14 dicembre 2025

Abruzzo e Molise, a ritmo di Carrese

Dal 29 aprile al 3 maggio 2026
5 giorni, 4 notti, km 720


Una nuova occasione per riscoprire ancora una volta il Molise e l’interno dell’Abruzzo con le loro spiagge e spettacolari montagne, regioni divise amministrativamente dal lontano 1963 , prevalentemente per ragioni campanilistiche e di gestione del potere delle classi politiche del tempo, ma che vantano una storia comune, culturale ed economica risalente al dominio degli svevi e che racchiudono nel loro entroterra grandi sorprese che sapranno emozionare anche i più insensibili. Percorrere le antiche strade dei pastori, assaporare i prodotti locali, guidare in completa solitudine sulle montagne più imponenti dell’intero Appennino e rivivere manifestazioni storiche che rendono vivi più che mai questi territori. Come la Carrese di San Martino in Pensilis appunto, protagonista del nostro itinerario, che ogni primavera, il 30 di aprile, rappresenta uno degli eventi più cari ed attesi dalla popolazione basso-molisana. La manifestazione ha radici antichissime, secondo alcuni la prima edizione risalirebbe al 1728.



Abruzzo e Molise, a ritmo di Carrese

Dal 29 aprile al 3 maggio 2026

5 giorni, 4 notti, km 720


Tappe:

1.     Mercoledì, 29 aprile, Termoli, arrivo
2.     Giovedì, 30 aprile, Termoli, San Martino in Pensilis, Carrese, Termoli km 81
3.     Venerdì, I maggio, Termoli- Sulmona km 288
4.     Sabato, 2 maggio, Sulmona- Montesilvano km 350
5.     Domenica, 3 maggio, rientro in sede


LA CARRESE
 
Profondamente radicata nella popolazione, la Corsa dei Carri ha origini antichissime. La leggenda narra che i signori di San Martino e degli altri paesi vicini andarono a caccia verso il mare fra le boscaglie dove anticamente sorgeva la antica e nobile Cliternia e, più tardi, il Monastero di San Felice. Qui ad un tratto i cavalli si inginocchiarono senza volersi più muovere e i Signori, scavando, trovarono il corpo di San Leo, famoso Santo monaco benedettino. Ogni Signore si contendeva la paternità del ritrovamento per poterlo portare nel proprio feudo, tanto da venire quasi alle armi.  Affidandosi alla decisione del Vescovo di Larino, misero il corpo su un carro trainato da buoi che, lasciato libero a sé stesso e alla volontà del Santo, scelse alla fine di fermarsi a San Martino. Così da secoli, ogni anno, verso la metà di marzo, iniziano gli allenamenti dei buoi, dei cavalli e dei cavalieri, che continuano fino al giorno della corsa, il 30 aprile. La Carrese vede contrapposte tre fazioni. Accanto ai tre carri scendono in campo cavalieri che stimolano, con pungoli, la corsa dei buoi. Come presso altri comuni della fascia costiera molisana e pugliese, la Carrese ha come protagonisti i cavalieri, i buoi, i carri e tre partiti contrassegnati dai rispettivi colori: il bianco-celeste per i Giovani, il giallo-rosso per i Giovanotti ed il bianco-verde per la Cittadella. La corsa si svolge su un percorso di 9 chilometri e prende avvio dal tratturo. Il bue rappresenta la forza della natura imprevedibile, che l’uomo tenta di misurare e governare, in una stagione in cui, in tutta la sua forza, la natura si risveglia e si passa dalla staticità invernale alla dinamicità della bella stagione e dei raccolti. A metà percorso avviene il cambio degli animali, caratteristica unica nelle manifestazioni di questo genere. La gara termina davanti alla chiesa, e il carro vincitore ha l'onore di trasportare in processione il busto di S. Leo il successivo due maggio.



 

 PROGRAMMA:
 
1.     Mercoledì, 29 aprile, Termoli, arrivo

Termoli, città capoluogo del Molise, è un piccolo scrigno che raccoglie arte, storia e tradizioni. Il Borgo Antico, ribattezzato dai termolesi “paese vecchio”, è la parte della città più caratteristica ed è un’emozionante scoperta. La città vecchia è un promontorio a strapiombo sul mare, circondata da mura di cinta che nell’antichità servivano a proteggerla dagli attacchi nemici e dominato dal maestoso Castello Svevo, altro baluardo difensivo, che oggi ospita al suo interno la Galleria d’arte comunale. E proprio qui, tra le sue mura, il “paese vecchio” ci ospiterà, con una suggestiva sistemazione in albergo diffuso. A seguire, e come potrebbe essere diversamente, l’immancabile cena di pesce.
 
2.     Giovedì, 30 aprile, Termoli, San Martino in Pensilis, Carrese km 81
Il giorno della Carrese. In sella alle moto percorreremo i 18 chilometri che separano Termoli da San Martino in Pensilis. O meglio nei pressi, precisamente a qualche chilometro di distanza, al ristorante “La Carrese”, di fronte al quale avverrà il cambio dei buoi durante la gara. Parcheggeremo le nostre moto e verremo accompagnati in paese in macchina da Pietro, proprietario del ristorante, non che uno dei responsabili della manifestazione, per seguire da vicino le fasi preliminari della gara, la benedizione dei carri e per vivere da vicino l’atmosfera coinvolgente che precede la gara. Poi seguiremo a piedi la processione, un rito che vedrà sfilare fino al punto di partenza equipaggi, animali ed una parte dei paesani. All’altezza del punto di cambio la abbandoneremo per attendere l’inizio della gara. Nell’attesa consumeremo comodamente seduti un rustico pranzo a base di piatti della tradizione, tra cui la pampanella, piatto di carne tipico di San Martino in Pensilis e della zona. Con l’avvicinarsi della partenza, ci trasferiremo sul tetto di un adiacente capannone, messo a gentile disposizione dal sindaco di San Martino, da cui si godrà uno scorcio a dir poco appassionante dalla partenza alla fase saliente della gara, appunto il “cambio dei buoi”, che avverrà quasi sotto i nostri piedi: spettacolo dominante e garantito!! Alla fine, per fare ritorno a Termoli, ci concederemo un breve giro nel basso Molise, lambendo i confini con la Puglia e rientrare in sede. Stasera ci attende il principe dei piatti della tradizione, nato come piatto povero, ideato dai pescatori per utilizzare il pesce invenduto o rovinato dalle reti, il simbolo della cucina marinara termolese: la zuppa di pesce, noto per il suo sapore intenso e la sua preparazione tradizionale a base di pescato locale e pomodoro. 

3.     Venerdì, I° maggio, Termoli- Sulmona km 288
È ora di mettersi per strada!! Attraverseremo il Molise per entrare in Abruzzo da una via inusuale, spettacolare che offrirà panorami sorprendenti, ma che a tratti ci farà capire appieno l’utilizzo ed il significato del termine enduro stradali……. Si inizia salendo subito in collina per dominare il mare dall’alto, ma il Trigno segnerà lo spartiacque del nostro percorso, puntando decisamente all’interno. Campi coltivati a perdita d’occhio, con le montagne in lontananza e che fanno capire che la geometria è una scienza esatta, anche applicata all’agricoltura. Il Molise è una regione che, nonostante le sue dimensioni, offre spazi sconfinati e mantiene ancora oggi un’apparenza incontaminata. Intanto le montagne si avvicinano sempre più. Il passaggio del confine è solo amministrativo. Aggireremo quasi completamente la Majella, per concludere il suo periplo quasi perfetto a Sulmona.  Gli antichi scrittori, tra i quali Ovidio e Silvio Italico, concordano sulla remota origine della città, ricollegabile alla distruzione di Troia. Il nome della città deriverebbe infatti da Solimo, che era uno dei compagni di Enea. Le prime notizie storiche, però, ci giungono da Tito Livio che cita l'oppidum italico e narra come la città, nonostante le battaglie perse del Trasimeno e di Canne, rimase fedele a Roma chiudendo le proprie porte ad Annibale. In serata trasferimento in navetta nel borgo di Pacentro per un’altra serata all’insegna della gastronomia legata al territorio ed alla qualità, in uno dei migliori ristoranti della regione.

4.     Sabato, 2 maggio, Sulmona- Montesilvano km 350
Chi conosce le zone sa che quella di oggi sarà una giornata probabilmente indimenticabile, chi invece è alla sua prima esperienza sulle montagne dell’Appennino centrale che dire, ieri c’è stato l’antipasto, oggi si prepari allo straordinario!! Giornata davvero difficile da descrivere: sarà quella del Parco Nazionale, del Sirente, del Gran Sasso, del lago di Campotosto, grande regione il nostro Abruzzo! Tre parchi, montagne imponenti, strade poco trafficate, asfalto spesso entusiasmante, un numero spropositato di curve, panorami che si spalancano alla vista inaspettati……questa la semplice ricetta della tappa odierna. A fine giornata l’ultima sorpresa, attraverseremo “le Bolge dantesche” dei Calanchi di Atri, una delle forme più suggestive e spettacolari del paesaggio collinare adriatico. A vederli sembra quasi che il diavolo in persona si sia divertito su queste pareti, avendo inferto possenti unghiate con i suoi artigli al territorio che, colpo dopo colpo si è modellato donando questo spettacolo unico!! Da qui il mare, a pochi chilometri, fa capolino tra le gigantesche “cicatrici” di argilla che ci circondano. Il nostro hotel ci attende sulla spiaggia e saremo vicinissimi ad uno dei nostri ristoranti preferiti della costa abruzzese.

5.     Domenica, 3 maggio, rientro in sede




















08 dicembre 2025

Estensione Nord del Cile- Bolivia

Dal 22 agosto al 4 settembre 2026
13 giorni, km 3.733

 
Come trasformare un viaggio indimenticabile in un vero sogno!! Questa estensione di tredici giorni  all'Inca Raid 2026, rappresenta probabilmente la possibilità di poter includere in una sola esperienza alcune delle attrattive più impressionanti del continente sudamericano. Poter aggiungere il Salar de Uyuni a Machu Picchu, non lascia adito alla qualità dell’intero percorso proposto. Nord del Cile e Bolivia, dopo aver fagocitato parte del Perù!! Opportunità irripetibile!! Il contesto geografico morfologico cambia decisamente anche se le altitudini estreme dove ci spingeremo rimarranno costanti: deserti policromatici, montagne impervie, lagune colorate, ancora passi andini, ad altezze siderali. Un progetto ambizioso, dopo più di 4000 chilometri percorsi in Perù, si riparte sempre da Arica, per spingersi nei deserti cileni e dopo un assaggio di Bolivia visitando le lagune colorate poste al confine, giungere al Salar de Uyuni, meta per eccellenza del nostro viaggio. Poi Potosì, Sucre, La Paz, la carretera de la muerte per fare ritorno al punto di partenza, attraversando uno dei parchi nazionali più belli del continente.  
Esperienza indimenticabile per un viaggio da sogno, ma siamo di parte!! 
Agosto 2026, il Sudamerica e le sue altitudini estreme, lo straordinario ci attende.


ESTENSIONE NORD CILE E BOLIVIA 2026
Dal 22 agosto al 4 settembre 2026
13 giorni, km 3.733
TAPPE:
 
1.     22 agosto, sabato, Arica- Iquique, km 317
2.     23 agosto, domenica, Iquique- San Pedro de Atacama, km 486
3.     24 agosto, lunedì, Loop San Pedro de Atacama, lagune colorate, circa km 356
4.    25 agosto, martedì, Loop San Pedro de Atacama, Geyser del  Tatio, Valle de la Luna km 213
5.     26 agosto, mercoledì, San Pedro de Atacama- Colchani km 537
6.     27 agosto, giovedì, Colchani, tour salar, circa km 152
7.     28 agosto, venerdì, Colchani - Potosi km 228
8.     29 agosto, sabato, Potosi, riposo
9.     30 agosto, domenica, Potosi- Sucre km 165
10.  31 agosto, lunedì, Sucre- La Paz km 589
11.  1° settembre, martedì, La Paz- Coroico - La Paz circa km 195
12.  2 settembre, mercoledì, La Paz- Tambo Quemado- Arica km 494
13.  3 settembre, giovedì, Arica, consegna dei mezzi, volo per Santiago
14.  4 settembre, venerdì, Santiago, rientro in Italia


PROGRAMMA:

1.    
22 agosto, sabato, Arica- Iquique, km 317
Il nord del Cile è attraversato dal Tropico del Capricorno, area prevalentemente desertica, che si stende su quasi 1.000 chilometri da Arica a Copiapò. Oggi l’attraverseremo in parte. In alcuni luoghi non ha mai piovuto a memoria d’uomo. Il paesaggio è estremamente vario e suggestivo, l’ultimo tratto ci vedrà scendere sulla costa che è una lunga striscia di sabbia stretta da un’alta falesia. Arrivo di giornata previsto ad Iquique, la strana capitale della regione. Perché strana?? Perché fu costruita nel peggiore dei luoghi immaginabili. Un’immensa duna domina l’agglomerato urbano che cresce schiacciato dall’oceano.

2.     23 agosto, domenica, Iquique- San Pedro de Atacama, km 486
Oggi proseguiremo sulla costa oceanica che si mantiene spettacolare, fino a quando, giunti a Tacopilla, piegheremo decisamente verso l’interno per affrontare ancora questo deserto policromatico. A Calama siamo già entrati ufficialmente nel deserto di Atacama. La cittadina è piccola e poco animata, ma in zona si trova la più grande miniera di rame esistente al mondo, quella di Chuquicamata ad una ventina di chilometri dalla cittadina. Arrivo di giornata a San Pedro de Atacama, una piccola oasi nel cuore del deserto omonimo.

3.     24 agosto, lunedì, Loop San Pedro de Atacama, lagune colorate, circa km 356
Giornata dedicata alla visita delle lagune colorate in Bolivia, rapido passaggio di frontiera per poi rientrare in Cile. Il percorso è piuttosto impegnativo ed assolutamente facoltativo e può essere accorciato, ammirandone solo alcune. Vale lo stesso discorso dei geyser del Tatio l’indomani, possibile l’escursione organizzata, con veicoli 4x4.

4.     25 agosto, martedì, Loop San Pedro de Atacama, Geyser del Tatio, Valle de la Luna km 213
Il riposo è una gran bella cosa, se fosse tale!! Siamo a San Pedro De Atacama, un posto speciale.
Nel viaggio in solitaria scrissi in proposito: 
Ed infatti sulla via del ritorno tornerò una seconda volta a San Pedro De Atacama, splendida, tranquilla oasi ai margini del deserto, dove nonostante ormai si viva di turismo, la vita scorre tranquilla, con ritmi dettati dalla natura, dove le persone sembrano tutte simpatiche, le ragazze sono tutte carine, insomma uno di quei posti dove si torna sempre con piacere e dove, si finisce per rimanere sempre più di quanto si prevedesse all’inizio.” 
Oggi si può bighellonare per le vie polverose del villaggio, rilassarsi in piscina o semplicemente attendere la fine della giornata, ma c’è anche la possibilità di visitare la Valle della Luna e i geyser del Tatio una fantastica vallata a 4.300 metri d’altitudine, 90 chilometri a nord di San Pedro, punteggiata da un centinaio di getti di vapore, i più alti del mondo, che al mattino presto offrono uno spettacolo irreale ed allucinante. Possibile l’escursione organizzata in piccoli van, che partendo prima dell’alba consentono di sfruttare la bellezza straordinaria del luogo al sorgere del sole, sicuramente il miglior momento della giornata. Ma c’è sempre la moto…….

5.     26 agosto, mercoledì, San Pedro de Atacama- Colchani km 537
Tappa molto lunga, ma la strada è ormai completamente asfaltata. Si arriva ancora a Calama e si prosegue verso il confine attraversando il piccolo villaggio di San Pedro e giungendo dopo un centinaio di chilometri al confine boliviano di Ollague. Ed a questo punto……compare il salar, immenso che costeggeremo fino ai sobborghi di Uyuni, dove imboccheremo una strada sterrata per visitare il cimitero ferroviario appena fuori dal paese. Sarebbe consigliato arrivarci al tramonto quando le luci diventano quasi irreali, ma ci accontentiamo anche così. La destinazione finale di giornata è poco oltre, nei pressi di Colchani, per sostare nel famoso Hotel Del Sal, con i pensieri rivolti alla giornata che ci attenderà domani, e che giornata!! 

6.     27 agosto, giovedì, Colchani, tour salar, circa km 152
Oggi attraverseremo il Salar fino all'isola Inka Wasi chiamata anche isola de Los Pescadores, avamposto collinoso, coperto da cactus giganti, situato nel centro della salina. Punti salienti lungo il percorso, l’ex Hotel Del Sal, il gigantesco cippo in ricordo della Dakar ed il dosso puntellato di bandiere, sono decine, che interrompono la monocromia della piana. Ovviamente gli spunti fotografici sono infiniti per una delle più sorprendenti meraviglie del continente ed una delle giornate indimenticabili di questo viaggio. Scatti indimenticabili garantiti.

7.     28 agosto, venerdì, Colchani- Potosi km 228
La mattina transiteremo nuovamente da Uyuni e, se non ne avessimo avuto il tempo all’arrivo o semplicemente volessimo dare nuovamente un’occhiata, il cimitero ferroviario con i suoi vagoni arrugginiti e le locomotive coperte di scritte è li ad attenderci. La strada che da Uyuni, sale verso nord ovest direzione Potosi è punteggiata da miniere abbandonate, altre ancora in funzione in un paesaggio incredibilmente multi-cromatico, costantemente oltre i 4.000 metri. La strada di poco più di 200 chilometri, adesso completamente asfaltata, regala comunque paesaggi fantastici, una straordinaria giornata di moto e di incontri, fino ad arrivare alla miniera boliviana per antonomasia, magnifica nella sua scenograficità, sogno, incubo, girone da inferno dantesco: il Cerro Rico che domina Potosi.

8.     29 agosto, sabato, Potosi, riposo
Visita della città ed alle miniere del Cerro Rico.
 

Un po' di storia: Potosi e le sue ricchezze. 
Potosì, già, la città che contribuì al sorgere del capitalismo in Europa. È praticamente impossibile    parlare del processo di spoliazione del Sud America senza parlare di Potosì. Quando gli spagnoli arrivarono nell’impero Inca, il Perù non era più l’agognato paese della cuccagna. I giacimenti d’oro e d’argento furono presto esauriti. Fu dunque nell’alto Perù, la Bolivia appunto, che gli spagnoli fecero centro, vinsero la lotteria, trovarono l’asso pigliatutto! Nel 1545 avviarono lo sfruttamento della montagna rossa di Potosì situata a 4.000 metri d’altezza: il più grande giacimento d’argento della storia dell’umanità!! Molti riconoscono che Diego Hualpa, il Quechua originario di Cuzco che scoprì l’argento del Cerro Rico, aprì con esso il vaso di Pandora. Probabilmente non si rendeva conto di quello che avrebbe scatenato, nel momento in cui rivelò la sua scoperta a Centano, uno dei tanti avventurieri spagnoli dell’epoca di Pizarro. Il Sumaj Orcko, il monte più bello, così lo chiamavano i quechua, si rivelò una miniera così favolosa che Carlo V nel 1555 elevò Potosì al rango di città imperiale. Il filone nei 3 secoli di sfruttamento avrebbe prodotto abbastanza da pavimentare d’argento una strada a 2 corsie fino a Madrid! Gli spagnoli lo soprannominarono, a giusto titolo, Cerro Rico, collina ricca. Alla fine del XVI sec. Potosì con 160.000 abitanti, era diventata la città più grande dell’America ed era più importante di Parigi e Londra. Gli storici concordano su un punto: il flusso d’argento delle miniere di Potosì verso l’Europa fu la “conditio sine qua non” dello sviluppo del capitalismo, ma a che prezzi! La macchina del capitalismo nascente venne alimentata con il sacrificio di migliaia e migliaia di indios e più tardi di schiavi negri. 
Quanti furono i morti? 
“Che importa” rispondevano i sovrani europei, ben contenti di questa montagna di argento che     portò due volte alla bancarotta il regno di Spagna, che s’indebitò e scialacquò a mani bucate, tanto che alla fine i veri beneficiari furono i paesi del nord Europa. Un processo definibile come “accumulazione originaria del capitale”, un’iniezione di liquidi inimmaginabile equivalente a 50 miliardi di dollari, valore aggiornato al 1970 (30.000 tonnellate, ma c’è chi dice che furono quasi 45.000!!), il tutto, fra i secoli XVI e XIX. Viste le dimensioni dell’economia europea dell’epoca, corrisponde ampiamente a diversi “piani Marshall”. 
Quanti furono i morti? Sempre la stessa domanda, che pesa come un macigno. 
ll calcolo approssimativo arriva fino alla spaventosa cifra di 8 milioni!! Un genocidio che vide     vittime, indios Aymarà, quechua e neri importati dall’Africa con la tratta degli schiavi. La “mita” era il lavoro forzato e gratuito eseguito a turni nelle miniere in condizioni spaventose. Ogni anno decine di migliaia di indios e schiavi morirono di sfinimento o avvelenati dalle esalazioni di mercurio utilizzato nella lavorazione dell’argento. Eppure, il sistema e il nome “mita”, erano stati copiati dalla mita degli Inca. Ma mentre i figli del sole erano tenuti a lavorare 2 o 3 anni per il loro padrone, una sorta di imposta reale, gli spagnoli organizzarono giganteschi esodi della popolazione proveniente dalla comunità Quechua ed Aymarà delle valli e dell’altipiano. I contadini furono obbligati a diventare minatori. Con le terre ormai prive di braccia, il fragile ecosistema degli altipiani fu irrimediabilmente distrutto e tutta l’economia della regione si concentrò intorno a Potosì. Così sorsero Buenos Aires e Lima-El Callao, autentiche città portuali destinate a regolare il flusso d’argento e di merci tra America, Europa ed Africa. È chiaro che i minatori lavoravano sottoterra fino a morirci, altro che “mita Inca”!! Ben presto si dovettero importare uomini dall’Africa per carenza di mano d’opera! L’argento delle miniere diede grandezza alla Spagna e fece sorgere i suoi favolosi palazzi, soprattutto a Siviglia dove si trovava la Casa di Contratacion che guidava il valzer dell’argento, degli schiavi e delle merci. L’economia europea in piena espansione grazie al “cash flow” procurato dall’America, generò allora un nuovo capitalismo. Probabilmente nelle facoltà di economia le cose vengono spiegate in modo diverso! All’epoca Potosì era la Bisanzio americana. È evidente, e lo dicono numerosi storici, che l’Eldorado era Potosì. Non valeva la pena di andarlo a cercare in Amazzonia! Lo sfruttamento andò avanti fino alla metà del XVIII secolo, quando la montagna i cui giacimenti sembravano infiniti, cominciò ad accusare i colpi dello sfruttamento fino ad esaurirsi. Ne furono scoperti altri in Perù e Messico e Potosì decadde rapidamente, tanto da ridursi nella prima metà del XIX secolo a soli 10.000 abitanti. Le miniere sono ancora in funzione. Dal 1952, anno in cui i minatori si ribellarono allo stato, una cooperativa gestisce il lavoro nella impressionante miniera, il Cerro Rico appunto, che domina la città, dichiarata patrimonio dell’umanità. Orari massacranti, una mortalità elevatissima, con i medesimi problemi dato che, sebbene il lavoro sia ora gestito autonomamente, i prezzi sono sempre e comunque controllati dalle grandi compagnie internazionali. Un sacco da 50 kg viene pagato pochi euro e per il fabbisogno sono necessari circa 800 kg, raccolti in 3-4 settimane di lavoro massacrante, svolto con gli stessi sistemi, materiali ed attrezzature, di quando gli spagnoli controllavano il mercato dell’argento in Sud America, e stiamo parlando di 300 anni fa. La visita guidata alle miniere, anche se alquanto faticosa, serve a rendersi conto delle estreme condizioni in cui operano i minatori, costretti ad un lavoro disumano per necessità. I turni sono da 4 ore, al quale segue un’ora di riposo e così via fino a che se ne può, masticando coca ed uno strano prodotto chiamato lejia (calce) una specie di aggregante che ne accelera gli effetti e che permettono di resistere per tanto tempo a queste profondità. A tutt’oggi circa 5000 minatori, di cui 300 sono donne lavorano nelle viscere del Sumaj Orcko, il monte più bello in lingua quechua. L’argento si è ormai esaurito da tempo sotto i terribili colpi inferti all’economia ed alle popolazioni locali dagli spagnoli nei 300 anni (1545-1825) in cui controllarono il territorio. La ricerca si è ora spostata soprattutto verso lo stagno, il “metallo del diavolo”, ma anche su zinco, piombo e rame. Si va in pensione a 65 anni con una pensione di circa 500-600 bolivanos, ma il nemico più terribile è la silicosi, che già dopo 10-15 anni di lavoro in queste condizioni, mina inevitabilmente i fisici di questi disperati. Quando questa malattia ha intaccato il 50% delle capacità polmonari, si può chiedere una pensione anticipata per invalidità, ma i controlli dello stato, spesso sono volti a ritardare il più possibile questa eventualità, ovviamente per questioni economiche.
 
9.     30 agosto, domenica, Potosi- Sucre km 165
Breve tragitto, completamente stradale, per concedersi la visita di un altro gioiello della zona, Sucre, dichiarata patrimonio dell'Unesco. Nel pomeriggio, visita della città. La capitale della Bolivia è una suggestiva città dall’impianto ortogonale tipico delle nuove fondazioni cinquecentesche in Sud America e ha mantenuto pressoché inalterato il suo antico aspetto coloniale fatto di eleganti edifici intonacati di bianco. Particolarità è che la Bolivia ha di fatto due capitali; infatti, il governo nazionale è insediato a La Paz, mentre a Sucre si trovano il parlamento boliviano e la corte suprema. Altra curiosità di questa splendida città è quella che per i suoi abitanti ha ben cinque nomi, ciascuno a memoria di una fase della sua storia plurisecolare: Charcasè il nome indigeno che indica il luogo in cui gli spagnoli costruirono la prima città coloniale; La Plata è il nome dato alla città insignita dal re di Spagna di privilegi e di onori; il nome Chuquisaca le venne concesso invece durante la lotta per l’indipendenza; Sucre in onore di Don Antonio José de Sucre, il maresciallo della battaglia per l’indipendenza di Ayacucho, avvenuta il 9 dicembre 1824, e, infine La Ciudad Blanca, ovvero la città bianca, soprannome dovuto al colore delle sue abitazioni.
10.  31 agosto, lunedì, Sucre- La Paz km 589
Anche oggi percorso completamente stradale, ma domani le cose potrebbero cambiare. Siamo ancora in Bolivia, fantasticamente in Bolivia, con la strada sempre in altura, percorrendo un altipiano punteggiato da villaggi sparsi.
11.  1° settembre, martedì, La Paz- Coroico - La Paz circa km 195
Visita della città. Oggi per chi non vuole salire in sella alle proprie moto, possibilità di trascorrere una giornata di sosta. La Paz è la capitale più alta del mondo, una delle poche che abbia i quartieri commerciali e residenziali situati più in basso delle favelas che le dominano. La spiegazione risiede nel fatto che 7-800 metri di dislivello, a queste altitudini, possono migliorare di molto la vita quotidiana dei singoli e naturalmente a beneficiarne non possono essere che le classi più abbienti. La città è secondo me, bellissima. La capitale vanta una delle cornici naturali più attraenti del mondo, città panorama in degna compagnia di Rio de Janeiro, Città del Capo, San Francisco ed Honk Kong. Possibilità di visitare le Rovine di Tiawanaco. Per chi invece volesse tentare la sorte, possibilità di percorrere la strada soprannominata la “Carretera de la muerte”, La Paz- Coroico, 80 chilometri da brivido. Si scende per asfalto, si ritorna per la strada vecchia.
12.  2 settembre, mercoledì, La Paz- Tambo Quemado- Arica km 577
Ultima tappa, lunga, assai lunga, ma ormai siamo ferrati alle distanze, bellissima, impegnativa per le quote altimetriche che raggiungeremo nel corso della giornata, ma siamo ormai assuefatti anche a questo!! Lasciando la capitale boliviana, in poco tempo arriveremo al punto di frontiera con il Cile, che ci riserverà la prima meraviglia paesaggistica. Transiteremo dal Parque National Salama, che, una volta attraversata la frontiera, prenderà il nome di Parque National Lauca. Il Lago Chungara, il più alto del mondo con i suoi 4.500 metri, dominato dalle cime perennemente innevate dei vulcani Parinacota, Pomerata, Salama e Quisiquisini, con il primo che si specchia nelle sue acque verde smeraldo, ne rappresenta l’immagine simbolo. Un posto da sogno. Il parco nazionale più bello del Sud America, recitano in coro guide e dépliant pubblicitari!! Dopo pochi chilometri da tanta meraviglia, lambiremo il piccolo, a dir la verità minuscolo villaggio di Parinacota, ubicato in un paesaggio da Highlands scozzesi, siamo a 4.395 metri (!!). Da qui è possibile ancora ammirare, il vulcano Parinacota, che indossa fantasticamente un cappello di ghiacci ben oltre i 6.000 metri. Degno corollario, mandrie di lama e stormi di fenicotteri rosa……. Siamo in dirittura di arrivo, poco più di 150 chilometri, su un percorso splendido, picchieremo letteralmente dai quasi 4.500 metri al livello del mare!! Arrivo, rientro, ritorno ad Arica, la nostra esperienza è quasi giunta al termine.

13.  3 settembre, giovedì, Arica, consegna dei mezzi, volo per Santiago
In mattinata, riconsegna dei mezzi. È trascorso poco più di un mese dal nostro arrivo, i chilometri percorsi sono quasi 8.000, c’è poco altro da aggiungere!! Coincidenza aerea per la capitale Santiago, è davvero finita!!

14.  4 settembre, venerdì, Santiago, rientro in Italia
Volo di ritorno in Italia.