10 novembre 2012

MARCHE il formaggio defunto


L’usanza di seppellire il formaggio viene tramandata nei secoli quale parte integrante di antiche tradizioni contadine. L’origine di tale pratica è ignota, anche se documenti risalenti al XV secolo testimoniano in modo tangibile che esisteva anche a quei tempi. Ogni anno e per tre settimane, a cavallo dei mesi di novembre e dicembre, a Sogliano sul Rubicone, si svolge la fiera del formaggio di fossa e noi siamo andati a curiosare e…..ovviamente a degustare.
QUANDO- La caratteristica Fiera del Formaggio di Fossa ha luogo ogni anno nelle ultime due domeniche di novembre e nella prima domenica di dicembre
DOVE- Sogliano al Rubicone in provincia di Forlì
LA ZONA- Il formaggio di fossa viene prodotto nella zona attraversata dai fiumi Rubicone e Marecchia, a cavallo tra Romagna e Marche
ITINERARIO- Sogliano al Rubicone, San Leo, Montecopiolo, Macerata Feltria, Lunano, Belforte all’Isauro, San Sisto, Carpegna, Pennabilli, Maciano, Novafeltria, Perticara, Barbotto, Montegelli, Sogliano al Rubicone.
LUNGHEZZA- KM 136

PERIODO CONSIGLIATO- sicuramente la fine dell’anno non è il massimo per gustare le belle strade dell’itinerario.
FONDO STRADALE- le strade sono belle, spesso panoramiche e poco trafficate. Percorse nel periodo della sagra di Sogliano sono risultate spesso sporche ed a volte interrotte per smottamenti dovuti al mal tempo.
Secondo la leggenda, l’usanza di deporre il formaggio nelle fosse nacque dalla necessità per i contadini soglianesi di difendersi dalle razzie delle truppe aragonesi che, nel XV secolo, infestavano le campagne. Una volta riaperte le fosse, i contadini si accorsero che il formaggio depostovi aveva acquistato un nuovo ed ottimo sapore. 
Certo l’odore non è dei più invitanti, la forma  non è delle più accattivanti, ma il prodotto in sé merita ampliamente l’approfondimento e la menzione tra gli eventi di enogastronomia a cui partecipare in questa stagione mototuristica. Certo il periodo non è dei più incoraggianti, parliamo degli ultimi 2 mesi dell’anno ma la zona è davvero ricca di strade panoramiche poco trafficate e zone di richiamo turistico culturali, senza dimenticare la gettonatissima San Marino, che volutamente viene lasciata al di fuori del percorso segnalato. 
Ma per non lasciare l’amaro in bocca, la prima tappa sarà la fortezza più piccola ma non meno affascinante di San Leo.
Paola in redazione era stata categorica, nel ricordarmi di non menzionare assolutamente le condizioni meteorologiche, come se chi va in moto non debba essere condizionato da condizioni di tempo avverso.
Ed è proprio a questo che penso mentre faccio il mio ingresso dalla porta di San Leo.
Sta nevicando! Lo scrivo o non lo scrivo?
Decido per una fugace menzione, ma certamente questo non agevola il mio progetto di dormire all’interno del piccolo borgo arroccato su alte pareti a strapiombo che dominano il corso inferiore del Marecchia.
La gentile signora che mi accoglie all’ufficio informazioni ed alla quale manifesto i miei propositi, nel fornirmi l’elenco delle strutture ricettive, si stampa sul viso una specie di ghigno come per dirmi “hai proprio ragione, se continua così, sono cazzi tuoi ripartire!!”
In effetti l’accesso al paese non è dei più semplici, con questa stradina in salita che si infila in salita per una porta con l’asfalto che diventa un infido ciottolato!!
Alla fine per non rischiare uno spiacevole blocco, pregiudicando la trasferta, ripiegherò in un tranquillo alberghetto a Rimini, nonostante il giorno dopo un bel sole illumini il teatro d’azione di questo itinerario che a parte la base di partenza si svolge interamente nelle Marche.
Quindi di nuovo San Leo. La scenografia del luogo è assoluta, peccato per i lavori e la vertiginosa impalcatura che praticamente corre su tutto il fianco dello sperone roccioso che ospita la fortezza dalla quale la vista spazia a 360°, nonostante sia soli 600m di altitudine.
La giornata è radiosa, niente a che fare con il grigiore del giorno precedente.
Un vento forte ed asciutto permette ad un cielo azzurrissimo di spingere la vista fino ad un lontanissimo orizzonte.
Riaggredisco i 2 valichi di La Serra e S. Marco. La neve è ancora sui bordi della strada ma la strada è pulita ed il percorso entusiasmante.  
Purtroppo il tempo è stato davvero inclemente e sono costretto alla prima deviazione. Per arrivare a Macerata Feltria nelle mie intenzioni la strada da seguire era quella che transitava da Monte Cerignone. Una frana, mi obbliga a deviare per la via più diretta per poi proseguire dopo una breve visita di questo interessante borgo alla volta di Sassocorvaro, che domina dall’alto la diga del fiume Foglia e dalla quale si transita per salire alla rocca Ubaldina, a detta delle guide un capolavoro dell’architettura militare con la sua singolare forma a vascello, tutta serrata da torrioni e da singolari torri cilindriche. Ma l’itinerario mi riserva un’altra sgradita sorpresa: il tentativo di salire sul monte s. Leo è impedito da un altro blocco stradale. La deviazione per il corso del fiume Foglia è quindi obbligatoria e rappresenta sicuramente la parte più monotona dell’intero percorso. Fortunatamente a Belforte sull’Isonzo si inizia nuovamente a salire tra dolci colline per transitare, dopo Carpegna, alla cantoniera e scendere ripidamente, con una bella veduta sulla valle sottostante e con un asfalto davvero eccellente, verso Pennabilli. 
La strada dei 9 colli è una vera classica, assai famosa tra i ciclisti locali e che ogni anno coinvolge oltre 10.000 cicloturisti. Oltre alle difficoltà insite nel percorso, permette di godere di una vista davvero apprezzabile, spesso su di un costone panoramico che permette di spaziare dal mare sulla dx, sulle valli sottostanti ed alle montagne dell’Appennino sulla sx.
Non ce ne vogliano i puri del pedale ma dopo averla percorsa ho deciso di copiare una parte del tracciato inserendolo nella tratto finale dell’itinerario, ma ne vale davvero la pena.
“Piccolo grandemente amato paese di Romagna” così il Pascoli definì Sogliano.
Va detto che, se avete intenzione di approfittare dell’occasione per partecipare alla sagra del formaggio, sarà meglio approfittarne in tempi relativamente brevi. 
Pare che, ormai sia opinione comune che la manifestazione durerà ancora qualche anno prima di terminare. O per lo meno così la pensano alcuni abitanti dei questo piccolo paese appollaiato su una bassa collina al confine tra Romagna e Marche con una splendida veduta sul vicino mare senza trascurare uno sguardo alle montagne
“7.000.000€,  questo è diventato ormai il giro d’affari che questo tipo di formaggio riesce a generare!!!”
Alessandro gestore, cuoco del ristorante albergo “Il Parco”, sembra assai convinto di quello che dice.
” Prima c’erano solo tre produttori e poche fosse” continua “, devi considerare che le fosse sono diventate una cinquantina! E poi, Dio Bon, ora il formaggio si trova  persino a Napoli o a Roma, si sfossa 3 volte all’anno e la gente senza mantenere la stessa qualità di un tempo può guadagnare anche 500.000€ in un sol colpo.”
Non che guadagnare del proprio lavoro sia deprecabile, ma senza dubbio fermo, restando così le cose, i presupposti della sagra vengono a cadere. L’eccesso di successo del prodotto probabilmente segnerà anche la fine della manifestazione che in passato tanto notorietà ha riscosso.
Ed infatti anche i numeri delle presenze, sembra che confermino quanto detto.
In fin dei conti il prodotto è ormai famoso in tutto il mondo, è possibile reperirlo su tutto il territorio nazionale, e questo val bene qualche presenza in meno.
Siamo d’accordo? In fin dei conti le tradizioni cambiano, le abitudini mutano.
Sarà!! Ma il vecchio gusto di partecipare a quello che era un avvenimento per tutta la zona, con l’odore fortissimo, acre che si sprigionava nel periodo della sfossatura e che copriva tutti gli aromi nel raggio di diversi km, aggiunta all’attesa che rendeva l’evento una festa per tutti, sinceramente sarebbe un bel peccato perderla.


Il formaggio di fossa
Viene prodotto nella zona attraversata dai fiumi Rubicone e Marecchia, a cavallo tra Romagna e Marche.
Le fosse sono ambienti sotterranei, di origine medievale, scavate nel tufo dell’abitato soglianese ed un tempo adibite a deposito del grano.
Sono di varia forma e misura; in genere a forma di fiasco con una base di circa 2 metri di circonferenza ed un’altezza di circa 3 metri compreso il collo.
Si distinguono quattro fasi necessarie per la produzione del formaggio di fossa:
  1. pulitura e preparazione della fossa
  2. infossatura
  3. Stagionatura
  4. sfossatura
La prima consiste nel bruciare paglia all’interno della fossa per togliere l’umidità accumulata; in tal modo si ha una sorta di sterilizzazione contro germi che potrebbero nuocere ad una normale fermentazione. Si passa poi al rivestimento delle pareti per isolare il tufo con uno strato di circa 10 centimetri di paglia sostenuta da un’impalcatura di canne verticali legate orizzontalmente da cerchi di legno; sul fondo vengono sistemate delle tavole di legno.
A questo punto segue l’infossatura del formaggio chiuso in sacchetti di panno, preferibilmente bianco, ove i proprietari delle fosse appongono, con olio cotto e nero, due numeri: il primo corrisponde al proprietario, il secondo al peso espresso tradizionalmente in libbre.
Questa operazione consiste nell’accatastare i sacchetti di formaggio fino all’imboccatura della fossa. Una volta riempita, la bocca, coperta con teli atti ad evitare al massimo la traspirazione, viene chiusa tramite l’apposizione di un coperchio di legno sigillato con gesso e ricoperto con sassi, sabbia e/o tavole.
Il periodo di infossatura tradizionale è compreso tra agosto e l’inizio di settembre con sfossatura nel mese di novembre.
Il disciplinare di produzione del formaggio di fossa prevede due ulteriori periodi di infossatura da effettuarsi nel corso dello stesso anno solare: infossatura primaverile ed infossatura estiva.
La prima decorre dal 1 marzo fino al 20 giugno, mentre la seconda dal 21 giugno fino al 21 settembre rispettando, all’interno della stessa fossa, un periodo di dieci giorni di riposo in modo da permettere le operazioni di pulitura ed asciugatura.
Terminate le operazioni di infossatura decorre la stagionatura con una durata che varia da ottanta a cento giorni.
All’interno della fossa avviene un processo di fermentazione che altera il sapore del formaggio, dandogli quel gusto così particolare. La stagionatura inoltre causa una perdita di siero e di grasso, mentre la compressione dovuta al peso fa perdere a gran parte dei formaggi la loro forma rotonda.
Decorso il periodo di stagionatura, avviene la sfossatura, che consiste nel rimuovere i materiali posti a copertura della fossa e nel prelevare dall’interno i sacchetti di formaggio.
L’apertura tradizionale delle fosse si svolge il 25 novembre, giorno di S. Caterina d’Alessandria, martirizzata secondo la leggenda all’inizio del IV secolo. Anticamente era questa una ricorrenza molto sentita dalla popolazione soglianese appartenente, in prevalenza, al ceto contadino. Terminata la raccolta dei frutti autunnali e la semina, conclusi i riti della vinificazione e della spremitura delle olive, gli agricoltori si preparavano alla sospensione invernale del lavoro campestre. Nel giorno di S. Caterina i contadini, ogni anno, venivano in paese a ritirare il poco formaggio affidato alle fosse durante l’estate ed in tal modo potevano far fronte alle ristrettezze dell’inverno.
Una volta concluse le operazioni di sfossatura, le fosse devono osservare un periodo di riposo invernale della durata di tre mesi.
Il formaggio di fossa viene prodotto con le seguenti tipologie di latte:
  1. latte ovino intero (pecorino)
  2. latte vaccino intero (vaccino)
  3. latte caprino intero (caprino)
  4. miscela di latte intero vaccino, ovino e caprino (misto)
La parte esterna del prodotto finito può variare dal colore bianco avorio al giallo ambrato. Alla fine della stagionatura i formaggi si presentano distorti, con forme irregolari, caratterizzate da arrotondamenti e depressioni. La superficie si presenta prevalentemente umida e grassa, e in alcuni casi può essere ricoperta di grasso condensato e muffe facilmente asportabili con leggera raschiatura. La buccia inoltre è assente o appena accennata e la pasta interna è di consistenza semi-dura, di colore bianco ambrato o leggermente paglierino.
Il sapore varia a seconda della composizione del formaggio stagionato:
  • il pecorino presenta un gusto aromatico, leggermente piccante
  • il vaccino è fine e delicato, con una punta di amaro
  • il misto presenta caratteristiche intermedie tra i due.
Recenti studi condotti sul prodotto hanno messo in luce sia la sanità del formaggio per l’assenza di germi patogeni nocivi alla salute, sia la maggiore digeribilità determinata dall’azione di particolari batteri.
Il formaggio di fossa è ottimo da gustare da solo, oppure per la preparazione di primi e secondi piatti, come ad esempio i passatelli, gli gnocchi, il carpaccio o la costata di manzo, ed anche come dessert servito col miele.


  


 



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