 $ scarsi. Niente male!
La mattina di buon ora sono già per strada, reflex pronta allo scatto, ma assolutamente all’oscuro di quello che mi attenderà di lì a qualche ora.
Gli opuscoli pubblicitari fantasticano che nelle giornate più chiare e limpide in questa parte dello Stato la vista può spaziare fino a 100 miglia. Esagerati!
Mi dirigo a nord fino alla junction con la hwy 313, la imbocco, e dopo una quarantina di km. sono di nuovo all’interno del parco.
Il visitor centre è all’imbocco di “isle in the skye”, è una vera miniera di informazioni, non ci sono tante strade ma è bene farsi consigliare per affrontare e sfruttare al meglio le migliori ore di luce nei vari overlook disseminati lungo questo budello di una trentina di km. scarsi.
Ok, prima le strade asfaltate, quindi decido di fare la conoscenza con “l’isola nel cielo”, e non impiego molto a capire il perché di un nome così particolare: questo immenso blocco di terra galleggia letteralmente nell’aria a circa 2000 metri di altezza, sospeso nel vuoto, con una vista che spazia all’infinito (non sono sicuro che la visibilità possa arrivare a 150 km., ma credetemi, in questo periodo dell’anno, siamo molto vicini ad una distanza del genere!!), compresso, in basso, ma molto più in basso, dal corso del fiume Colorado e da quello del Green River.
I punti panoramici sono ben 9, alcuni richiedono una breve camminata, ma niente di impegnativo.
La cosa degna di nota è che anche la strada rappresenta una vera delizia per gli occhi e la guida. Dimenticate i rettilinei a perdita d’occhio, e preparatevi ad una guida divertente con un ottimo asfalto, sempre prestando attenzione ai bordi che spesso si avvicinano assai pericolosamente al niente assoluto.
Tutto qui? Naturalmente no. Circa 400 metri più in giù “l’isola” è circumnavigata dalla “white rim road” che corre direttamente sul bordo dei 2 canyon, e questa si può guidare in moto.
110 miglia di sterrato non molto impegnativo, che richiedono una giornata o più di viaggio, anche perché le soste con un simile scenario si moltiplicheranno in maniera esponenziale.
In queste condizioni si arriverà alla fine della giornata ricordandovi che manca ancora all’appello il Dead Horse State Park. Siete stanchi? Non fa niente, abbandonate il torpore dei vostri muscoli, l’appetito, l’arsura in qualche meandro dei vostri bauletti: tornando indietro verso la hwy 191 la deviazione è lì sulla dx.
Spesso i parchi statali sono gratuiti, non questo, 2$, ma mettete mano al portafoglio senza protestare.
E’ sicuramente il punto più spettacolare della zona per assistere al tramonto. Arrivo un po’ in anticipo, pago, e mi dirigo verso the neck, il collo, uno strettissimo, angusto, sottile passaggio asfaltato che mette in comunicazione il resto del mondo col dead horse point, un piccolo promontorio 2000 piedi sopra il corso del Colorado.
Anche il Meander overlook, lungo la strada, non è niente male.
Riparto, arrivo al parcheggio, 2 passi per arrivare sul balcone, mi sporgo e……Pazzesco! Non riesco a mettere a fuoco il panorama, i miei parametri visivi sono completamente sballati, le distanze perdono ogni significato. La vista si ubriaca dell’orizzonte.
Canyon e canyon a perdita d’occhio.
E che colori! Il rosso viene passato completamente in rassegna, in tutte le sue sfumature possibili ed immaginabili.
Rimango ebetito fino allo scomparire dell’ultimo raggio di luce (stiamo parlando quindi di ore!!!).
Michael, da Birmingham, in vacanza con la famiglia mi dice: “La cosa più assurda è questo incredibile silenzio!”
La frase, nella sua banalità sicuramente scontata, è assolutamente vera.
Il silenzio, un silenzio rumoroso che assorbe tutto come una spugna: suoni, voci, risa, il rombo dei motori, perfino il volo perlustrativo di aerei turistici!
Rientro all’ostello che ormai è buio.
Ma la zona ha ancora molto da offrire al visitatore: l’Arches national park, vanta la più alta concentrazione di archi in pietra arenaria del mondo.
Ci sono più di 200 archi e tutti concentrati in un’area relativamente piccola di circa 300 km. quadrati(!!!).
Vi anticipo che qui si deve camminare. La prima parte chiamata “Windows Section”, offre una serie di spettacolari concrezioni a brevissima distanza dalla strada, e dà il meglio di se stessa la mattina presto.
La seconda, che poi ha di fatto solo il “delicate arch”, ha 2 punti panoramici: al primo si accede con una sgambatina di circa 1 ora (andata e ritorno, non vi preoccupate), il secondo sono 5 km, 3-4 ore, forse più, ma a sentire altri turisti (no, non ci sono arrivato) addirittura entusiasmante al tramonto.
La terza infine il “Devils Garden”è sicuramente quella più interessante, ma dovete calcolare almeno 3 ore di marcia, ma gli archi sono così tanti e così concentrati da valer bene una sudata (e che sudata, ricordatevi di portare acqua in abbondanza).
Per le foto anche qui l’orario migliore è al mattino presto.
E adesso? Il viaggio continua.
Non resta che entrare in Colorado seguendo il corso del fiume omonimo, che viene costeggiato per quasi 40 miglia dalla highway 128, che si dirama appena oltrepassata Moab, per poi picchiare verso sud.
CURIOSITA’-
Circa 65 milioni di anni fa, all’epoca dei grandi spostamenti della crosta terrestre, un’enorme “zolla” fu spinta 2 km. e mezzo sul livello del mare, formando quello che oggi è l’altopiano del Colorado. La vasta area, ubicata nello stato dell’Arizona e dello Utha, è attraversata dall’omonimo fiume, che nel lungo tragitto dalle Montagne Rocciose al Golfo di California percorre 2334 km.
La via del fiume Colorado è stata una dura conquista soprattutto lungo il medio corso dove, alleandosi con le piogge e d i forti venti, ha saputo costruirsi un comodo letto, erodendo nel corso di milioni di anni spettacolari gole profonde quasi 2 km. ed in alcuni punti larghe quasi 30.
Il corso del Colorado in questo tratto unisce allo straordinario interesse paesaggistico un notevole valore scientifico, in quanto le sue stratificazioni sono un’autentica miniera per le ricerche dei geologi.
Senza dubbio una delle parti più spettacolari, parco dal 1964 è quella di Canyonlands: 527 miglia quadrate abitate da coyotes, capre di montagne ed altre specie, che le attribuiscono l’appellativo di “Wild America”

05 settembre 2012

KALLISTE 22-29 settembre


22-29 settembre 2012
Itinerario di 8 giorni/7 notti – km 1395
“La bella” era il nome che gli antichi greci avevano dato alla Corsica, ma il tempo sembra non essere passato e l’appellativo è tutt’ora più che valido. Non ci sono molti angoli del Mediterraneo nei quali trovare un’acqua così trasparente, sabbia soffice e bianca, vertiginose scogliere ed allo stesso tempo paesaggi suggestivi, valli, foreste e montagne ammantate di neve anche in piena estate.











04 settembre 2012

RITORNO





Tanto per cambiare il confine che avevamo individuato per il passaggio in Kazakistan, quello più vicino alla Cina è chiuso, cosa che ci fa optare per la rinuncia alla visita del lago Issyk kul, dovremmo aggiungere almeno 1000km facendo per giunta 2 volte la stessa strada! Davvero non ne vale la pena, siamo tutti d’accordo, contando che pensiamo anche di visitare Almaty che, da dove siamo, possiamo raggiungere in mezza giornata.
Così, la mattina seguente passiamo a salutare i nostri nuovi amici di Bishkek e ci dirigiamo verso la frontiera, disbrigo delle pratiche doganali e nel primo pomeriggio siamo nella metropoli kazaka, un gioco da ragazzi.
 

E’ la quarta volta che rientro dal centro Asia, 2 volte in solitaria, le altre accompagnando persone: una sensazione strana, affascinante, stimolante che ogni volta alla fine mi lascia sensazioni che cristallizzano piacevolmente nei miei ricordi! Questo è un luogo unico, decisamente! Il Kazakistan è lungo, largo, se la carta geografica avesse una terza dimensione, sarebbe anche profondo. Nel 2010 macchine gigantesche avevano iniziato l’impresa di asfaltizzazione della sua parte più occidentale, quella più desolata ed inospitale. Cerco di far capire ai miei compagni di viaggio che però le difficoltà probabilmente ci saranno e non identificabili in alcune giornate ma solo quando ci troveremo ad imprecare su strade che definire dissestate è un banale eufenismo!!
Le sterminate steppe kazake, infiniti pascoli per i cavalli delle invincibili armate mongole, Aralsk, con le sue barche ormeggiate nel deserto, Uralsk, città di confine tra 2 continenti, ci attendono: si comincia!!
Da Almaty, un solo punto cardinale caratterizzerà il percorso dei prossimi giorni, delle prossime settimane, con il navigatore puntato in direzione ovest, migliaia di km per attraversare mezza Asia e poi mezza Europa.
Taraz, Shymkent, ma già qui mi accorgo che c’è qualcosa che non va: i lavori diventano sempre più frequenti con queste deviazioni spacca schiena su sterratacci durissimi e sconnessi. Arriviamo alle 19 con la meta ipotizzata, Qyzylorda, ancora a130km.
Il villaggio prima, Ettore mi ha affiancato, chiedendomi se quello era il posto di fine tappa!! E’ stanco, me ne sono già accorto osservando come evita le buche per strada; è stanco anche Pierandrea, ma lui sfoga il suo stato fisico con un nervosismo a volte esasperato! Già questo basterebbe a farmi decidere la fine della tappa anticipatamente, aggiungiamo che alle medie della giornata, ne abbiamo ancora per almeno 2 ore, dobbiamo entrare in una città di medie dimensioni, perdere tempo per trovare una sistemazione, arrivare a notte, viaggiando su strade piene di animali, un traffico consistente di camion e con il sole in faccia.
Fra l’altro sono davanti ad un motel utilizzato 2 anni prima, una specie di caravanserraglio del terzo millennio, con camere, garage, officina e bar, appena terminato nel 2010 ma che a distanza di appena 2 anni sembra già in condizioni di abbandono. Decido io e naturalmente Pierandrea non è d’accordo, pazienza!! Cena frugale, a letto presto e la mattina alle 9 siamo ancora in ballo! Sarà la tappa kazaka più impegnativa!!! Un infinito cantiere stradale, centinaia di chilometri, in alcuni tratti la strada è terminata, su un terrapieno altissimo, un asfalto perfetto, ma precluso ai veicoli!! Temperatura 48°! La strada è pessima, ma si riesce a viaggiare quasi sempre a 50-60 km all’ora, accettabile direi!!
Qui comunque fra qualche anno sarà tutto asfaltato, una lunga striscia nera che sfiderà l’orizzonte accorciando le distanze!! Ci penso ed immediatamente ripenso all’attraversamento nel 2006, alle 15 ore per arrivare ad Aktobe, alle enormi buche, le difficoltà, alla sabbia, al caldo opprimente ed un po’ di nostalgia, inspiegabile, mi assale!!

Aralsk, Aral in kazako, Aral'sk in russo, alla fine di una lunga, nervosa giornata appare in lontananza. Come l’omonima Moynaq, dal lato Uzbeko, era un florido porto di quello che fu il lago d’Aral, e con essa condivide la triste storia che negli ultimi decenni l’ha portata a perdere migliaia di abitanti trasformandola di fatto, in una quasi città fantasma!!!! A causa del progressivo ritiro delle acque, Aralsk è rimasta completamente circondata dalla terra e dista circa 25 km dalla linea della costa. Sono 25 anni che il lago non si può vedere dalla città. Quì però la situazione è leggermente diversa, anche per le maggiori disponibilità economiche del Kazakistan: infatti la costruzione della diga Kokaral ed i successivi lavori in corso d’opera per una altro sbarramento, hanno invertito il processo di ritiro delle acque che ora si stanno riavvicinando alla costa originaria.  Le autorità sperano, nei prossimi anni, di poter riportare in funzione l'industria della pesca nella città. Il miracolo si sta avverando: se avete tempo e voglia, leggete una cosa che scrissi su Moynaq, alla mia prima esperienza nel 2006:


Entriamo nella città con le luci del giorno che lentamente si allungano tra le case basse, arriviamo dove sono arenate le barche e mentre i miei compagni curiosano in giro scattando foto, vado alla ricerca della famiglia che mi aveva ospitato 2 anni prima. Non ci sono più, fuggiti anche loro dal disastro ambientale del “deserto” di Aral!!! Ripiego sull’unico albergo in paese, camera tripla e parcheggio nel cortile di una casa di fianco. L’uomo a petto nudo che ci accoglie è piccolo, nerboruto, un fascio di muscoli, un grosso neo sulla spalla sinistra, mi fa il gesto di vittoria, ma non deve andare al bagno, la faccia, non capisco perché è minacciosa. Continuo a scaricare la moto. Ancora il gesto, modi se possibile, ancora più bruschi, vuole 200 tenge, sempre a gesti, a moto!!
“eh sì!!”
gli rispondo in italiano, lui comincia ad urlare e mi si avvicina tira fuori dalla tasca 200 tenge e con l’altra mano apre 3 dita.
“figurati!” continuo in italiano. Pierandrea ed Ettore mi guardano stupefatti e un po’ intimoriti da questo aggressivo parcheggiatore, gli faccio cenno di andare.
Rimaniamo soli nello spiazzo polveroso, solo qualche istante, dalla casa esce il suo alter ego, vestito e con una coppola bianca che si siede sulle scale ed inizia a prepararsi una sigaretta. La trattativa ha inizio: 4 dita, le mie, lui diventa se possibile ancora più furioso ed aggressivamente mi si avvicina a distanze che poco lasciano all’interpretazione, mi arriva alla spalla. Apro il portafoglio non ho tagli piccoli e tiro fuori 500tenge, lui continua ad imprecare, siamo in posizione di stallo. Gli infilo la mano nella tasca e tiro fuori i suoi 200tenge e gli do la banconota: il mio prezzo è 300. L’alter ego osserva silenzioso, lui diventa una belva.
Con la 200 nella mano sinistra, digrigno i denti, chiudo la destra a pugno e gli sferro un colpo che, arrivato al bersaglio si trasforma in una carezza, un buffetto sulla guancia che gli fa girare amichevolmente la testa.
Lo guardo con la banconota in mano, lui mi osserva, l’alter ego fuma, qualche secondo, poi questo parcheggiatore desertico mi esplode un sorriso senza denti. Lo colpisco ancora una volta nella stessa maniera, altra risata contagiosa, esplosiva, mi giro ed anche l’altro, suo fratello maggiore, suo padre, chissà, ride divertito.
Gli riconsegno i 200 tenge e gli faccio capire che mi deve dare 100tenge, lui con le lacrime agli occhi mi fa capire che sono evidentemente un folle!! Ho avuto il mio sconto, la trattativa fra risate, è terminata!!
La mattina dopo, presto, dopo aver fotografato con una luce stupenda le barche, sono nel cortile a caricare la moto. L’amico esce, vestito con una bella camicia, ci salutiamo, poi gli indico che mi deve ancora 100tenge, rapidamente delega la moglie per l’apertura del cancello ed il commiato da queste presenze scomode, saluta e scompare!!! 
La tappa, la terribile Aralsk-Aktobe 600 e dispari chilometri, quella delle 15 ore, verrà divorata su un asfalto perfetto, con soli 30km di sterrato. Il progresso avanza!! Il giorno dopo, Uralsk, il punto di confine tra 2 continenti, sancisce ufficialmente la fine del viaggio, anche se la strada da percorrere è ancora tanta. I chilometri aumentano, nonostante il tempo dedicato al viaggio sia sempre lo stesso, le condizioni delle strade permettono medie più alte, le soste sono meno frequenti, le macchine fotografiche rimangono costantemente nelle borse da serbatoio, è sempre la stessa storia!!

L’attraversamento della Russia si risolve in 2 giorni: Samara-Tambov, poi da Tambov a Zheleznogorsk.
“Il lupo di Tambov è tuo compagno”
La sera Dino mi invia un messaggio sul cellulare, incuriosito, approfitto della connessione internet per scoprire che questa è la frase che dicono i russi ad una persona, quando sono stanchi di esserle amici. 
Naturalmente non sto quì a riferirvi l'immediato ed offensivo messaggio di risposta ad una delle persone più creative che io conosca!!! Continuo la lettura e scopro che la zona di Tambov è leggendaria per la presenza dei lupi, che una volta popolavano la zona. Ormai sono quasi scomparsi, se ne contano solo 50 esemplari, ma in compenso tutta l’area è caratterizzata da una tipica atmosfera russa. Tambov è un capoluogo russo di provincia. Il ritmo di vita dei quasi 300.000 abitanti della città è più calmo e più equilibrato che nei grandi centri urbani. Leggo, sempre in rete, che qui ci si conosce e ci si saluta per strada ed è facile fare amicizia. Rifletto sulla estrema cortesia con cui ci hanno fornito informazioni e poi accompagnato in albergo. Il viaggio di rientro, trasformatosi ormai in un vero e proprio trasferimento continua.

Una sosta a Kiev, poi 2 mega tapponi per arrivare a Trieste, altra splendida città di confine a cui sono sinceramente affezionato e legato. Gli amici mi aspettano.
10240km percorsi, siamo a casa, è finita, arrivederci Pamir!!