Altitudini estreme
Dal 2 agosto al I° settembre 2026
31 giorni, km 7120
Programma:
1. Italia- Santiago
Volo internazionale ed arrivo in Cile. Una volta sbarcati nella capitale Santiago, necessario un trasferimento aereo in coincidenza per giungere ad Arica, punto di partenza della nostra esperienza sudamericana.
2. Santiago- Arica, volo interno
Arrivo ad Arica, sistemazione in albergo. Arica, è la città più a nord del Cile, ricca di turismo e visitatori che arrivano per godere delle piacevoli spiagge sabbiose in estate e fare incetta di cultura grazie ai bellissimi musei presenti. Il suo compatto centro cittadino è semplice da visitare a piedi, sebbene una visita ad Arica non possa dirsi completa senza un’ascensione sull’El Morro, la spettacolare rupe che incombe alta sopra l’abitato. Dalla sua cima, dimora di una colonia di avvoltoi collorosso e di una statua colossale di Gesù Cristo che di notte viene illuminata, potrete godere di una magnifica vista panoramica su tutta la città.
3. Arica, ritiro dei mezzi
Giornata dedicata al ritiro dei mezzi, una volta espletate le varie formalità burocratiche, dedicheremo il tempo a disposizione ai preparativi all’inizio del lungo viaggio.
4. Arica- Iquique, km 317
Il nord del Cile è attraversato dal Tropico del Capricorno, prevalentemente desertico, che si stende su quasi 1000 chilometri da Arica a Copiapò. Oggi l’attraverseremo in parte. In alcuni luoghi non ha mai piovuto a memoria d’uomo. Il paesaggio è estremamente vario e suggestivo, l’ultimo tratto ci vedrà scendere sulla costa che è una lunga striscia di sabbia stretta da un’alta falesia. Arrivo di giornata previsto ad Iquique, la strana capitale della regione. Perché strana?? Perché fu costruita nel peggiore dei luoghi immaginabili. Un’immensa duna domina l’agglomerato urbano che cresce schiacciato dall’oceano.
5. Iquique- San Pedro de Atacama, km 486
Oggi proseguiremo sulla costa oceanica che si mantiene spettacolare, fino a quando, giunti a Tacopilla, piegheremo decisamente verso l’interno per affrontare ancora questo deserto policromatico. A Calama siamo già entrati ufficialmente nel deserto di Atacama. La cittadina è piccola e poco animata, ma in zona si trova la più grande miniera di rame esistente al mondo, quella di Chuquicamata ad una ventina di chilometri dalla cittadina. Arrivo di giornata a San Pedro de Atacama, una piccola oasi nel cuore del deserto omonimo.
6. San Pedro de Atacama, riposo
Il riposo è una gran bella cosa, se fosse tale!! Siamo a San Pedro De Atacama, un posto speciale. Nel viaggio in solitaria scrissi in proposito:
“Ed infatti sulla via del ritorno tornerò una seconda volta a San Pedro De Atacama, splendida, tranquilla oasi ai margini del deserto, dove nonostante ormai si viva di turismo, la vita scorre tranquilla, con ritmi dettati dalla natura, dove le persone sembrano tutte simpatiche, le ragazze sono tutte carine, insomma uno di quei posti dove si torna sempre con piacere e dove, si finisce per rimanere sempre più di quanto si prevedesse all’inizio.”
Oggi si può bighellonare per le vie polverose del villaggio, rilassarsi in piscina o semplicemente attendere la fine della giornata, ma c’è anche la possibilità di visitare la valle della Luna e i geyser del Tatio una fantastica vallata a 4300m d’altitudine, 90 chilometri a nord di San Pedro, punteggiata da un centinaio di getti di vapore, i più alti del mondo, che al mattino presto offrono uno spettacolo irreale ed allucinante. Possibile l’escursione organizzata in piccoli van, che partendo prima dell’alba consentono di sfruttare la straordinaria bellezza del luogo al sorgere del sole, sicuramente il miglior momento della giornata.
7. San Pedro de Atacama, lagune colorate, km 356
Giornata dedicata alla visita delle lagune colorate in Bolivia, passaggio di frontiera per poi rientrare in Cile. Il percorso è piuttosto impegnativo ed assolutamente facoltativo e può essere accorciato, ammirandone solo alcune. Vale lo stesso discorso dei geyser del Tatio, possibile l’escursione organizzata, con veicoli 4x4.
8. San Pedro de Atacama- Colchani km 537
Tappa molto lunga, ma la strada è ormai completamente asfaltata. Si arriva ancora a Calama e si prosegue verso il confine attraversando il piccolo villaggio di San Pedro e giungendo dopo un centinaio di chilometri al confine boliviano di Ollague, poi……compare il salar immenso che costeggeremo fino ai sobborghi di Uyuni, dove imboccheremo una strada sterrata per visitare il cimitero ferroviario appena fuori dal paese. Sarebbe consigliato arrivarci al tramonto quando le luci diventano quasi irreali, ma ci accontentiamo anche così. La destinazione finale di giornata è poco oltre, nei pressi di Colchani, per sostare nel famoso Hotel Del Sal, con i pensieri rivolti alla giornata che ci attenderà domani.
9. Colchani, tour salar, circa km 152
Oggi attraverseremo il Salar fino all'isola Inka Wasi chiamata anche isola de los pescadores, avamposto collinoso, coperto da cactus giganti, situato nel centro della salina. Punti salienti lungo il percorso, l’ex Hotel Del Sal, il gigantesco cippo in ricordo della Dakar ed il dosso puntellato di bandiere, sono decine, che interrompono la monocromia della piana. Ovviamente gli spunti fotografici sono infiniti per una delle più sorprendenti meraviglie del continente ed una delle giornate indimenticabili di questo viaggio. Scatti indimenticabili garantiti.
10. Colchani- Potosi km 228
La mattina transiteremo nuovamente da Uyuni e, se non ne avessimo avuto il tempo all’arrivo o semplicemente volessimo dare nuovamente un’occhiata, il cimitero ferroviario con i suoi vagoni arrugginiti e le locomotive coperte di scritte è li ad attenderci. La strada che da Uyuni, sale verso nord ovest direzione Potosi è punteggiata da miniere abbandonate, altre ancora in funzione in un paesaggio incredibilmente multi-cromatico, costantemente oltre i 4000m. La strada di poco più di 200 chilometri, adesso completamente asfaltata, regala comunque paesaggi fantastici, una straordinaria giornata di moto ed incontri, fino ad arrivare alla miniera boliviana per antonomasia, magnifica nella sua scenograficità, sogno, incubo, girone da inferno dantesco: il Cerro Rico che domina Potosi.
11. Potosi, riposo
Visita della città ed alle miniere del Cerro Rico.
Un po' di storia: Potosi e le sue ricchezze.
Potosì, già, la città che contribuì al sorgere del capitalismo in Europa. È praticamente impossibile parlare del processo di spoliazione del Sud America senza parlare di Potosì. Quando gli spagnoli arrivarono nell’impero Inca, il Perù non era più l’agognato paese della cuccagna. I giacimenti d’oro e d’argento furono presto esauriti. Fu dunque nell’alto Perù, la Bolivia appunto, che gli spagnoli fecero centro, vinsero la lotteria, trovarono l’asso pigliatutto! Nel 1545 avviarono lo sfruttamento della montagna rossa di Potosì situata a 4000m d’altezza: il più grande giacimento d’argento della storia dell’umanità!! Molti riconoscono che Diego Hualpa, il quechua originario di Cuzco che scoprì l’argento del Cerro Rico, aprì con esso il vaso di Pandora. Probabilmente non si rendeva conto di quello che avrebbe scatenato, nel momento in cui rivelò la sua scoperta a Centano, uno dei tanti avventurieri spagnoli dell’epoca di Pizarro. Il Sumaj Orcko, il monte più bello, così lo chiamavano i quechua, si rivelò una miniera così favolosa che Carlo V nel 1555 elevò Potosì al rango di città imperiale. Il filone nei 3 secoli di sfruttamento avrebbe prodotto abbastanza da pavimentare d’argento una strada a 2 corsie fino a Madrid! Gli spagnoli lo soprannominarono, a giusto titolo, Cerro Rico, collina ricca. Alla fine del XVI sec. Potosì con 160.000 abitanti, era diventata la città più grande dell’America ed era più importante di Parigi e Londra. Gli storici concordano su un punto: il flusso d’argento delle miniere di Potosì verso l’Europa fu la “conditio sine qua non” dello sviluppo del capitalismo, ma a che prezzi! La macchina del capitalismo nascente venne alimentata con il sacrificio di migliaia e migliaia di indios e più tardi di schiavi negri.
Quanti furono i morti?
“Che importa” rispondevano i sovrani europei, ben contenti di questa montagna di argento che portò due volte alla bancarotta il regno di Spagna, che s’indebitò e scialacquò a mani bucate, tanto che alla fine i veri beneficiari furono i paesi del nord Europa. Un processo definibile come “accumulazione originaria del capitale”, un’iniezione di liquidi inimmaginabile equivalente a 50 miliardi di dollari, valore aggiornato al 1970 (30.000 tonnellate, ma c’è chi dice che furono quasi 45.000!!), il tutto, fra i secoli XVI e XIX. Viste le dimensioni dell’economia europea dell’epoca, corrisponde ampiamente a diversi “piani Marshall”.
Quanti furono i morti? Sempre la stessa domanda, che pesa come un macigno.
l calcolo approssimativo arriva fino alla spaventosa cifra di 8 milioni!!! Un genocidio che vide vittime, indios Aymarà, quechua e neri importati dall’Africa con la tratta degli schiavi. La “mita” era il lavoro forzato e gratuito eseguito a turni nelle miniere in condizioni spaventose. Ogni anno decine di migliaia di indios e schiavi morirono di sfinimento o avvelenati dalle esalazioni di mercurio utilizzato nella lavorazione dell’argento. Eppure, il sistema e il nome “mita”, erano stati copiati dalla mita degli Inca. Ma mentre i figli del sole erano tenuti a lavorare 2 o 3 anni per il loro padrone, una sorta di imposta reale, gli spagnoli organizzarono giganteschi esodi della popolazione proveniente dalla comunità quechua ed Aymarà delle valli e dell’altipiano. I contadini furono obbligati a diventare minatori. Con le terre ormai prive di braccia, il fragile ecosistema degli altipiani fu irrimediabilmente distrutto e tutta l’economia della regione si concentrò intorno a Potosì. Così sorsero Buenos Aires e Lima-El Callao, autentiche città portuali destinate a regolare il flusso d’argento e di merci tra America, Europa ed Africa. E’ chiaro che i minatori lavoravano sottoterra fino a morirci, altro che “mita Inca”!! Ben presto si dovettero importare uomini dall’Africa per carenza di mano d’opera! L’argento delle miniere diede grandezza alla Spagna e fece sorgere i suoi favolosi palazzi, soprattutto a Siviglia dove si trovava la Casa di Contratacion che guidava il valzer dell’argento, degli schiavi e delle merci. L’economia europea in piena espansione grazie al “cash flow” procurato dall’America, generò allora un nuovo capitalismo. Probabilmente nelle facoltà di economia le cose vengono spiegate in modo diverso! All’epoca Potosì era la Bisanzio americana. È evidente, e lo dicono numerosi storici, che l’Eldorado era Potosì. Non valeva la pena di andarlo a cercare in Amazzonia! Lo sfruttamento andò avanti fino alla metà del XVIII secolo, quando la montagna i cui giacimenti sembravano infiniti, cominciò ad accusare i colpi dello sfruttamento fino ad esaurirsi. Ne furono scoperti altri in Perù e Messico e Potosì decadde rapidamente, tanto da ridursi nella prima metà del XIX secolo a soli 10.000 abitanti. Le miniere sono ancora in funzione. Dal 1952, anno in cui i minatori si ribellarono allo stato, una cooperativa gestisce il lavoro nella impressionante miniera, il Cerro Rico appunto, che domina la città, dichiarata patrimonio dell’umanità. Orari massacranti, una mortalità elevatissima, con i medesimi problemi dato che, sebbene il lavoro sia ora gestito autonomamente, i prezzi sono sempre e comunque controllati dalle grandi compagnie internazionali. Un sacco da 50 kg viene pagato pochi euro e per il fabbisogno sono necessari circa 800kg, raccolti in 3-4 settimane di lavoro massacrante, svolto con gli stessi sistemi, materiali ed attrezzature, di quando gli spagnoli controllavano il mercato dell’argento in Sud America, e stiamo parlando di 300 anni fa. La visita guidata alle miniere, anche se alquanto faticosa, serve a rendersi conto delle estreme condizioni in cui operano i minatori, costretti ad un lavoro disumano per necessità. I turni sono da 4 ore, al quale segue un’ora di riposo e così via fino a che se ne può, masticando coca ed uno strano prodotto chiamato lejia (calce) una specie di aggregante che ne accelera gli effetti e che permettono di resistere per tanto tempo a queste profondità. A tutt’oggi circa 5000 minatori, di cui 300 sono donne lavorano nelle viscere del Sumaj Orcko, il monte più bello in lingua quechua. L’argento si è ormai esaurito da tempo sotto i terribili colpi inferti all’economia ed alle popolazioni locali dagli spagnoli nei 300 anni (1545-1825) in cui controllarono il territorio. La ricerca si è ora spostata soprattutto verso lo stagno, il “metallo del diavolo”, ma anche su zinco, piombo e rame. Si va in pensione a 65 anni con una pensione di circa 500-600 bolivanos, ma il nemico più terribile è la silicosi, che già dopo 10-15 anni di lavoro in queste condizioni, mina inevitabilmente i fisici di questi disperati. Quando questa malattia ha intaccato il 50% delle capacità polmonari, si può chiedere una pensione anticipata per invalidità, ma i controlli dello stato, spesso sono volti a ritardare il più possibile questa eventualità, ovviamente per questioni economiche.
12. Potosi- Sucre km 165
Breve tragitto, completamente stradale, per concedersi la visita di un altro gioiello della zona, Sucre, dichiarata patrimonio dell'Unesco. Nel pomeriggio, visita della città. La capitale della Bolivia è una suggestiva città dall’impianto ortogonale tipico delle nuove fondazioni cinquecentesche in Sud America e ha mantenuto pressoché inalterato il suo antico aspetto coloniale fatto di eleganti edifici intonacati di bianco. Particolarità è che la Bolivia ha di fatto due capitali; infatti, il governo nazionale è insediato a La Paz, mentre a Sucre si trovano il parlamento boliviano e la corte suprema. Altra curiosità di questa splendida città è quella che per i suoi abitanti ha ben cinque nomi, ciascuno a memoria di una fase della sua storia plurisecolare: Charcasè il nome indigeno che indica il luogo in cui gli spagnoli costruirono la prima città coloniale; La Plata è il nome dato alla città insignita dal re di Spagna di privilegi e di onori; il nome Chuquisaca le venne concesso invece durante la lotta per l’indipendenza; Sucre in onore di Don Antonio José de Sucre, il maresciallo della battaglia per l’indipendenza di Ayacucho, avvenuta il 9 dicembre 1824, e, infine La Ciudad Blanca, ovvero la città bianca, soprannome dovuto al colore delle sue abitazioni.
13. Sucre- La Paz km 589
Anche oggi percorso completamente stradale, ma domani le cose potrebbero cambiare. Siamo ancora in Bolivia, fantasticamente in Bolivia, con la strada sempre in altura, percorrendo un altipiano punteggiato da villaggi sparsi.
14. La Paz- Coroico - La Paz km 195
Visita della città. Oggi per chi non vuole salire in sella alle proprie moto, possibilità di trascorrere una giornata di riposo. La Paz è la capitale più alta del mondo, una delle poche che abbia i quartieri commerciali e residenziali situati più in basso delle favelas che le dominano. La spiegazione risiede nel fatto che 7-800m di dislivello, a queste altitudini, possono migliorare di molto la vita quotidiana dei singoli e naturalmente a beneficiarne non possono essere che le classi più abbienti. La città è secondo me, bellissima. La capitale vanta una delle cornici naturali più attraenti del mondo, città panorama in degna compagnia di Rio de Janeiro, Città del Capo, San Francisco ed Honk Kong. Possibilità di visitare le Rovine di Tiawanaco. Per chi invece volesse tentare la sorte, possibilità di percorrere la strada soprannominata la “Carretera de la muerte”, La Paz- Coroico, 80 chilometri da brivido. Si scende per asfalto, si ritorna per la strada vecchia.
15. La Paz- Puno, km 444
Sono state giornate intense dove lo straordinario spesso ci ha catturato. Il nostro itinerario oggi si spinge verso il confine con il Perù, faremo dogana alla frontiera di Copacabana, per scoprire una nuova realtà di questo sorprendente continente. Da Punta Tiquina attraverseremo il lago Titicaca, a bordo di piccole ed instabili chiatte che ci trasporteranno all’altra sponda insieme ai nostri veicoli. A Copacabana, città allegra e vivace, famosa per i suoi pellegrinaggi espleteremo le formalità doganali, percorremmo una strada panoramica che ci spingerà dapprima verso sud, per poi ripiombare sullo specchio d’acqua color zaffiro incastonato ai piedi della maestosa Cordigliera Real e che domina il paesaggio. La meta di giornata è Puno, sulle sponde del lago e che rappresenta una meta imprescindibile. Non è sicuramente una città appassionante, anche se con una certa atmosfera, ma il fascino che emana il lago è addirittura straordinario: posto a 3810m d’altitudine, vasto 8000 chilometri quadrati, un gigante turchese, un occhio spalancato su di un cielo limpido solcato da basse nuvole, abbagliante, con luci incredibili ed orizzonti sterminati.
16. Puno, sosta, escursione in barca nel lago Titicaca
L’alba sul lago è qualcosa di indimenticabile, la guida la definisce uno spettacolo degno di Hollywood, ma anche i tramonti dietro le case arroccate di Puno lasciano il segno nei ricordi dei viaggiatori! Giornata dedicata all’escursione sul Titicaca ed alle isole galleggianti degli Uros, il lago navigabile più alto del mondo, a 3.810m, da sempre luogo sacro degli Incas. Gli Uros meritano un discorso a parte: popolazione ormai estinta, riportano alcune guide, pare che l’ultimo sia ormai morto da anni, minato dalla miseria e dall’alcool!! Quelli che si vedono ora sono indios Aymarà, che una volta resisi conto delle potenzialità turistiche, si sono stabiliti sull’isola e si fanno passare per discendenti degli Uros. Poco importa, siano essi Uros originali o Aymarà falsi, la visita alle isole galleggianti in totora, questa canna che si raccoglie nelle acque basse del lago, rappresenta sicuramente la principale attrattiva turistica della zona.
Isole galleggianti
“Las islas flotantes” degli uros sono la principale meta turistica della zona di Puno e nonostante un’eccessiva commercializzazione, rappresentano qualcosa di unico al mondo. Le circa 300 persone che abitano su questa specie di arcipelago vivono modestamente di pesca, dell’allevamento di anatre e della produzione di uova vendute sui mercati, tentando di mantenere le proprie tradizioni. La vita degli Uros è comunque strettamente legata alle canne dette “totora”, che crescono in abbondanza nelle acque bassa del lago Titicaca. Queste canne vengono raccolte ed utilizzate per fare di tutto, dalle isole stesse ai modellini di barche da vendersi ai turisti. Le isole sono formate da strati di canne, i quali marciscono progressivamente sul fondo ed in superficie vengono ricoperti continuamente con canne nuove per consolidarli. Sull’isola più grande ci sono diversi edifici. Anche le pareti degli stessi sono in totora, sebbene siano cominciati a comparire alcuni tetti in lamiera. Con fasci di canne strettamente legate gli Uros costruiscono imbarcazioni a forma di canoa, che usano come mezzo di trasporto e per la pesca. Un’imbarcazione di questo tipo, se fatta bene, può trasportare un’intera famiglia e può essere utilizzata per 6 mesi prima di cominciare a marcire.
17. Puno- Cuzco, km 394
Tappa interlocutoria, come può esserlo una giornata trascorsa sulla stessa strada la 3S in direzione Cuzco, per quasi 400 chilometri, sempre e comunque a più di 3000m d’altitudine. Lungo il tragitto possibilità di escursione alle montagne Arcobaleno, conosciuta come Vinicunca in quechua, tra le province di Quispicanchi e Canchis. Questa imponente montagna si eleva a 5200 metri sopra il livello del mare e offre spettacolari striature di minerali che donano alla montagna la sua affascinante varietà di colori. Questa straordinarietà cromatica è il risultato dell'azione di diversi minerali che si sono depositati e sovrapposti nel corso delle ere geologiche. Arrivo a Cusco, il punto focale del turismo in sud America, ma ancora prima, capitale del regno Inca. Tanto per cambiare saremo a 3.400m d’altitudine. Da qui secondo gli Incas ebbe origine la Civiltà e la città ricca di vestigia coloniali conserva ancora molte tracce dell’impero Incas. Domani avremo a disposizione l’intera giornata per conoscerla meglio.
18. Cuzco, riposo
Cuzco, molte agenzie e turisti autonomi arrivano qui attratti da Machu Picchu, ma come non dedicarle un giorno intero?? Il punto focale del turismo in sud America, ma ancora prima, capitale del regno Inca. Narra la leggenda, che fu fondata nel XII secolo da Manco Capac, il primo Inca, figlio del sole. Durante uno dei suoi viaggi l’imperatore conficcò una verga d’oro nel terreno ed essa scomparve: questo punto segnava il “qosqo” ovvero “l’ombelico del mondo” in lingua quechua e proprio in quel punto egli fondò la città che sarebbe diventata il centro del più grande impero dell’emisfero occidentale. Gli Inca però, ed il loro regno, durarono pochissimo, meno di un secolo, dal 1438 al 1532, anno in cui Pizarro, con la sua banda di ladroni arrivò in Sud America, regalando immense ricchezze a sé stessi ed alla corona di Spagna, e frustrante miseria alle popolazioni sudamericane. Definita la Katmandù delle Ande, Cuzco con i suoi dintorni costituisce uno dei più bei siti del Sud America. Gran parte del centro che si sviluppa intorno ad una fantastica plaza de Armas, si compone di belle case coloniali, con balconi in legno scolpito e porte dipinte in blu oltremare. Per non parlare di quello che le sta intorno. Possibilità di una visita guidata della città, a piedi la stupenda Plaza de Armas ed i dintorni del centro, la Cattedrale, edificio Inca con altare d’argento massiccio, Plaza San Francisco decorata con piante e fiori. Poi con bus privati è possibile raggiungere le altre attrazioni quali gli imponenti siti archeologici.
19. Cusco/ Ollantaytambo, treno per Aguas Calientes km 89
Tappa breve ma assai interessante. “Il valle sagrato”, è una vera e propria valle che parte da Pisac con il suo mercato, siamo a 32 chilometri da Cuzco e, seguendo il corso dell’Urubamba ed attraversando vari siti e città, arriva fino a Ollantaytambo con la sua incredibile fortezza ed i granai fortificati. La zona è un’altra attrazione del paese, con i suoi piccoli centri e mercati, tra i quali spicca quello di Pisac, assolutamente da visitare. All’arrivo ad Ollantaytambo, una volta parcheggiate le moto, saliremo sul treno alla volta di Aguas Calientes dove sosteremo per la notte. Un espediente nella speranza di avvantaggiarsi nei confronti delle masse che quotidianamente invadono, quello che probabilmente è il sito archeologico più visitato delle Americhe.
20. Aguas Calientes, bus per Machu Pichu, Aguas Caliente- Ollantaytambo, treno
Al mattino saremo fra i primi a percorrere in pullman di linea i 5 chilometri per arrivare a 2.400m d’altitudine del sito archeologico di Machu Picchu, uno dei luoghi più affascinanti, visitati ed ammirati dell’intero continente. L’avvicinamento è spettacolare, con passaggi in gole strette e fra montagne che sembrano disegnate; l’atmosfera soprannaturale che regna a Machu Picchu è una delle più belle al mondo, sicuramente la località più famosa e spettacolare del sud America. La città perduta degli Inca, che Pizarro cercò invano e che Hiram Bingham, archeologo americano, solo nel 1911 e del tutto accidentalmente riuscì scoprire, un vero caso fortuito. Ciò si spiega perché la città è arroccata in cima ad una montagna tagliata in modo da renderla perfettamente invisibile dalla valle. La Città Perduta, capolavoro degli Incas, con la Cittadella su un piccolo cocuzzolo dominante il Rio Urubamba. Al termine, trasferimento con i bus di linea alla stazione ferroviaria e ritorno in treno a Ollantaytambo.
21. Ollantaytambo- Abancay, km 267
A questo punto, dopo quasi tre settimane di viaggio, il senso di appagamento potrebbe assalirci!! La totalità dei viaggiatori, si spinge decisamente verso ovest, l’oceano, la Panamericana ed in particolare Nazca. Come dargli torto?? Un mega trasferimento potrebbe divorare in un sol boccone una parte del paese, potrebbe……ma dalla lunghezza della tappa avrete capito che qualcosa non torna. Premettiamo che Abancay non è il posto migliore per soggiornare, dovremo adattarci, ma è una scelta imposta dalle nostre decisioni in merito all’itinerario dei prossimi giorni. Scelte audaci, speriamo in bene!! Intanto la sorpresona di giornata, praticamente alle porte di Abancay, deviamo repentinamente a destra, in direzione nord, verso il piccolo, sconosciuto, appartato villaggio di Huanipaca e da qui ci dirigeremo verso ovest su questa strada pazzesca, letteralmente scavata nella roccia di una imponente montagna, che ci permetterà di guidare dominando il paesaggio come se stessimo volando e potessimo sfiorare il cielo, sospesi nel vuoto!! Viene definita, forse a ragione, la “carretera de la muerte” del Perù, in competizione con la omonima gemella boliviana. Non anticipiamo niente ma sarà bene prepararsi allo straordinario e la sera a tavola tutti a discutere su quale delle due sarà eletta come preferita!!
22. Abancay- Ayacucho, km 388
Un’altra giornata su strade sconosciute e che strade, le nostre strade!! In genere la maggior parte dei viaggi organizzati, come già anticipato, dopo l’estasi in alta quota, di Machu Picchu, Cusco e del Valle Sagrado, punta decisamente verso l’oceano e le linee di Nazca………noi no, non ci accontentiamo, non possiamo!! Ce ne andiamo in tutt’altra direzione, verso nord, verso l’interno, per la Perù 3S, che è la migliore alternativa viaria possibile. Una zona che è rimasta chiusa al circuito turistico per anni, la guerriglia intimoriva non poco chi si avventurava per queste montagne!! Ma l’itinerario ci introduce in un’altra area geografica del paese, sconosciuta ai più ma forse ancor più sorprendente, poi che inaspettata. Arrivo di giornata sarà Ayacucho che merita una sosta, perché la cittadina e la sua popolazione sono stati protagonisti di eventi chiave nella storia non solo del Perù. Il nome di questa località è riportato nella descrizione della giornata di Sucre. L’indipendenza di tutta l’America latina, ha origine proprio dalla vittoriosa battaglia nella guerra di indipendenza ispano-americana che qui si svolse nel 1824. La città andina più affascinante del paese dopo Cuzco. Sosta interessante non solo per chi è attratto dalla storia di questa regione veramente particolare, ma perché qui regna una atmosfera speciale ricca di fascino, forse difficile da descrivere, che condensa una miscela di fierezza, di timore ed estremismo culturale…….
23. Ayacucho - Huancayo, km 305
Questo è un paese immenso, ma ce ne siamo già accorti nei giorni precedenti. Grande quattro volte l’Italia e con una varietà topografica e paesaggistica spesso sorprendente, esercita un richiamo feroce, ipnotico su qualunque viaggiatore, e sicuramente rappresenta la garanzia di percorrere strade emozionanti, anche quando si esce dai sentieri che sono comunemente battuti da un turismo di massa. La giornata racchiude senza dubbio tutte queste caratteristiche. Approcciamola con calma e la solita curiosità, viaggeremo alle solite altezze siderali. Si continua nei limiti del possibile in direzione nord, considerando che l’orografia del territorio è spesso brutalmente incoerente, anche seguendo la strada principale. Il tracciato è, tanto per cambiare, tortuoso, stretto e ricco di sorprese paesaggistiche. La tracciatura potrebbe sembrare inutile, ma non distraiamoci più del dovuto. Per lunghi tratti, saremo ancora sulla solita Perù 3S, ormai la nostra spettacolare compagna di viaggio.
24. Huancayo - Paracas, km 443
Quetsa è la giornata in cui ci avvicineremo di più alla capitale e che essenzialmente racchiude il motivo dello spingerci tanto a nord. Probabilmente la sorpresa del viaggio, quella che non ti aspetti, è celata nei primi chilometri della tappa odierna: il Canyon de Uchco!! Ho letto da qualche parte: “Se hai intenzione di viaggiare in Perù e ti piace visitare luoghi dove la natura sembra aver meticolosamente scolpito ogni dettaglio, questo luogo non può essere lasciato fuori dal tuo itinerario.” E noi siamo appunto qui!! Il Canyon fa parte della Riserva Paesaggistica Nor Yauyos-Cocha, una bellissima regione ricca di laghi e circondata da montagne. Ad ogni chilometro percorso il paesaggio cambia e la strada costeggia pendii rocciosi, dove un fiume dalle acque verdastre dona dei riflessi smeraldo allo scenario montuoso. La strada diventa sempre più stretta, e in molti momenti potrebbe essere necessario fermare la moto per far transitare altri veicoli proveniente dalla direzione opposta. Percorrendo la Carretera Cañete Yauyos attraverso piccole città che sembrano essersi fermate nel tempo, ci ricongiungeremo alla Ruta Panamericana o Ruta 1S, direzione Paracas, nostro punto di arrivo di giornata, dove sosteremo un giorno e che sarà il punto di partenza delle escursioni di domani.
25. Paracas, sosta
La Penisola di Paracas e le sue bellissime insenature rappresentano uno dei gioielli del litorale meridionale peruviano. Giornata completamente a disposizione. L’area offre diverse possibilità di svago: visitare in moto la Reserva Nacional de Paracas la più importante riserva naturistica della costa peruviana, con dune di sabbia e piste sterrate; compiere l’escursione di 4 ore circa, alle splendide isole Ballestas, non prima di aver ammirato il gigantesco candelabro, tracciato sulla riva dai Paracas e visibile soltanto dal mare, degno preludio a quello che ci attenderà il giorno seguente a Nazca; surfare sulle dune di sabbia od affittare dei quad per scalarle, godersi la giornata di riposo in piscina.
26. Paracas- Nazca, km 260
La città di Nazca è situata ai piedi delle Ande, dove nel deserto nelle sue vicinanze, sono state disegnate le linee di un gigantesco calendario astrologico, esteso su una superficie di varie centinaia di chilometri quadrati. Chi non conosce Nazca e le sue Linee? Le sue incredibili figure disegnate nel deserto, sono visibili solo dall’alto, a parte un mirador, situato a 30 chilometri circa dal villaggio, lungo la Panamericana, ci transiteremo alla fine della tappa odierna, e da cui è possibile ammirare 3 disegni: una mano, una lucertola ed un albero. Comunque, l’escursione aerea è caldamente consigliata, anche a chi soffre il volo su questi piccoli piper.
Le linee di Nazca
Giungendo da nord, prima di entrare nella cittadina di Nazca, si attraversa un enorme altipiano desertico, simile a quello del Tademait, nel Sahara. È in questa pampa arida che nel 1939 furono scoperte delle strane figure, tracciate probabilmente tra l’anno 300 ed il 900 d.C. La strada Panamericana, taglia in due la zona. Questi motivi giganteschi, disegnati od incisi direttamente nel deserto di Nazca, si estendono per decine di chilometri. Tutto intorno sono scavate nella roccia curiose figure di animali stilizzate. Sono immagini che valicano burroni e scalano le alture senza alcuna interruzione delle loro forme e delle linee rette. Linee gigantesche, che somiglino a profondi sentieri, larghi talvolta oltre 3m e che a tutt’oggi non si sa per mano di chi e soprattutto perché, furono eseguite. Gli archeologi hanno riconosciuto un calendario astronomico, ma non possono affermare con sicurezza perché si trovi nella pampa. Per altri la forma dei motivi, le conoscenze rivoluzionarie dei suoi abitanti di ingegneria idraulica, considerando che mille anni dopo, i loro canali sotterranei che provvedono all’irrigazione dei campi, funzionano perfettamente, farebbe pensare a scambio di tecnologie tra la civiltà di Nazca e quella di Tihuanaco, più a sud sulle rive del lago Sacro. I sacerdoti di Nazca erano astronomi provetti. Si pensa oggi che questi siano copie delle figure formate dalle stelle e che permettevano di registrare il movimento esatto degli astri. Ma l’aspetto più misterioso resta quello delle gigantesche linee rette che si scavalcano. Secondo certi etnologi che sanno davvero osare con le teorie (ma sarà davvero esagerato?), sarebbero opera di extraterrestri. Per altri servivano come riferimento per gli allineamenti del Sole, della Luna e di altre stelle, onde poter calcolare il susseguirsi delle stagioni. Secondo la matematica Maria Reiche, che trascorse gran parte della sua vita studiando le linee, non a caso definita “la dama di Nazca”, erano un calendario astronomico usato per l’agricoltura. Per altri ancora, e terminiamo con le ipotesi, le linee erano camminamenti rituali che collegavano gli huacas, i siti di importanza religiosa. Questa teoria è sostenuta anche da Giuseppe Orefici, una delle massime personalità nel campo, direttore del museo di Nazca. A questo punto sorge spontanea una domanda: chiunque le abbia realizzate, come faceva a sapere cosa stava facendo se le linee si possono vedere bene solo dall’alto? Jim Woodman ritiene che i Nazca fossero in grado di costruire mongolfiere che gli permettessero di osservare le linee dall’alto.
27. Nazca- Canyon de Colca- Yanque, km 681
La tappa più lunga dell’intero viaggio scorrerà via fluida per gran parte della giornata in un contesto naturistico che definire sorprendente apparirà già dai primi chilometri oltremodo riduttivo. Alla fine, però si tornerà verso l’interno e le sue imponenti montagne. Ma prima ci attende un bellissimo tratto di Panamericana, stupendo, solitario, dove incontrare altri veicoli diventa un evento, un percorso tortuoso dominato da un mare verde, tagliando dune giganti che piombano vertiginosamente nell’oceano. Tanti chilometri, una specie di trasferimento panoramico in uno dei tratto più desolati del paese!! Anche la garua, la nebbia che spesso copre una parte del paesaggio non riuscirà a limitare particolarmente la spettacolarità del luogo. Ma le sorprese non sono finite. La più spettacolare escursione della zona è senza dubbio quella per giungere al Canyon de Colca. Ci arriveremo seguendo un percorso inedito e sterrato. L’obiettivo di giornata, senza ombra di dubbio, che con i suoi 3.182 mt è fra le gole più profonde del mondo. La strada tortuosa è affiancata da tre Vulcani di imponente altezza che fanno da sfondo e supportano un panorama già di per sé straordinario!! Famosa la “Croce del Condor”, che troveremo lungo il tragitto e dove si possono ammirare decine di questi rapaci che, sfruttando le correnti termiche del luogo, si tuffano dai dirupi su uno splendido paesaggio di terrazze e coltivazioni. Termineremo le nostre fatiche a Yanque, all’interno della Reserva Nacional Salinas y Aguada Blanca, con un’altitudine media, tanto per cambiare di 3850m!!
28. Yanque- Arequipa, km 372
Quella di oggi può essere definita una tappa interlocutoria, come lo può essere una normale giornata tra le montagne peruviane e a cui siamo ormai assuefatti!! Un breve tratto sterrato, per attraversare il parco nazionale Salinas y Aguada Blanca, stabilendo un altro piccolo record di questo viaggio: la strada sale addirittura a 4980m d’altitudine, poi la sterrata 34E che diventerà 34J, per poi inforcare la strada nazionale PE34A. Ma saremo per gran parte della giornata ad una altezza media di 4.000 metri attraversando pittoreschi villaggi che punteggiano le Ande e valicando passi stratosferici. Punto di arrivo di giornata è Arequipa a 2325m, la città bianca, la seconda del Perù, ma che non ha niente a che vedere con la prima, la capitale: bella, moderna, storica ed animata sul piano economico, con in più un clima davvero invidiabile. Non ha una vera stagione fredda. D’inverno rinfresca un po’ di sera, ma restano sempre i suoi 300 giorni di sole all’anno. Niente male soprattutto comparata a quello che può offrire Lima!! Buona parte dell’abitato e costruita con una roccia vulcanica di colore molto chiara, da cui il suo soprannome. Sicuramente da visitare il Monastero di Santa Catalina, un convento che si estende su di una superficie di 20.000m quadrati, e che occupa un isolato intero. Una città dentro la città. L’edificio religioso più bello del Perù e probabilmente di tutto il Sud America.
29. Arequipa- Arica, km 463
Ultima tappa, ma le sorprese non sono finite!! Lo so, siamo stanchi, ma siamo anche in dirittura di arrivo, un altro piccolo sforzo. Costeggeremo l’Oceano per gran parte della giornata, esattamente come avevamo fatto all’inizio del viaggio. Si rientra in Cile, ancora paesaggi incredibili, ancora strade spettacolari tenendo a vista il Pacifico per quasi tutta la giornata!! Ore di guida, godendo la bellezza della costa, dei paesaggi, facendo soste per gustare un Inca Kola, scattare foto, fare due chiacchiere con la gente. Dopo quasi un mese di viaggio saremo già stanchi di tutto ciò?? Ultimi chilometri in Perù, questa terra straordinaria ci saluta alla sua maniera, mai banale. Passaggio di frontiera ed arrivo ad Arica, è quasi finita!!
30. Arica, consegna dei mezzi, volo per Santiago
In mattinata, riconsegna dei mezzi, è trascorso un mese dal nostro arrivo, i chilometri percorsi sono più di 7000, c'è poco altro da aggiungere!! Coincidenza aerea per la capitale Santiago, è davvero finita!!
31. Santiago, rientro in Italia
Volo di ritorno in Italia.

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