06 luglio 2012

Barcolana in moto, 11-15 ottobre


In Friuli Venezia Giulia, in occasione dell’evento tanto atteso dai triestini e da tutti i velisti, la Barcolana, alla scoperta di un territorio di confine ponte tra l’Occidente e il Centro Europa. Un mix di caratteri mediterranei e mitteleuropei. Ci spingeremo fino all’estremo lembo orientale della regione, e a ridosso del confine con la Slovenia, per raggiungere il Collio, zona di produzione di pregiati vini ai quali, fra i primi in Italia, è stata riconosciuta fin dagli anni ’60 la Denominazione di d’origine Controllata. Faremo poi tappa in Istria, terra che affascina per la bellezza del paesaggio dai colori vivi: ci lasceremo avvolgere dal verde dei campi e delle montagne, fino a raggiungere l’azzurro del mare. 



   PROGRAMMA  











03 luglio 2012

HOGS

Maiali, così vengono definiti le centinaia di migliaia di bykers, che ogni anno si riuniscono a Sturgis, South Dakota, per dare vita ad uno degli appuntamenti più kitch, che il calendario motociclistico, statunitense e non, possa annoverare fra le sue date.
ITINERARIO- Sturgis, Black Hills National Forest, Custer State Park, Badlands National Park, Pine Ridge Indian Reservation,  Devils Tower State Park, Sturgis.
REGIONI INTERESATE- South Dakota, Wyoming
La strada corre diritta sia davanti che indietro, trapassandomi come una freccia. Il South Dakota, come tutte le praterie del nord, è un posto assolutamente privo di curve, e non mi riferisco solo alla strada, ma anche alla terra, al volo degli uccelli, alla mentalità delle persone.
Potrei dire che ogni cosa è ad angolo retto: i campi coltivati, le geometrie degli steccati, anche i caratteri somatici delle persone che le popolano. Che stia diventando paranoico?
Arrivando da est, dopo circa 7000 km. percorsi, tutta questa strada mi stordisce inebriandomi allo stesso tempo: una vastità senza misura!
All’inizio i dubbi mi avevano assalito: I 90 (ma le autostrade sono per chi ha fretta) oppure qualche strada secondaria?
Avevo optato per la seconda ipotesi, ma dopo aver attraversato il Mississipi, arrivato a Rochester, mi ero immediatamente reso conto che era preferibile accettare i consigli di tutti quelli che avevo incontrato.
Strada, quanta strada!!!
La meta è Sturgiss, che in Agosto è senza dubbio uno degli appuntamenti più importanti nel panorama motociclistico nazionale statunitense.
Questo è comunque un evento al quale si può partecipare anche partendo da un punto fisso dove si farà ritorno ogni giorno, senza doversi sparare un’overdose di km., in un estenuante, (ed eventualmente inutile in caso di tempi a disposizione piuttosto ristretti) cavalcata dalla costa est. Infatti, trovare una moto qui, ad Agosto, non rappresenta assolutamente un problema.
Controindicazioni? Calcolare le difficoltà inevitabili per trovare una sistemazione in un luogo che ogni anno viene assalito da circa un milione di animali tatuati con circa 600000 moto al seguito, perlomeno queste sono state le stime ufficiose dell’ultima edizione (penultima per l’esattezza, ero lì nel 2000).
Quindi, la possibilità di trovare un qualsiasi tipo di sistemazione, dai campeggi ai motel, dagli alberghi alle case che mettono a disposizione lo spazio giardino (a Sturgis ne ho visti alcuni a prezzi da Ritz) o semplici camere, sarà direttamente proporzionale all’avvicinarsi al buco nero della manifestazione.
Va da se, che anche i prezzi risentiranno di tutto ciò. Ai $ 35 per un posto tenda in città (ma era inclusa la prima colazione!!!!), ci sono tanti piccoli centri, soprattutto nelle Back Hills, ugualmente interessanti per quanto riguarda l’evento motociclistico, e che permetteranno di risparmiare qualche dollaro.
Lo spettacolo, soprattutto per un non americano, è assicurato, complice anche la bellezza dei posti visitabili con delle gite fuori porta, di appena una giornata. E quante moto, tante da poter fare indigestione di cromature e colori, serigrafie, scarichi luccicanti per almeno un paio di mesi!!!
Dovunque vi allontanerete, nel raggio anche di più di 150 miglia dall’epicentro della manifestazione, il risultato sarà sempre lo stesso: moto, moto, ed ancora moto.
Per quanto riguarda i“ maiali” in canottiera, bandana e tatuaggi, il primo pensiero sarà sicuramente: ”minchia questi sì, che sono veri” 
Ma non fatevi intimorire dall’aspetto di quelli che poi sono i padroni di casa certamente, ma che non hanno sicuramente più niente a che fare col mucchio selvaggio, o con i film di Marlon Brando, protagonista nel film “il selvaggio”, od al mitico Easy rider, con Peter Fonda, Dennis Hopper e Jack Nicolson.
L’ottanta per cento di loro (non è una stima ufficiale, ma credo di avvicinarmi abbastanza alla realtà) giungono in Sud Dakota a bordo di mega super accessoriati motor home con carrello al seguito, sul quale sono adagiate, al riparo dalle intemperie, e soprattutto dei guasti (cosa pare assai ricorrente nelle Harley, anche per stessa ammissione dei proprietari) le loro sfavillanti cavalcature.
Continuo le mie elucubrazioni mentre la strada continua scorrere sotto le ruote.
Ripenso alle parole lette in un libro letto qualche anno fa che parlava di un viaggio nelle praterie del nord: ”Se avessi sparato un colpo di fucile davanti a me, avrei sicuramente trovato la pallottola un miglio più in là, proprio in mezzo all’asfalto”
Potrebbe essere vero? Mah, non so, forse sì.
Almeno, una volta entrati in South Dakota, seguendo l’autostrada ci si potrà divertire ad osservare i cartelloni pubblicitari, presenti in numero eccessivo, ma con forme, colori che spesso catturano l’attenzione per la loro originalità.
Sempre seguendo consigli di occasionali conoscenze fatte per strada, abbandono l’I 90 all’altezza di Murdo per la 83 direzione sud, e poi prendo a dx sulla 44.
I tabelloni pubblicitari scompaiono, cambiano le dimensioni delle strade ed anche i numeri che compaiono sui cartelli, ma niente di più.
La piattezza dell’orizzonte all’improvviso si spacca. L’occhio non è pronto ad un cambiamento così improvviso dopo centinaia di km.
Le Badlands, “mako sica” nel linguaggio dei nativi americani che per primi le popolarono, si stagliano all’orizzonte interrompendo questa piatta, costante, continuità.
Il termine sta a significare terre cattive, fedelmente tradotto dai colonizzatori che le attraversarono nell’800.
Anche i cacciatori franco canadesi non ebbero definizioni molto più entusiastiche nei suoi confronti, chiamandole les mauvaises terres a traverser (le terre difficili da attraversare).
Ma ormai dopo più di un secolo le cose sono molto cambiate, le difficoltà sono ormai un semplice ricordo del passato, e arrivo intenzionato a passare la notte nei pressi del parco per godermi appieno le prime luci del mattino su questo paesaggio lunare. Ho la fortuna di essere in anticipo rispetto all’inizio del Rally, (il raduno viene chiamato così dai locali) quindi nessun particolare problema per la sistemazione. Ma, come al solito intervengono le mie tasche (perennemente in crisi di contanti), ed una volta constatato che anche per piazzare solo una tenda, non me la caverò con meno di 14 $, decido di fermarmi per socializzare e spararmi un paio di birre, in uno stand allestito appositamente per i bykers.
Premetto che siamo ad Interior, quasi 200 km., per la via più breve, da Sturgis.
Alla 3° birra (vabbè, appena una in più di quanto avevo programmato), tutti gli astanti, 3 o 4 tipici cow-boys, sono a conoscenza del mio problemino.
Mike, meccanico del piccolo villaggio, trasformatosi per un paio di settimane, come ogni anno d’altronde, in un barman un po’ particolare dato la sua spiccata capacità di trangugiare birre a ritmi da competizione, non esita ad invitarmi a piazzare la tenda nel giardino retrostante: ” tanto i miei genitori non dicono niente!”
Questa è una caratteristica che mi aveva già colpito in altre occasioni: l’estrema, elastica mentalità dell’americano, confermata anche dal fatto che nel periodo del Rally (viste le dimensioni e l’importanza della manifestazione la maiuscola ci può anche stare), praticamente tutti gli abitanti della regione, per almeno un paio di settimane, stravolgono le loro abitudini, ed anche i loro interessi.
Non sarà difficile trovare una parrucchiera che cucina hamburger, o un meccanico che vende birre (vero Mike?), o addirittura uno stimato professionista che s’improvvisa gestore di campeggi abusivi nei giardini della propria casa.
Comunque accetto, manco a dirlo, assai volentieri, e termino la serata, montando la tenda, assalito, sì letteralmente assalito da Rick, Helly e Macy, nipotini di Mike, che mi tempestano di domande (Helly, la più grande, circa 6 o 7 anni, addirittura mi consiglia di migliorare la mia grammatica), mi saltano addosso, mi entrano nella tenda (no fermi, questo no!), e si fanno portare a cavalluccio a turno dal sottoscritto. Sto soccombendo, ma intervengono in mio aiuto i genitori di queste pesti. Avete mai pensato a quanta energia hanno i bambini?
Il parco, complice anche una splendida luce mattutina, con le sue caratteristiche guglie rocciose, erose dalle intemperie, i pinnacoli ed i canyon che si stagliano a perdita d’occhio, neanche a dirlo è meritevole di visita.
C’è una sola strada, la 240, che lo percorre, in quella che è sicuramente la sua parte più attrezzata, ma una volta arrivato nei pressi dell’uscita nord prendo a sx per l’unico sterrato che si vede per spingermi ancora più a sud, fino a Scenic, uno dei posti più di frontiera mai visti in vita mia, prima di entrare nella riserva indiana di Pine Ridge, mia prossima meta.
Lo sterrato (circa 23 miglia) è facilissimo, ho incrociato persino un Gold Wing con passeggero, quindi nessun problema.
Ed è proprio qui, a Scenic, S.D., che mi imbatto in un gruppo di ragazzi del New Hamphshire.
Sinceramente sono un po’ in difficoltà perchè, quando parlano fra di loro, ho praticamente le stesse chances di capire un cinese incazzato per le vie di Pechino ma, mi assicurano, nel sud del paese, le cose peggioreranno e di molto.
Loro sono piazzati nelle Black Hills, io ci arriverò solo tra qualche giorno, comunque mi offrono una parte della loro area campeggio (anche loro naturalmente sono in camper con tanto di carrello al seguito!!!!), tanto per confermare la naturale e spontanea ospitalità che mi ha accompagnato fino ad ora.
Risultato: 3 giorni stupendi, trascorsi scorazzando in lungo ed in largo per le Black Hills, molestando le ragazze del Camel tent (Heather su tutte, ed anche di diverse lunghezze), o passando la notte nel moose salloon di Hill City, dove tutto è permesso dopo una certa ora ed un certo numero (tante a dire il vero) di birre. 
Ciao, Rick, Alyse, Scott e Skibby, e grazie.
Qui le grandi praterie danno un attimo di respiro al viaggiatore con le Black Hills, che sono sicuramente la maggiore attrazione degli stati delle pianure. Il nome colline nere, che deriva dal colore scuro dei pendii, fu coniato dai Lakota Sioux, per i quali rappresentavano un luogo sacro.
Bisogna calcolare almeno una settimana per percorrere le numerose strade panoramiche, alcune delle quali veramente spettacolari, che attraversano questi 4856 kmq.
Assolutamente da non perdere la Needles scenic drive (n.87), la Peter Norberck Byway (n.16), dalla quale di tanto in tanto compaiono in lontananza (Norberck overlook e scendendo verso Keystone) le 4 teste dei presidenti del Mt Rushmore National Monument, talmente gigantesche (ben 18m!!!), da essere visibili anche a km. di distanza, ed il Wild life loop road, nel Custer State Park.
Quest’ultimo merita una piccola puntualizzazione: il parco statale, oltre che per la bellezza degli scenari, è famoso per la presenza piuttosto massiccia di mandrie di bufali che pascolano allo stato brado, completamente indisturbati.
Basta semplicemente osservarli per capire che 2 tonnellate così ben distribuite hanno assolutamente la precedenza, e non per questioni di codice stradale.
E’ bene ricordarselo.
Discorso diverso per le Devils Tower, altra gita da una giornata, poiché, sia che si percorra la I 90 che le statali al confine col Wyoming, il rettilineo diventa drammaticamente, inesorabilmente, interminabilmente protagonista.
Questo luogo è stato reso famoso dal film di Steven Spielberg “ Incontri ravvicinati del terzo tipo”, anche se già i nativi americani, che ancora lo considerano un simbolo religioso e culturale, lo avevano definito “ il cuore di tutto ciò che esiste”, e sicuramente l’imponente roccia d’origine vulcanica, alta circa 300m., vecchia di circa 60 milioni di anni, non passa certamente inosservata.
Se doveste capitare in South Dakota nel periodo del raduno, e non vedo altre possibilità, approfittatene anche per partecipare ad un Pow How, un festival indiano; c’è n’è uno abbastanza importante, arrivato quest’anno alla centesima edizione, che si svolge alla fine di luglio nella cittadina di Pine Ridge, e ad un Sundance. Io ho assistito a quello di Porcupine, ma quello più famoso, che richiama migliaia di persone (non so se sia un bene od un male), si svolge, e sempre nello stesso periodo, nel piccolo centro di Rosebud.
Il primo è paragonabile ad una nostra sagra, con danze in abiti tradizionali, rodeo, esibizioni varie.
Tutto bello, tutto molto americano, ma dietro le quinte? Arrivo nel tardo pomeriggio, ed oltre al problema di assistere al Pow How, devo affrontare, come al solito, il discorso dell’alloggio.
Gli indiani si accampano nell’area circostante lo spiazzo dove avviene la manifestazione, e dopo aver fatto un giretto chiedo il permesso di accamparmi ad una famiglia che nonostante le 3 tende ha ancora un po’ di spazio disponibile. Qualche battuta sulla pericolosità della moto parcheggiata in un luogo dove corrono e giocano diversi bambini, ma vengo comunque invitato a fermarmi per la notte. Qui il campeggio è gratuito, ma per la prima volta negli Stati Uniti, le condizioni non sono propriamente da nord America: qualche migliaia di nativi, un bianco (il sottoscritto), e, udite udite, circa una trentina di bagni (forse meno!), sparsi nell’accampamento. Naturalmente l’ospitalità è scontata, ma il problema dell’alcolismo, è assai vivo e, credo rappresenti un reale problema.
Dieci Orsi, capo comanche, davanti al consiglio degli sciamani nel 1867 diceva: ” Io nacqui dove il vento soffiava liberamente, e dove non c’era nulla a bloccare la luce del sole. Io nacqui dove non c’erano recinti, e dove ogni cosa respirava liberamente. Io voglio morire là, e non chiuso tra mura.”
Diventa difficile pensare che questi siano i discendenti di persone così fiere.
Certo, non sono tutti così, ma sicuramente la percentuale degli alcolizzati, è altissima!
Discorso diverso per il Sundance: qui gli alcolici sono vietati, ma se devo spiegare che cosa sia, mi mettete in difficoltà.
Non è una preghiera, né un’iniziazione, né una festa, e tanto meno una danza: forse è tutto ciò, ma sinceramente, alle mie domande, tutti mi hanno risposto che il Sundance è semplicemente il Sundance, bò!
Unica cosa, vi ricordate sicuramente nel film” l’uomo chiamato cavallo”, quando il protagonista Richard Harris, una volta trapassatigli i pettorali con degli artigli, viene appeso per gli stessi e fatto roteare fino allo stremo delle sue forze?
Bene, il Sundance, è anche questo, con l’eccezione che coloro che si cimentano in questa prova, non vengono appesi come dei salami, ma si limitano semplicemente a danzare intorno ad un totem, al quale sono tirati da una fune, ma non credo che la cosa sia comunque piacevole. Alla prova ho visto partecipare anche dei bianchi, quindi se decideste di mettervi alla prova, qui potrete farlo.
Una volta nella riserva di Pine Ridge, approfitto dell’occasione per visitare anche il sito del massacro di Wounded Knee, sicuramente una delle zone meno pubblicizzate degli Stati Uniti.
Qui infatti, nel 1890 (14 anni dopo la battaglia del Bigh Horn, 8 anni dopo la resa di Toro Seduto, appena 3 dalla resa di Cavallo Pazzo) l’esercito reagendo alla rinascita di una tradizione religiosa dei nativi, la Danza degli Spettri, compì la distruzione finale del popolo Sioux massacrando letteralmente 300 persone, in gran parte donne e bambini, in una delle pagine più tristi della storia americana.
Gestito direttamente dagli indiani, il luogo offre soltanto un cimitero malandato e l’edificio dei bagni, diventato da pochissimo un visitor center.
Ok, è tutto, anche perché il mio viaggio verso il grande nord deve continuare prima che l’inverno alaskiano, assai precoce a quelle latitudini mi sorprenda su qualche pista.

02 luglio 2012

PAMIR 2012



Preparando questo post, sono andato a rileggere i diari del giugno 2011, nel periodo trascorso a Tashkent: obiettivamente un disastro!!! Una serie di contrattempi inimmaginabili, in fondo trovate anche i link di questa sconsolante ma unica esperienza, che avevano fatto sì che, una volta rientrati, mi facessero pensare di non avere nessuna intenzione di ritornare per completare "l'opera"!! 
Invece......2 agosto, con 2 compagni, Ettore e Pierandrea, si ritenta!! arrivo a Tashkent, Pamir highway, da percorrere tutta, speriamo, includendo anche il Torugart Pass e rientro via terra!!!
una piccola presentazione video, con i filmati girati l'anno scorso.
Buona visone.



i post dell'anno scorso:

28 giugno 2012

NORVEGIA strade perdute 2012





21 giorni, giugno 2012, km 9140
La memoria, la mia naturalmente, è labile, ad una certa età poi, si stabilisce in quell’altipiano dimenticato che spesso trascende nella demenza senile!!
“sì, ma, forse, perché, mi pare, ma no!”
Fatto sta, che Skagen, the land end, una delle tante fini geografiche di cui è letteralmente tappezzato il mondo, era il posto dei miei ricordi, quello dove nel 2008, di ritorno dall’ennesimo viaggio in Islanda, avevo trovato, insieme ad altri compagni, il paradiso, uno dei tanti, delle ostriche. Ho il navigatore, la tracciatura dei percorsi riportata sul computer, tutto memorizzato, archiviato, basterebbe un uso normale della tecnologia a disposizione, ed invece no, devo andare a memoria, perdendo un’infinità di tempo, alla vana ricerca in tutti i villaggi dopo Frederikshawn, di segnali che mi confermino che non sono completamente rincoglionito! Alla fine, quando ormai sono rassegnato a giustificare questa inutile deviazione con la semplice vista del faro su questa lingua di sabbia protese verso la Scandinavia, ecco l’ostello e questo strano semaforo che diventa rosso al sopraggiungere dei veicoli. E’ tardi, conosco gli strani orari degli indigeni, sono in moto da questa mattina, via il più rapidamente possibile a verificare l’apertura dei locali. Il piccolo porto ospita sulle banchine dei moli alcuni ristoranti. Il ragazzo che sta entrando in una specie di magazzino adiacente al locale, mi conferma che ho circa un’ora e poco più di tempo. Torno all’ostello, che è una scuola, ma nonostante siano quasi le 20, e ancora assediata da una scolaresca. Provo ugualmente ad intrufolarmi ma una corpulenta signora che non parla inglese ad ampi gesti mi fa capire che la struttura è chiusa e che per il sottoscritto per dormire sarà un tormento, soprattutto economico!!!
Il conto alla rovescia, inesorabile, mi lascia un’altra possibilità presso un privato, bella depandance, tutta in legno, bagno, cucina…..50mila corone danesi= 70€!!!
Abbozzo una battutina, la speranza è quella di avviare una trattativa, niente, una statua di sale! Via di corsa allo Skagen Fisk Restaurant. Parcheggio in zona vietata, di fianco ai tavoli esterni ed entro: al posto del pavimento sabbia, il ragazzo di prima: “hai fatto presto!”
“lasciamo perdere va! Ho fame!”
Mi fa accomodare, mi siedo con tutte le intenzioni di compiere un massacro, una vera e propria carneficina ittica. Ignoro con scaltrezza la parte destra del menu, che mi occhieggia malignamente prezzi esorbitanti ed inizio: 12 ostriche ed un bicchiere di vino della casa che costa come una bottiglia equivalente da noi!!
Secondo bicchiere.
Fried alibut, ma sostituisco il tappeto di pasta, con patate bollite, pomodorini e pesto.
Terzo bicchiere.
Al tavolo di fronte servono una montagnola di cozze in un coreografico secchiello di acciaio. Chiamo il cameriere e gli faccio notare che i mussels sono uno dei miei piatti preferiti. Mi guarda un po’ sbalordito: “le patate di contorno sono gratinate con delle erbe aromatiche”
“porta anche quelle!”
mi rendo conto che sto letteralmente mangiando la camera di questa notte e probabilmente anche quella di domani, pazienza ho la tenda!
Quarto bicchiere di vino.
Cestello vuotato!!
811,32 corone danesi, niente cambio in valuta, i curiosi controllino su cambio valuta
Nonostante la legnata, sono soddisfatto e pronto per andare a vedere stò benedetto faro! La punta della penisola ospita un centro accoglienza ed un museo dei bunker, questa parte della Danimarca ne è piena. I bagni sono igienicamente inappuntabili, il ciclope illuminato mi occhieggia in lontananza, spengo la moto, oggi ho percorso 975km, sono sufficienti, piazzo la tenda e me ne vado in bagno!!

Se vi accompagnano in Norvegia promettendo di farvi vedere cose fantastiche, non pensiate di avere a che fare con persone incredibilmente capaci di trovare strade e paesaggi sbalorditivi. Qui lo straordinario è la norma!! Arrivo a Kristiansand, sbarco, e dopo 8km sono su una strada stupefacente, la 452, dopo 12, sula 453, ne dovrò percorrere 60 per incrociare una macchina, continuando così fino al bivacco su un lago nel piccolo campeggio di Fiussen.
Ed una volta preso il ritmo giusto, il percorso scorre via sotto le ruote, giusto leggendo strade secondarie su una cartina dettagliata 1/350000, un gioco divertente e piuttosto facile!!
Ma le montagne norvegesi, anche in primavera inoltrata garantiscono variabilità e sorprese climatiche!!! Vai a dormire con il sole ed una temperatura mediterranea, ti svegli con nuvoloni e temperature non propriamente primaverili!!!
Giornata veramente di merda, strade fantastiche, mi fermo su passi di oltre 1300m, che a queste latitudini diventano vette himalayane. Gli ultimi 2 valichi, vengo letteralmente sommerso da una valanga d’acqua e qui succede qualcosa, mi fermo per cambiare i guanti e vedo che dalla parte anteriore del fumo sale in alto! Un segnale che indica sofferenza per un veicolo di oltre 120000km!! Cerco di individuare il punto: sotto il canotto, all’intersezione del telaio ci sono tutti i cavi, non è un bel posto!! Proseguo, il paese dopo mi fermo ed il fumo è ancora lì, che cazzo!!!
Ripenso ad amici, persino Giuliano, concessionario e “medico” personale del mezzo che ormai mi distruggono psicologicamente da mesi con la storia che la KTM, visto l’utilizzo sarebbe da cambiare!! Vorrei fregarmene, sto per farlo, poi penso che obiettivamente un controllino per una moto che non ha mai fatto manutenzione a parte i materiali di consumo, ci starebbe tutto e decido di fermarmi!! Certo economicamente, non è il luogo migliore della terra, ma pazienza!! Più a nord sarebbe ancora peggio! Il giorno dopo sono in officina, Terje, il meccanico è simpatico, ben disposto e mi lascia lavorare, meno male!! Io smonto e rimonto, lui controllerà l’impianto elettrico. Via la parte anteriore della moto fino al telaio, Terje controlla i cavi, niente! Via i serbatoi supplementari. Cablaggi, niente! Tocca ora ai serbatoi, niente anche lì sotto! Batteria (ed io smonto!) niente!!! Rimonto il tutto. Prezzo: da Norvegia, anche se delle 5 ore me ne segnano solo 2!!! Provo a chiedere un contributo per le mie 3 ore di lavoro, ma racimolo solo un caffè, Terje è simpatico, ma pur sempre norvegese!!
Comunicazione ufficiale ai miei consiglieri meccanici che vorrebbero influenzare i miei futuri acquisti: Davide, il nostro debito relativo all’orologio va rinegoziato, Giuliano come capito in officina ti scrocco un pranzo a base di pesce, Dino e Camillo, beh, per voi qualcosa invento!!!
 
Quelle giornate nordiche che ricordano latitudini più meridionali: sole, temperature miti, e questa strada, la E6, voluta dai tedeschi per motivi bellici, sfruttando la mano d’opera di 130000 prigionieri slavi, ma che dopo decenni ha regalato ai turisti di tutto il mondo uno dei percorsi più facili e spettacolari del continente!!! La luce è impressionante, non so quante volte l’ho già subita nel passato, ma è sempre la stessa affascinante sensazione. Il cielo di un blu sfolgorante, un ciclope azzurro, con un occhio luminoso che già sai non si chiuderà, se non fra qualche mese!!! Inebriante! Pensare che al ritorno guiderò sulla solitaria 17!!! Arrivo a Borgnes, ho perso un mare di tempo, fermandomi, piazzando il cavalletto, fotografando, provando la telecamera, eh sì cerco di seguire la folle tecnologia del terzo millennio! La E6, che è ormai diventata una traccia di asfalto fra boschi, alla fine cede il passo, getta la spugna: di qui non si passa se non con un traghetto. L’idea è di arrivare a Sortland, mi metto in fila. La luce è splendida, rilassante! Prendo la carta e la guida, devo salire verso Narvik, per poi scendere verso sud e fermarmi a sera percorrendo ancora un paio di centinaio di chilometri. Da qui si parte anche direttamente per le Lofoten, quasi quasi….potrei accorciare ed arrivare anche prima. Sposto la moto dalla fila e rimango seduto sulla panchina al sole, eccezionale!!! Il traghetto arriva, scarica veicoli e poi ne ingoia di nuovi, io seduto sulla panchina non mi scompongo, tranquillo, la luce eterna di una radiosa giornata mi fa compagnia. Faccio partire il traghetto, poi chiedo a che ora parte quello diretto per le isole, la mia meta: 50 minuti. Peccato, avrei atteso ore!!! Stavolta vengo fagocitato anche io!!! Un’ora e sono dall’altra parte, ma sono le 20 passate e la luce diventa irreale, Michele mi aspetta in un giorno imprecisato di questa settimana e so, per esperienza, che domani probabilmente, sicuramente, il meteo non sarà così!! Guidare 3 ore con il sole che ti accompagna quando dovrebbe scomparire e lasciare spazio al crepuscolo?



La soluzione mi pare logica, ovvia e già so cosa mi aspetta!! Sarà la solita, fantastica corsa, in una notte non notte, dove il sole si spinge all’orizzonte, ma una forza misteriosa lo mantiene in vita regalando scenari incredibili: anche stavolta ho avuto fortuna, solo questo breve tratto vale il viaggio, ma questo non posso dirlo a Michele, dopo oltre 4500km percorsi!!! Devo farlo sentire in colpa! Arrivo tardissimo, entro nel villaggio, poche rourbe, parcheggio davanti la casa blu, salgo le scale, suono…..forse non funziona, busso alla porta…..sarà fuori…..telefono…2 squilli….3…….”Giovà, allora!?!? che fai???”
“Michè!!”
“dove sei!!!?”
“sotto casa!”
la comunicazione si interrompe e sento gli zoccoli che percorrono il corridoio di legno, la porta si apre: “se fossi una donna ti sposerei!!”
meno male, allora!! “dormivi?”
Ci abbracciamo.
“no, riposavo!! Entra dai, hai mangiato? Ti preparo qualcosa??”
“ho solo guidato, ma con una giornata così….figurati se avevo tempo di fare altro!”
“ti preparo le polpette”
Le solite polpette di merluzzo, il mio pasto delle Lofoten, entro in cucina e……..noooo……..la solita pila di piatti, scodelle, pentole, posate, bicchieri, una discarica non autorizzata depositata in cucina, Gomorra è arrivato anche qui!!!!
“vedo che non cambi le vecchie, sane abitudini!!!”
“Giovà, è iniziata la stagione turistica….piuttosto ho finito il vino!!!”
Ci sediamo a tavola, tiro fuori la bottiglia di vino da una delle buste di plastica e la solita, vorticosa serata dialettica si avvia, normalmente, con la solita semplicità, come se ci vedessimo tutte le settimane e non a distanza di anni. Alle 3 del mattino siamo ancora lì!!!
Mi fermerò 3 giorni, Nusfjord è un piccolo villaggio di pescatori, prestato al turismo, con risultati piuttosto deludenti, rispetto a realtà limitrofe che hanno riscosso molto più successo!! L’ingresso a pagamento, unica realtà del genere in tutto l’arcipelago, voluto dai proprietari, ha visto decrescere affluenza dei turisti e la loro capacità di spesa! La cosa crea apprensione e delusione in Michele, stabilitosi qui ormai da diversi anni, dove ha iniziato a produrre monili in argento: un’artista, girovago, attore, mimo in un’altra vita, prestato definitivamente a queste latitudini, catturato in un lontano viaggio in India, da una passione per una bellissima lappone di Caponord, dalla quale ha avuto 2 figli ma ormai vive separato da anni! Un personaggio, un amico, semplicemente una persona interessante con cui è facile trascorrere giornate intere senza accorgersi del passare del tempo!!
L’ultima sera, mi dice: “ti voglio ringraziare per la tua visita e penso di regalarti un bracciale.”
“non posso accettare” gli scimmiotto, prendendolo in giro per una vecchia storia di una guida italiana che aveva rifiutato un suo dono di riconoscenza per i gruppi che gli portava nel laboratorio. Mi porge “il bracciale”, quello che avevo notato dalla prima volta che avevo messo piede in casa sua, praticamente per caso, nel lontano 1998!!!
Una delle sue opere intrecciate, come le definisce la Lonely Planet, meglio riuscite!!
“non posso accettare!!” stavolta parlo sul serio “cazzo Michè!!” penso.
Lui continua divertito a dire che non ci sono alternative e che mi ucciderebbe a mozzicate per il fatto che vado via così presto!!!
 
il percorso della FV17
E adesso? Non resta che rientrare cercando di seguire il solito zigzagante itinerario poco logico!! La prima è abbandonare le Lofoten arrivando a Bodø con il traghetto in serata e pernottare nel solito ostello hihostels norway La seconda, imboccare la Fv. 17, conosciuta come Kystriksveien, la strada della costa, percorsa per la prima volta nel 2006 e che non può essere ignorata con banali scuse su tempi di rientro, lunghezza, condizioni meteo: 700km circa, 6 traghetti, arditi ponti sferzati da venti quasi perenni, tunnel scavati nella roccia, alcuni lunghi anche 3000m, qui bisogna organizzarsi con un ritmo differente, ma ne vale la pena!!!
Un piccolo stralcio dal sito ufficiale visit norway :
Le Isole Vega fanno parte dela lista dei siti patrimonio dell'umanità dell'UNESCO. Le Sette Sorelle a nord di Alstahaug e Torghatten a sud di Brønnøysund sono luoghi lungo la strada 17, rinomati per le loro attrazioni naturali. Le prime sono sette montagne che si elevano tutte a più di 1000 metri s.l.m. La galleria di 160 metri che attraversa la montagna Torghatten risale all'era glaciale. 

Nella sua parte nord la strada costiera si snoda lungo costa e mare, montagne e ghiacciai, e supera il Circolo Polare Artico viaggiando verso il sole di mezzanotte o la perenne oscurità invernale. Questa strada fornisce un'alternativa alla E6 ad ovest del ghiacciaio di Svartisen, con una stupenda vista su oceano e isole.
Quasi 3 giorni, per rivedere il traffico nei pressi di Trondheim, rimanere scioccato e decidere di aggirarlo, seguendo un’altra piccola, stupefacente, inattesa deviazione, sulla solitaria RV715.


Nelle mie visite precedenti mancava all’appello l’autostrada dell’Atlantico, pretenziosamente definita la strada panoramica più bella del mondo!! Deludente, rispetto alle aspettative ed a quello che offre lo stato Norvegia! Pedaggi e tunnel a pagamento non giustificati, per arrivare a percorrere questi 8km e poco più che attraversano una serie di scogli in pieno mare, la percorro 2 volte cercando di farmela piacere ma invano!!


Da qui inizia probabilmente la parte più spettacolare del paese, quella che spesso purtroppo viene quasi completamente ignorata da chi viene attratto dall’ambiziosa meta di Nordkapp. 3 giorni da ubriaco, cercando di mettere sotto le ruote il possibile: 715, 710, RV70, RV64, RV63, 15, 60, 615, 13, 9, semplici numeri che riconducono a strade, alcune davvero strabilianti e che una volta percorse difficilmente si dimenticano!!! Alla fine mi ritrovo a Kristiansand in tarda mattinata, esattamente dove avevo iniziato più di 2 settimane fa, quasi per sbaglio. Il traghetto parte alle 16.30, si torna a casa!!