04 marzo 2010

LIBIA la strada nel deserto




Aprile 2006, durante i disordini a Bengasi, in Cirenaica. Un viaggio in solitario, un itinerario affascinante, un nastro d’asfalto che taglia come una lama una delle parti più belle del Sahara, per raggiungere le 2 città più lontane nel deserto libico, includendo escursioni fuoristradistiche con guide e jeep del posto. Come assaporare il gusto del deserto.
ITINERARIO- Gadhames, Derj, Garhiat, Hun, Sabha, Ubari, Al Awaynat, Ghat.
LUNGHEZZA- 2.000km circa

FONDO STRADALE- è asfaltato e, tutto sommato, forse un po’ ottimisticamente, in buono stato ed è già tanto. Il tratto peggiore è probabilmente quello tra Hun e Sabha, ma anche quello prima di arrivare ad Al Awajnat non scherza, con numerose crepe che lo rendono più simile ad un toule ondulè.
PERIODO CONSIGLIATO- niente estate, calcolate che già ad aprile le temperature nell’Akakus possono superare i 50°!!! In inverno le giornate sono chiare e limpide ma molto più corte e le notti possono essere assai fredde.




Già lasciando Nalut ci si accorge che ci si sta spingendo verso l’ignoto. Anche la strada riduce la carreggiata quasi timorosa di invadere spazi a lei non concessi. Lo spettacolo è affascinante. Darwin, parlando del deserto, definiva le sue”qualità negative”, irresistibili. Perché? La sua risposta era che simili terre lasciano libero sfogo all’immaginazione. Come contraddirlo? L’importante sono le sensazioni: rallentare spesso, guardarsi intorno, immergersi completamente in questo niente assoluto. Come trasformare il monotono in qualcosa di suggestivo, quasi ipnotico. Andando il paesaggio è in trasformazione, le aride colline cedono il passo all’immensità sconfinata del deserto: il Sahara! Dopo Derj si piega decisamente ad ovest e dopo un centinaio di km ecco apparire nel nulla l’oasi di Gadhames, “la perla” come viene spesso definita. Giungerci al tramonto con le luci che si allungano nel deserto già vale il viaggio che di fatto non è ancora iniziato. Città millenaria, punto di transito presso che ininterrotto per carovane provenienti da ogni parte del continente africano. Giustamente dichiarata patrimonio dell’umanità è sicuramente la città antica più grande e meglio conservata del paese, una tappa obbligatoria a cui è impossibile rinunciare. La parte antica e praticamente disabitata, nonostante nel 1984 vi vivessero quasi 7000 persone, tutte trasferite nel giro di 4 anni in alloggi più moderni. Camminare nel dedalo di viuzze, un labirinto di strade coperte che fanno affidamento sulla luce naturale, per mezzo di lucernai, suggestivi, spesso equidistanti tra loro ed alti persino 10 metri, non può che lasciare esterrefatti. Di solito il pacchetto turistico include la visita ad un lago salato, un castello e, conclusione della giornata tramonto dall’alto di una delle dune che si affacciano verso il vicinissimo confine algerino, ma non stupitevi troppo, visto quello che vi attenderà a sud. 

Il giorno dopo sarà strada, tanta strada, la meta è Hun, circa 800km, nel mezzo, il solito, fantastico niente, qualche distributore di benzina, pochi in verità. Nel tratto più desolato quello da Darj a Ghariat, circa 300km incrocerò un convoglio di 4 camion (ebbene sì in queste zone non si viaggia mai da soli!!!), un pulmino di turisti fermo per problemi meccanici ed un paio di macchine. In compenso me la caverò con 7 dinari di benzina, circa €4!!!! Arrivo al posto di blocco prima di Hun e dalla guardiola alcuni militari in borghese a cenni mi invitano ad avvicinarmi. Entro e mi offrono dell’acqua. Prendo la bottiglia e la riempiamo. Uno dei ragazzi compare con un pacco pieno di datteri, saranno almeno 3kg, me li offre. Ne arriva un altro con delle lattine di gassosa, offerte anche queste. Mi chiedono se ho bisogno di benzina, ma rispondo che con questa moto non ho problemi di autonomia. Mi domandano quanti litri contenga il serbatoio: “24” rispondo, naturalmente a gesti. Sono allibiti, non credono che possa percorrere 400km e più senza fare rifornimento. Hun, volutamente inserita nell’itinerario, merita 2 righe a parte. 6 anni fa vi ero arrivato cercando una persona ed avevo conosciuto 2 amici. Abubaker ed Abdul Fatah, conosciuti poche ore prima, mi avevano ospitato nella casa del primo, dato che, come al solito, ero senza soldi e senza la possibilità di poter cambiare in nero. Ricordo ancora adesso quando i 2 confabulando in arabo, mi avevano poi comunicato:” ok, secondo noi c’è solo una possibilità per te: resti a dormire a casa di Abubaker, stasera sei nostro ospite a cena, e domani cambi il denaro a Misurata”. Ho con me le foto delle loro bambine, scattate nel 1999, che avevo provato ad inviargli appena rientrato in Italia ma che non hanno mai ricevuto. Rintraccio facilmente Abubaker, è al suo negozio ed insieme andiamo da Abdul Fatah. Trascorreremo tutto il pomeriggio insieme, visitando questa sonnolenta cittadina del deserto libico. 
“stavolta ho più soldi dell’altra volta”. Ma non c’è niente da fare, dormirò nella stessa stanza, nello stesso angolo e mangiando alla maniera araba insieme ai 2 miei amici.


L’indomani, il tratto per arrivare a Sabha, seguendo la strada più meridionale è anche quello peggiore per quanto riguarda la qualità dell’asfalto, una specie di crosta piena di crepe che non lascia scampo ad ammortizzatori e schiene. Traffico? Quasi inesistente!
Arriverò nel tardo pomeriggio e la sera conoscerò in un caffè Alì. Parla inglese e, durante la discussione chiedo della Cirenaica e dei problemi di Bengasi. Mi conferma come avevo notizie, che quella è sicuramente la zona di tutto il paese dove Gheddafi ha meno consensi popolari e ritiene che gli scontri, sfociati in una carneficina con 15 morti e decine di feriti, siano stati generati da un malcontento radicato e diffuso verso l’establishment governativo più che verso consolati e rappresentanze straniere, in questo caso la nostra, fra l’altro l’unica presente in quella città. Parliamo anche dell’idiota con la maglietta, ormai ex ministro, ma probabilmente sono risentito nei confronti di tanta stupidità più del mio interlocutore. Secondo Alì un altro grave problema del suo paese è la diffusa povertà di alcune aree, specialmente nel sud, anche se ritiene che il governo stia cambiando strategia, interessandosi maggiormente a queste zone depresse. 
Sabha è comunque un importante centro turistico, che non ha particolari punti di interesse ma una discreta vivacità. Da qui si parte per tutte le escursioni alle maggiori attrattive della zona: le dune di Ubari, il deserto dell’Akakus e quello del Murzuq.
Ma si può fare diversamente ed andare per strada, partendo direttamente da Ghat o da Al Awynat per l’Akakus e dalla zona di Ubari per i suoi laghi. In una sola parola? Fantastici! La prima è un’escursione che dura tra i 2 ed i 4 giorni,la seconda può essere affrontata in giornata. Ma di cosa parliamo esattamente? 
Perché tanta fatica, tanto calore e conseguente sudore per arrivare in un posto dove anche d’inverno ci sono temperature che sfiorano i 30°?
Queste sono
probabilmente le maggiori attrattive del Sahara libico e presentano alcuni dei paesaggi desertici più spettacolari del mondo. Il mare di sabbia di Ubari si estende per migliaia di km quadrati e nasconde tra le sue gigantesche dune di sabbia rossa una serie di laghetti che hanno qualcosa di fiabesco e fantastico, orlati da decine di palme.
Il Jebel Akakus è forse ancora più affascinante ed inquietante. Immaginate una catena montuosa di roccia vulcanica, nera e sotto un mare di sabbia arancione, a volte rossa, a seconda delle condizioni di luce e del periodo dell’anno che lo si visita. Un contrasto cromatico da lasciare allibiti!
A questo va aggiunto che molte delle formazioni rocciose sono abbellite da incisioni e dipinti rupestri, alcune splendidamente conservate e risalenti fino a 12.000 anni fa. C’è poco da fare, bisogna andarci almeno una volta. E così ancora strada. La temperatura ed i colori avvertono che si sta per entrare in una zona climatica diversa. Anche la temperatura, fino ad ora tutto sommato piacevole ha un’improvvisa impennata, superando i 30°. In aprile 7 anni fa nell’Akakus trovammo 55° all’ombra!!! Sono con un mese di anticipo, per fortuna. Ad Ubari le ultime case, un distributore di benzina e qualche negozio di generi alimentari prima di altri 280km di pace assoluta: traffico inesistente, vento, sabbia. Arrivo ad Al Awaynat e sono ai confini del mondo, anche gli stanchi abitanti che si riparano dal sole e dal vento nelle zone in ombra delle loro case osservano questo uomo nero chiedendosi dove vada. Ghat, vado a Ghat, la porta d’ingresso dell’Akakus! E le montagne nere cominciano ad apparire dopo circa 60km, sulla sx, alte, imponenti, mi scortano nelle ultime decine di km fino all’ingresso di questa piccola, vivace cittadina di circa 16.000 abitanti.
Questo è praticamente uno dei pochi insediamenti tuareg permanenti nel Sahara con una ben conservata Medina dominata da un castello iniziato dai turchi ma terminato solo con l’arrivo degli italiani che lo trasformarono in una caserma. Mi sistemo in una specie di ostello senza insegne, dove sono l’unico turista tra lavoratori che provengono da paesi confinanti, in cerca di condizioni sociali migliori o semplicemente sostando temporaneamente in attesa di spingersi più a nord. Tutti parlano francese al contrario mio, ma i sorrisi e la cordialità la fanno da padrone anche in mezza a tanta incomprensione linguistica. La sera sono seduto in uno dei 2 ristorantini sulla via principale dove un corpulento cuoco disossa polli e cuoce kebab con perizia certosina proprio in mezzo alla strada.
Montone, insalata ed un po’ di riso, oltre all’immancabile acqua.
Ascolto suoni, rumori, risate, discorsi che non capisco.
Sono alla fine del viaggio. No, da qui non si può che cominciare.

Ghadames
“Il gioiello del Sahara” come viene spesso definita, si ritiene esista da almeno 3000 anni ma della sua storia prima dell’occupazione romana avvenuta nel 19 a.C. si sa ben poco. Ai roamni succedettero i bizantini, ma la svolta avvenne nel VII secolo, quando la città passò sotto il controllo dei mussulmani, convertendo la maggior parte della popolazione berbera all’islam. E’ interessante notare come, nonostante fosse uno die principali centri commerciali del Sahara, Ghadames producesse un solo articolo degno di nota e nemmeno particolarmente redditizio: le pantofole ricamate. La città divenne tuttavia un importante porto franco per le merci provenienti da tutta l’Africa e, fatto per una città con pochi prodotti locali, ebbe le proprie carovane di mercanti. La portata dell’attività commerciale di Gadhames ed il volume delle merci che transitavano erano tali che, quando una carovana arrivava in un villaggio al di là del Sahara, tutti davano per scontato che provenisse da Gadhames. La città si distingueva anche per il fatto che i suoi più ricchi mercanti raramente viaggiavano di persona, ma preferivano affidarsi ad una rete di agenti estesa in tutta l’Africa, i quali controllavano il carico ed effettuavano le transazioni al posto dei reali proprietari, veri imprenditori del deserto. Il raggio d’azione degli agenti era impressionante estendendosi dalla Mauritania all’Egitto, dal lago Ciad al Mediterraneo, e tuttora si possono rintracciare loro discendenti in tutta l’Africa. Un dato interessante è che oggi i conducenti di carri merci sono quasi tutti originari di Gadhames. 
Fra i prodotti che nell’antichità passavano per Gadhames, prima di raggiungere la costa dalle regioni centrali dell’Africa c’erano pietre preziose, argento, oro, avorio, cavalli della Tripolitania, datteri e piume di struzzo. Gran parte della merce era destinata ai suq delle città costiere del nord Africa, mentre gli articoli più preziosi venivano imbracati per l’Europa e la Palestina. Nella direzione opposta transitavano testi religiosi, perle e lino provenienti rispettivamente da Venezia, Parigi e Marsiglia.



Le dune
Le dune costituiscono uno dei grandi misteri del Sahara. Nel deserto le particelle di sabbia sono relativamente pesanti, quindi anche i venti più impetuosi raramente riescono a sollevarle ad un’altezza superiore ad un metro e mezzo. E’ sufficiente una leggera protuberanza nel terreno per determinare un fenomeno chiamato in inglese “cresting”, ossia l’accumulo della sabbia. Il versante della duna rivolto in favore di vento è di solito più compatto e meno ripido di quello posto dall’altra parte del crinale. Sospinte costantemente dai venti, le dune avanzano poco per volta, singolarmente od a piccoli gruppi. I mari di sabbia sono relativamente stabili perché si sono formati nel corso dei millenni in seguito alla frantumazione della roccia, ridotta a piccole particelle di quarzo e di sabbia. Le dune si creano nei luoghi che presentano formazioni geologiche favorevoli (spesso anche molto piccole) e venti che soffiano in direzione costante. Nel corso del tempo la base si fa sempre più compatta ed esse diventano un elemento permanente del paesaggio. Le dune più comuni sono quelle a barcana o a mezzaluna (il nome si riferisce alla forma del crinale), le seif (termine arabo che significa spada), che hanno il crinale molto ampio e lungo, e le akhlè, una rete di dune disposte senza una schema riconoscibile. Tanto nell’Idehan Ubari, quanto nell’Idehan Murzuq si trovano splendide combinazioni di tipo diverso.















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