19 febbraio 2012

PUGLIA grecìa salentina


No, non è uno degli stati membri della ormai in crisi comunità economica europea, ma una zona ben distinta del Salento pugliese. Intanto va pronunciata con l’accento sulla i: Grecìa. Ed offre testimonianze architettoniche davvero sorprendenti. Un itinerario al di fuori dei soliti schemi ma ricchissimo per spunti di visita e con lo splendido mare di questa parte di Mediterraneo, a fare da contorno.
ITINERARIO-, Galatina, Sternatia, Soleto, Corigliano d’Otranto, Maglie, Muro Leccese, Giuggianello, Palmariggi, Cursi, Melpignano, Martano, Martignano, Calmiera, Cavallino, Lecce, Copertino, Leverano, Veglie, Porto Cesareo, Santa Caterina, Gallipoli, Galatone, Galatina.
LUNGHEZZA- km 210

                        SLIDESHOW


Galatina è uno dei centri della Grecìa Salentina, quest’area che avevo scoperto circa un anno fa in una precedente visita e che stavolta ho deciso di approfondire senza però tralasciare la fantastica Lecce e lo splendido mare della costa ionica.
Va detto che questo è un itinerario piatto, assolato su strade spesso deserte, ma mai monotono, anzi, la sensazione di pace è assoluta, rilassante e la scoperta di piccoli centri spesso ricchi di testimonianze storiche ed artistiche rappresenta spesso la gradita sorpresa di una bella giornata trascorsa vagabondando a ritmi ciclomotoristici immersi nella bella campagna salentina.
L’itinerario proposto, considera prima i centri della Grecìa per poi visitare Lecce ed infine concedersi una parte della costa ionica per trovare un punto adatto ad un bagno rinfrescante e tonificante dopo una giornata di moto.
I paesi greci come si evince da documenti risalenti al XV secolo sono più di 20 raggruppati in 9 comuni.
L’itinerario ne comprende diversi, ma logicamente la scelta è molto più amplia e soggettiva. Mi sono particolarmente piaciuti oltre a Galatina, Soleto, con la sua spettacolare guglia del campanile alta quasi 40m e con forme quasi irreali, Corigliano d’Otranto, davvero notevole il suo castello quattrocentesco, paragonabile per bellezza a quello di Copertino,  il centro storico di Melpignano con la scenografica piazza contornata di artistici portici, Martano e Calimera.
I centri, alcuni dei quali assai piccoli vengono raggiunti tutti per stradine secondarie, fondamentale la carta T.C.I. 1:200.000.
Ed è un bell’andare, immersi tra piante di ulivo che si stendono a perdita d’occhio.
Alla fine mi ritrovo a Lecce quasi senza accorgermene ed inizio a vagare per le viuzze del centro storico. Stavolta, nonostante i divieti ho deciso di non parcheggiare la moto per cercare di trovare qualche scorcio fotografabile col mezzo. Ad un tratto sulla sx, percorrendo una via che è ancora più pedonale delle altre, improvvisa si apre la piazza della cattedrale. Dal suo punto di accesso, una vigilessa mi osserva con curiosità.
“a dire la verità (bugiardo!), non so neanche dove mi trovo, come faccio ad arrivare rapidamente in una zona aperta al traffico?” invento su 2 piedi.
In molte altre città d’Italia sarei stato multato, in altre cazziato e rimproverato, qui la signorina mi spiega la via giusta indicandomi anche un parcheggio dove lasciare la moto.
Mi sento audace e fortunato: “ormai che ci sono, non potrei fotografare la moto nella piazza??”
“sì, ma solo se la spingi”
detto fatto ed ecco uno scatto alquanto particolare!!
Lecce è una città bellissima, solare, affascinante, piena di belle ragazze. Ed io a fotografare edifici barocchi!!! Mi concedo una bella ed appagante passeggiata nel centro storico. Fa molto caldo e decido di partire spingendomi verso il mare.
A Copertino mentre fotografo il castello arriva Luca, bicicletta ed 8 anni di feroce curiosità.
Sale sulla moto, si fa fotografare :” anche mio padre ha una moto, rossa, fa 170km all’ora ed è più bella, anche se la tua non è male”
“!!”
“dove vai?”
“a fotografare la chiesa”
“ti accompagno”
E così mi ritrovo con una mini guida che mi scorta per vicoli assolati e si meraviglia del perché se voglio fotografare qualcosa, poi non lo faccio.
Cerco di spiegargli che i soggetti devono avere la luce in una certa angolazione e gli faccio notare la posizione del sole e di dove dovrebbe essere, ma non sembra capire, anzi sembra dare per scontata la mia incapacità.
L’avvicinamento al mare comprende anche le visite a Leverano, con un bel centro storico e famosa per “Novello in festa”, manifestazione enologica che si svolge in ottobre e Veglie.
Da qui Porto Cesareo è a poco più di 10km.
Il celeste del mare è uno shock, dopo tanto sole e terra, difficile resistere alle limpide acque della baia che si affacciano su una serie di isolotti, sono 18 che rendono il luogo un posto davvero unico e riserva naturale, con delle specie di uccelli uniche nel Mediterraneo che vi vengono a nidificare.
Ma le occasioni per un bagno non mancheranno nemmeno spingendosi verso sud fino a Gallipoli su una costa a volte frastagliata, a volte sabbiosa, dominata dalle numerose torri d’avvistamento.
Prima di ritornare al punto di partenza manca all’appello solo Galatone la cui sola visita al Santuario del Santissimo Crocifisso vale la sosta.
Siamo in dirittura d’arrivo, un rettilineo, uno solo, 9km, il bed &breakfast mi attende a 2 passi dal centro.  
I greci di terra d’Otranto
Tutti conoscono Lecce, molti sanno del suo fantastico barocco, ma pochi sono a conoscenza, io l’ignoravo che nella parte a sud est della provincia più orientale del paese, esiste un’area con lingua, tradizioni, architettura, riti, di origine greca, l’isola ellenofona della Grecìa Salentina che anticamente comprendeva tutta la fascia che si estendeva ad arco, da Gallipopli ad Otranto.
“Kalòs irtate”, benvenuti, è il saluto che, nel dialetto greco, accoglie il visitatore al suo arrivo.  
La zona oggi include 9 comuni: Calmiera, Castrignano dei Greci, Corigliano d’Otranto, Martano, Martignano, Melpignano, Soleto, Sternatia e Zollino con una superficie di circa 145 kmq ed una popolazione di all’incirca 42.000 abitanti. Le esigue informazioni in campo archeologico, numismatico e di documentazione scritta rendono difficile stabilire la sua datazione greca che comunemente si fa risalire alla Magna Grecia od al periodo Bizantino. Non è escluso comunque che ad un originario nucleo magno-greco, si siano avvicendate, in tempi diversi, nuove migrazioni di genti provenienti dalla Grecia o dall’impero Bizantino. Plinio narra che i cretesi, dopo aver fondato la cittàò di Oria, si spinsero fino all’estremo sud della Puglia, prendendo il nome di “salentini”, che sta a significare gente di mare. Nelle varie epoche è storicamente provato che vi furono diverse ondate migratorie dalla Grecia verso il Salento. Da un documento inviato nel 1413 dal vescovo di Nardò all’antipapa Giovanni XXIII appare chiare che le comunità greche erano già presenti nella zona.
Comunque ciò che indubbiamente qualifica l’area è la lingua. Molto si è scritto sul “griko”, la lingua dei greci di terra d’Otranto, che dopo essere sopravvissuto per molti secoli, rischia di estinguersi in questo terzo millennio. Proprio qui, in Salento grazie alla morfologia pianeggiante del territorio ed alla estrema facilità di comunicazione è riuscita a tramandarsi fino ai giorni nostri. Gli elementi greci, fusi con quelli locali, hanno consentito uno sviluppo culturale autonomo del tutto originale ed affascinante. 
Gli anziani della Grecìa Salentina sono ancora fieri di dire “Imesta Griki”, sono greco.
Sternatia è il comune dove la conoscenza del “griko” è più alta, Melpignano, quello dove lo si parla meno.
Altra curiosità è che nei tempi passati ogni paese aveva una propria attività peculiare: a Calmiera i “craunari” (carbonai), a Sternatia gli esperti di fuochi di artificio, a Melpignano si estraeva dalle cave la pietra locale, a Castrignano vi erano i mercanti di stoffe e tessuti.  










  







  











15 febbraio 2012

"A ritmo di Carrese" 27 aprile/1 maggio 2012



Una nuova occasione per riscoprire ancora una volta il Molise ed una parte dell’Abruzzo, regioni che racchiudono nel suo entroterra grandi sorprese che vi sapranno emozionare. Percorrere le antiche strade dei pastori, assaporare i prodotti locali, visitare una delle più belle isole dell’Adriatico e rivivere manifestazioni storiche che rendono vivi più che mai questi territori.













14 febbraio 2012

SPAGNA andalusia


 
   VANDALUSIA
L’Andalusia è la parte più meridionale della penisola iberica, quindi anche quella che più ha risentito dell’influenza araba, ben visibile e riscontrabile nelle sue architettura ed in alcune delle maggiori attrattive artistiche che offrono al viaggiatore. Un territorio vasto, dove il boom economico spagnolo, oltre a deturpare in maniera irreparabile le coste, ha però contribuito alla realizzazione di un sistema stradale efficientissimo ed in alcuni casi, che siamo andati a ricercare con discreto successo, adattissimo alla pratica motociclistica e turistica.


ITINERARIO- Cordoba, Cabra, Alcala la Real, Loja, Alfarnate, Antequera, Alora, Bobastro, Ardales, El Burgo, Ronda, Gaucin, El Colmenar, Venta Nueva de Galiz, Tarifa, Bolonia, Capo Trafalgar, Cadice, Jerez de la Frontera, Arcos de la Frontera, Utrera, Siviglia.
LUNGHEZZA- km 880

                              SLIDESHOW   



Non è un segreto che l’Andalusia possa permettersi di mandare per una buona metà dell’anno i suoi visitatori a crogiolarsi sulle sue spiagge bagnate da acque scintillanti. Terra solare, come solari sono i suoi abitanti, amanti della compagnia e del divertimento, sia che si tratti di gustare tapas in uno dei numerosissimi bar, sia di tirare avanti una fiestas fino ad ora tarda. Nelle città andaluse, la modernità e la vita notturna convivono con spettacolari monumenti islamici e cristiani, splendidi, affascinanti  ricchi di forme, storia e colori. Le coste sono forse la nota dolente di questa zona: una pesante urbanizzazione ne ha probabilmente intaccato la originaria bellezza e, soprattutto nella parte mediterranea i centri , anche quelli più piccoli sono diventati vere e proprie industrie per il turismo di massa. Ma basta addentrarsi all’interno della regione per entrare in un'altra dimensione, fatta di paesini di case bianche, tra montagne impervie e verdi colline, dove si vive ancora con il ritmo delle stagioni: qui si coltiva l’ulivo, la vite, l’arancio ed il mandorlo, tra estati torride ed inverni gelidi. I maestosi paesaggi di terra e di mare offrono innumerevoli spunti di itinerari e questo ne è solo un esempio.


Sicuramente i più attenti avranno notato che nell’itinerario non viene proposta Granada e la sua spettacolare Alhambra. Né superficialità, né errori, tanto meno impreparazione, semplicemente alla terza visita ho deciso di evitarla ma sicuramente in un eventuale viaggio nel sud della Spagna la città ai piedi della Sierra Nevada è sicuramente da includere nel programma, una meta imprescindibile. Detto questo l’arrivo in Andalusia avviene per strade statali e la prima tappa è Cordoba. Siamo sulle sponde del Guadalquivir, fiume un tempo navigabile, che sicuramente fece le fortuna di questa parte della penisola iberica.
La struttura urbanistica è tipicamente araba, ed un vero invito a percorrere i suoi vicoli in cui è facile perdere l’orientamento.
Ma la vera attrazione di questa cittadina è senza dubbio la moschea, trasformata in cattedrale nel 1523, operazione che provocò critiche feroci, anche nello stesso mondo cattolico, ma che ha lasciato sicuramente un’opera straordinariamente unica nel suo genere.
Sembra che alla vista del risultato finale, lo stesso Carlo V abbia esclamato: ”Che cosa avete fatto? Avete distrutto qualcosa di unico ed inimitabile, per costruire qualcosa di assolutamente comune!”
Per arrivare a Ronda, definita la città più bella dell’Andalusia, ed una delle più belle dell’intera Spagna, si possono impiegare un paio d’ore o spendere un’intera giornata perdendosi, dopo aver visitato l’interessante Antequera, fra le panoramiche strade della Garganta del Corro. La strada una volta imboccata la A366 diventa a dir poco entusiasmante, ma dopo Burgos……nell’elenco dei giudizi mi accorgerò  che anche “spettacolare”, può essere un termine riduttivo!!!
A Ronda fu inventato il moderno combattimento a piedi contro i tori. La plaza de toros, la più antica di tutta la Spagna fu inaugurata nel 1784 ed è un capolavoro.
Vero e proprio santuario nel suo genere, è perfettamente conservata. L’arena forma un circolo perfetto, con 2 ordini sovrapposti di archi ribassati, poggiati su 176 colonne toscane, ben 5000 posti a sedere, un diametro di 66 metri, completamente coperta ed è l’unica che abbia la barriera protettiva in pietra. Ma anche il giorno dopo la zona de “los pueblos blancos” ci offrirà una serie di strade da urlo, soprattutto la prima parte fino al bivio per El Colmenar, percorrendo la A369. Dopo Algeciras, l’impatto urbanistico delle città costiere sembra attenuarsi per lasciare spazio a villaggi di pescatori e piccoli centri turistici, fino all’arrivo a Cadice. 
Cadiz, Julia Augusta Gadigana, tanti nomi per un solo luogo, fondata dai fenici, abitata fin dal 1100 a.C. Una delle città più antiche dell’occidente.
Il nucleo antico, edificato su di un promontorio, è circondato da un bastione pentagonale seicentesco. 4.5 km. da percorrere in moto o a piedi, per rendersi conto che la parte più interessante è quella chiusa tra il castello de Santa Catalina e il ponte che unisce le mura con il castello di San Sebastiano, una camminata di circa un km., ma molto suggestiva.
Siamo in dirittura d’arrivo, Ma prima di arrivare a Siviglia ed essere letteralmente fagocitati e schiacciati (in tutti i sensi) dalla “Semana Santa” (vedi box) mancano all’appello Jerez de la Frontera con le sue cantine ed infinite opportunità di degustazione e la bellissima Arcos de la Frontiera, posta ad anfiteatro, alta su rocce rossastre a dominio del fiume Guadalete che la avvolge quasi completamente. Un’altra giornata di guida su belle strade ed il gioco è fatto. 

COLORI E SAPORI
Le tapas sono la quintessenza della tradizione gastronomica spagnola, impossibili da trovare negli altri paesi, nonostante le tante imitazioni. Sì, perché non sono solo una specialità locale, ma anche un modo tutto spagnolo di mangiare. Una tapa, in realtà, può essere qualsiasi cosa: un pugno di olive, una fetta di pane con prosciutto o formaggio, una porzione di “toritlla”, la famosa frittata di patate e cipolle, fritture, ma anche piatti più elaborati con carne e pesce. Le tapas si ordinano generalmente nei bar per accompagnare un bicchiere di vino o di birra, quasi sempre in piedi davanti al bancone e buttando tutto quello che serve per consumarle (stuzzicadenti, fazzolettini di carta etc.) rigorosamente ai piedi dello stesso. La quantità di immondizie alla base dei banconi, in genere stabilisce la qualità ed il numero dei frequentatori del locale. Sono un modo di bere senza ubriacarsi, di socializzare e di godersi in spensieratezza un momento della giornata, con la speranza che ne seguano molti altri. Lo potremmo definire un specie di aperitivo, ma senza riuscire a coglierne l’essenza, molto più spagnola. Le tapas, sono di fatto, parte integrante dello stile di vita locale, come l’aglio e la religione. Visitare il paese senza fare almeno un tapeo, ovvero un giro dei bar de tapas, equivale a non aver completamente conosciuto la Spagna.
                                                           
TESTO E QUALCHE INFORMAZIONE


Colpo d’occhio                                           
La zona di Tarifa è sicuramente la punta dell’iceberg eolico Andaluso e spagnolo. Zona assai ventilata, punto di richiamo per surfisti e amanti di sport che devono comunque convivere con attività che molto sono influenzate dalla costanza dei venti, la Spagna ed in particolare quest’area del paese, si è completamente votata a questa forma di energia alternativa e pulita: una vera e propria genesi di “funghi tecnologici” che con le loro pale in quasi costante e perenne movimento generano grandi quantità di energia a basso costo e soprattutto non inquinante. Ma gli ambientalisti ed il loro impatto ambientale dove sono?









06 febbraio 2012

BULGARIA mar nero


TO THE BLACK SEA
Dal delta del Danubio alle coste del mar Nero, dalla Romania alla Bulgaria, regioni accoglienti e ricche di luoghi da esplorare. Le loro coste hanno attirato turisti per secoli e persino gli antichi greci, attratti dalle sue spiagge, vi fondarono le loro colonie. Noi abbiamo la Sardegna, ma altri si devono accontentare…sarà poi vero?



Ed alla fine dopo quasi 4000km dove abbiamo incrociato, traghettato, incontrato più volte il Danubio, arriviamo al suo delta, percorrendo per una quindicina di km l’argine che va da Galati a Braila. L’impatto non è dei più naturalistici nonostante l’area sia stata dichiarata riserva naturale. Infatti le due cittadine la prima con enormi casermoni, la seconda con un’aria riposante e gradevole furono negli anni ’60 le vittime di uno sviluppo industriale che portò alla costruzione delle maggiori acciaierie del paese, sovvenzionata con ingenti fondi dell’Occidente versati nelle tasche del governo Ceausescu (l’odierno equivalente di circa 12 miliardi di€!!). Resti fumanti di archeologia industriale in semi abbandono. Ma il tempo con il suo scorrere a volte porta benefici: il delta è ormai dichiarato riserva naturale, in più protetto dall’UNESCU. La strada, dopo avere traghettato uno dei bracci del Danubio, arriva a Tulcea, definita la Porta del Delta (vedi BOX) e poi piega decisamente verso sud ed il confine. Terra di confine tra Europa ed Asia, queste le sensazioni che si respirano guidando verso Costanza: 360° di spazi infiniti! Bianchissime nuvole sembrano spingere il cielo ben oltre l’orizzonte. Come al solito mi attardo per scattare foto e guidare in queste condizioni è qualcosa che ogni volta mi rende incredibilmente felice. Come dite? Già, è vero! Mi accontento di poco, anche se parlandone la sera con Mauro mi confermerà di aver provato le stesse sensazioni. A Costanza evito la circonvallazione e punto direttamente verso il centro città, un poliziotto ferma la macchina che mi precede e dato che ci si trova obbliga me alla stessa manovra. Rivedo le situazioni del 1995, quando in un impervio attraversamento dell’est Europa fummo letteralmente massacrati dalla polizia locale. 
Eccesso di velocità, la sentenza: multa per il primo e una volta che l’automobilista riparte inizia la trattativa. L’amico non sembra intenzionato a redigere un secondo verbale. E’ in situazione di attesa. La multa è di circa 10€ mi dice, sono sicuramente meno.
“ho sbagliato ma si potrebbe chiudere un occhio?”
“speak in english” 
glielo dico in inglese ma non si producono effetti particolarmente incoraggianti.
Mauro non si sa dove sia e sono naturalmente senza lei per poter tentare una manovra economica al ribasso. Alla fine riparto con 5€ in meno nelle tasche: fregato in pieno!! E pensare che ero quasi al confine!! Il passaggio della dogana avviene senza particolari problemi: siamo gli unici sotto un cielo plumbeo che non promette niente di buono. Bulgaria con i suoi 378km di coste. E’ il punto più distante del nostro viaggio. Il Mar Nero ha attirato turisti per secoli e persino gli antichi greci, già dal XII secolo a.C. vi avevano fondato le loro colonie. Anche noi non abbiamo potuto esimerci da tutto ciò, soprattutto dopo che i km sono diventati ormai più di 4.000, percorsi in questo nuovo ma affascinante est europeo che sta rapidamente cambiando. Intanto smentiamo un’opinione largamente diffusa, il Mar Nero non è nero, anzi spesso è di un blu cristallino davvero invidiabile. La parte settentrionale è sicuramente quella che mi è piaciuta di più con capo Kaliakra (ingresso 3 leva) e Balchik piccola cittadina chiusa sul suo porticciolo. Gente cordiale ed ospitale che non esita ad invitarti a bere un caffè, una limonata e scambiare 2 chiacchiere, come ci capita a Kavarna, o la signora tutto fare del ristorante dove siamo a cena la sera e che non capendo che ho bisogno di una ricevuta unica me le strappa tutte e 3 facendomi capire che è tutto ok perché abbiamo già pagato. No ferma, mi servono: le accetteranno in redazione? Da Zlatni Pjasaci, invece inizia una zona dove la cementificazione da grandi alberghi abbruttisce una costa veramente bella, con lunghe spiagge bianche e mare pulito. Lavori frenetici stanno trasformando, fortunatamente solo poche aree in zone asettiche, chiuse e controllate da vigilanza armata. Siamo pur sempre in Bulgaria, uno dei paesi più poveri, col più alto tasso di orfani di strada del continente, ma questo sicuramente ai turisti che calano in massa verso questa zona non interessa: meglio una bella puntatina al Casinò o un long drink in spiaggia. Numeri spaventosi: la costa del sole che va da Albena a Varna, totalizza 110 alberghi (ma ne stanno costruendo molti altri), grandi complessi tra i più grandi d’Europa che attirano qualcosa come 2 milioni di turisti all’anno (!!!) provenienti dai paesi dell’est ma anche da Germania, Inghilterra e Scandinavia. 
Passata Varna invece oltre che  ad affrontare la strada migliore di tutto l’itinerario, panoramica ottimamente asfaltata e ricca di curve, è possibile trovare posti tranquilli e piccoli borgi di pescatori, 2 su tutti, Sozopol e Nesebar: cominciano a cementificare anche qui ma ancora a livelli non frenetici, anche perchè qui è intervenuto l’UNESCU e i centri storici sono situati, il primo su uno stretto promontorio ed il secondo su di un’isola collegata da un ponte  zigzagante con un mulino di legno alla parte più moderna. Noi abbiamo sostato a Nesebar chiamata la città delle 40 chiese. Va detto però che  in alta stagione diventano sicuramente le località più turistiche dell’intera costa: quindi cercare di evitare luglio ed agosto se possibile. Ne vale assolutamente la pena.   
Bene, siamo alla fine. Da qui si torna indietro e ci concediamo per la seconda volta la fantastica strada  fino a Varna, irriducibili bambinoni nel parco giochi della curva. Percorsa ad aprile è davvero uno spasso! Probabilmente in estate le cose, dal punto di vista del traffico, cambiano alquanto. 

Il cirillico
Quando in occasione del regno di Preslav nell’893, il vecchio zar Boris, decise di elevare definitivamente lo slavo a lingua ufficiale e liturgica del paese al posto del greco, la Bulgaria si era appena lasciata alle spalle 4 anni piuttosto turbolenti. Il figlio maggiore di Boris, Vladimiro, giunto al potere nell’889 dopo l’abdicazione del padre, aveva consentito alle forze dell’aristocrazia non cristiana presenti nel paese di riprendere, sebbene per poco, il sopravvento. Il padre, adirato, aveva assaltato un convento nei pressi dell’antica capitale Pliska, destituendo Vladimiro e facendolo accecare. Fu quindi il suo secondo figlio, Simeone I (893-927), ad assumere il potere secolare nella nuova capitale Preslav, di forte impronta cristiana. E così la Bulgaria ebbe un primo vescovo: Clemente di Ohrid (840-916). Quest’ultimo era stato allievo di 2 religiosi che la storia ricorda come apostoli slavi, i cui nomi monastici erano Cirillo (826-869) e Metodio (816-885). Nel 1980, i 2 santi sono stati nominati da papa Giovanni Paolo II addirittura “patroni d’Europa”. Sullo sfondo dei contrasti tra Roma e Bisanzio per il predominio del latino e del greco nella chiesa universale della cristianità, ma anche per il primato del pontefice di Roma o del patriarca di Bisanzio, nell’863 i 2 furono invitati in Moravia per rinforzare la lingua slava in quella regione. Dalla Baviera, Ludovico il germanico stava agendo dietro le quinte per latinizzare questa zona. Cirillo fu il primo a creare un alfabeto per poter tradurre in lingua slava alcune delle parti della bibbia. Il suo tentativo, passato alla storia come lingua glagolica, si rivelò tuttavia eccessivamente complicato. Soltanto i suoi allievi Clemente, Naum, Angelarij, Gozard e Savva riuscirono a creare un alfabeto utilizzabile che proprio in suo onore fu chiamato “cirillico”. Nell’867 Cirillo e Metodio si recarono a Roma per caldeggiare l’inclusione dello slavo tra le lingue ecclesiastiche al pari del greco, del latino e dell’ebraico. Papa Adriano II li prese sotto la sua protezione, condusse per anni un confronto aperto e concesse loro numerosi privilegi. Alla sua morte avvenuta nell’869, Cirillo fu sepolto a Roma nella chiesa di S. Clemente. Metodio si tuffò nuovamente nella grande politica della chiesa e fu nominato arcivescovo di Pannonia.




Il delta del Danubio
Il delta viene a buon ragione considerato come una delle più grandi risorse dell’industria turistica rumena ed è alta la consapevolezza locale della necessità di conservarlo. L’area fu dichiarata riserva naturale nel 1990, con oltre 500km quadrati di superficie severamente protetta e un anno dopo dichiarata patrimonio mondiale. Per entrare nella Riserva Naturale del Delta del Danubio, occorre un permesso che vi garantisca l’accesso all’area nel suo insieme, eccettuate le aree severamente protette. Se avete intenzione di fare un viaggio guidato, i permessi vengono procurati direttamente dall’agenzia; per chi si sposta individualmente vanno richiesti all’ARBDD, l’”amministrazione della riserva naturale del delta de Danubio” (tel. +40240518924, fax +40240518975 www.ddbra.ro ) di Tulcea ad un prezzo di poco inferiore a 1€, ma dovrà pagare spese supplementari, quali ad esempio canottaggio o pesca. Gli operatori dei gruppi organizzati devono invece pagare venti volte tanto e per un numero limitato di 7 percorsi fissi. In aggiunta ai 3 bracci del Danubio, i percorsi partono da Tulcea, da Mila 23 a Lacul Trei Iezere e CHilia Veche, dal braccio di Sfàntu Gheorghe a Lacul Razim e da Jurilvoca a Gura Portitei. Se invece programmate di esplorare altri posti fuori da questi percorsi principali, buona cosa è munirsi di una mappa dettagliata e di bussola. La miglior carta reperibile è quella verde del CTT (disponibile a Tulcea) con testo in inglese e l’indicazione delle zone severamente protette. Buone anche  quelle dell’Amco (reperibili a Bucarest). Il campeggio è in genere vietato tranne che in poche aree non molto attrezzate. Molto richieste invece le sistemazioni nelle case galleggianti, nel cuore del Delta. A Tulcea è possibile organizzarsi in maniera autonoma.