Perché voler partecipare al discovermore??
Come si può dire di essere la persona adatta ad un simile
progetto??
E spiegare una passione, che è di più, molto di più, è la tua vita??
Quali potrebbero essere le caratteristiche che fanno di te
la persona giusta??
Domande, molte, troppe, forse complesse, forse!!
Un riderwanted non può che lasciare la parola ai contenuti,
continuando la strada, a caccia dell’orizzonte, dove la vista spazia all'infinito, illudendoci che oltre ci sia solo la fine del mondo.
MI PRESENTO
Giovanni Lamonica nasce a Pescara il
13.05.1962. Da giovanissimo viene attratto dai viaggi in moto, ma la
pallacanestro, diventa un giocatore di serie B, lo devia dalla sua passione per
una ventina d’anni, fino al 1994, anno in cui dopo una serie di infortuni
decide di abbandonare la carriera semiprofessionistica.
Inizia quindi a sviluppare le sue doti,
ampliando progressivamente obiettivi, tempi ed impegni correlati ai viaggi. La
svolta nel 1997, prima di un viaggio in Cile con zaino e sacco a pelo:
l’acquisto di una reflex, la mitica Nikon FM2. E’ la fine. L’anno dopo, alla
partenza di un viaggio in moto in Islanda, l’acquisto di una Nikon F90,
sancisce definitivamente la diagnosi: “mal da fotografia”.
Nel 2000, dopo la prima esperienza in
sud America, 2 mesi e mezzo con 19.000km percorsi tra Argentina e Cile fino in
Terra del Fuoco, avviene la svolta: visione fotografica e presentazione delle
foto ad una rivista specializzata. Iniziano le collaborazioni con diverse
testate del settore che si protraggono per circa 10 anni, con una produzione
media annua di circa 250 pagine, tutte nell’ambito del moto turismo.
All’attivo anche 4 copertine degli Speciali di Motociclismo
Nel 2002 le sue foto vengono utilizzate per il catalogo dell’Aprilia Caponord.
Dal 2003 al 2011, BMW mette a
disposizione mezzi e risorse per numerosi viaggi in Europa ed extracontinentali.
Dal 2001 al 2009, HONDA Italia mette a
disposizione continuativamente due mezzi per effettuare reportage in Italia,
Europa ed Asia.
Dal 2006, per circa 4 anni ha svolto
collaborazione con agenzie specializzate del settore, proponendo viaggi inediti
che hanno riscosso un discreto successo. Continua questa attività,
organizzandola in proprio per mini gruppi.
Nel 2008 inizia una collaborazione con
la rivista messicana Motociclismo Panamericano, che si protrae per quasi 2
anni.
Dal 2006 al 2013 vende immagini per il
settore touring a TCX Boots e Diadora.
Una delle sue foto è stata scelta per
il BMW MOTORRAD Calendar 2008 (mese di aprile)
I raid più importanti percorsi ad oggi:
2000- sud America, Argentina e Cile, 2
mesi e mezzo, km 17000, il primo grande viaggio con l’amico Carlo.
2000- repubbliche Baltiche, Russia,
Scandinavia, 5 settimane, km 11500, 2 moto per Aprilia
2001- Stati Uniti, New York-Los
Angeles, arrivando in Alaska, 3 mesi, 30000km, in solitaria
2001- Stati Uniti, i parchi del sud
ovest, 6 settimane, 14000km, in solitaria
2002-2003- sud America, 4 mesi,
31000km, in solitaria
2003-2004- centro America, da Città del
Messico a Panama e ritorno, 3 mesi, 21000km, in solitaria
2004- Islanda, 4 settimane, 9000km, in
solitaria
2005- Scandinavia, 4 settimane, km
12000 in solitaria
2006- Tunisia- Libia, 4 settimane, km
7000, in solitaria
2006- Italia- Samarcanda e ritorno, 6
settimane, 17000km, al seguito del gruppo come fotografo, ritorno in solitaria
2006- Patagonia, 4 settimane, 9000km,
come accompagnatore.
2007-2008- centro America e Messico, 3
mesi, 22000km, in solitaria
2008- Islanda, 4 settimane km 10000,
come accompagnatore
2008-2009- Perù, Bolivia, Cile ed
Argentina 5 settimane, 8300km, come accompagnatore
2009- Alaska, 4 settimane, 9300km, come
accompagnatore
2009-2010- Nuova Zelanda, 5 settimane,
km 8800, come accompagnatore
2010- Italia- Iran- Samarcanda, come
accompagnatore, ritorno in solitaria, km17900
2010- Patagonia, Santiago- Ushuaia-
Santiago, 2 mesi, km 10000
2011- Asia, Tashkent-Italia, 5
settimane, km 11.000, una persona al seguito
2011- Islanda, 4 settimane, km 10500,
in solitaria
2012- Turchia, 3 settimane, km 3800, in
solitaria
2012- Pamir- Italia, 5 settimane, km
12500, 2 persone al seguito
2013- Irlanda, 3 settimne, km 8400, in
solitaria
2014- Pamir- Mongolia, 5 settimane, km
7600, 2 persone al seguito
UNA STORIA
LA STRADA NEL DESERTO
Testo e foto
Giovanni Lamonica
Già lasciando Nalut ci si accorge
che ci si sta spingendo verso l’ignoto. Anche la strada riduce la carreggiata
quasi timorosa di invadere spazi a lei non concessi. Lo spettacolo è
affascinante. Darwin, parlando del deserto, definiva le sue”qualità negative”,
irresistibili. Perché? La sua risposta era che simili terre lasciano libero
sfogo all’immaginazione. Come contraddirlo? L’importante sono le sensazioni:
rallentare spesso, guardarsi intorno, immergersi completamente in questo niente
assoluto. Come trasformare il monotono in qualcosa di suggestivo, quasi
ipnotico.
Andando il paesaggio è in
trasformazione, le aride colline cedono il passo all’immensità sconfinata del
deserto: il Sahara! Dopo Derj si piega decisamente ad ovest e dopo un centinaio
di km ecco apparire nel nulla l’oasi di Gadhames, “la perla” come viene spesso
definita. Giungerci al tramonto con le luci che si allungano nel deserto già
vale il viaggio che di fatto non è ancora iniziato.
Città millenaria, punto di
transito presso che ininterrotto per carovane provenienti da ogni parte del
continente africano. Giustamente dichiarata patrimonio dell’umanità è sicuramente
la città antica più grande e meglio conservata del paese, una tappa
obbligatoria a cui è impossibile rinunciare.
La parte antica e praticamente
disabitata, nonostante nel 1984 vi vivessero quasi 7000 persone, tutte
trasferite nel giro di 4 anni in alloggi più moderni.
Camminare nel dedalo di viuzze,
un labirinto di strade coperte che fanno affidamento sulla luce naturale, per
mezzo di lucernai, suggestivi, spesso equidistanti tra loro ed alti persino 10
metri, non può che lasciare esterrefatti. Di solito il “pacchetto turistico”
include la visita ad un lago salato, un castello e, conclusione della giornata
tramonto dall’alto di una delle dune che si affacciano verso il vicinissimo
confine algerino, ma non stupitevi troppo, visto quello che vi attenderà a sud.
Il giorno dopo sarà strada, tanta strada, la meta è Hun, circa 800 chilometri, nel
mezzo, il solito, fantastico niente, qualche distributore di benzina, pochi in
verità. Nel tratto più desolato quello da Darj a Ghariat, circa 300km incrocerò
un convoglio di 4 camion (ebbene sì in queste zone non si viaggia mai da
soli!!!), un pulmino di turisti fermo per problemi meccanici ed un paio di
macchine. In compenso me la caverò con 7 dinari di benzina, circa €4!!!! Arrivo
al posto di blocco prima di Hun e dalla guardiola alcuni militari in borghese a
cenni mi invitano ad avvicinarmi. Entro e mi offrono dell’acqua. Prendo la
bottiglia e la riempiamo. Uno dei ragazzi compare con un pacco pieno di
datteri, saranno almeno 3kg, me li offre. Ne arriva un altro con delle lattine
di gassosa, offerte anche queste. Mi chiedono se ho bisogno di benzina, ma
rispondo che con questa moto non ho problemi di autonomia. Mi domandano quanti
litri contenga il serbatoio: “24” rispondo, naturalmente a gesti.
Sono allibiti, non credono che
possa percorrere 400 chilometri e più senza fare rifornimento.
Hun, volutamente inserita
nell’itinerario, merita 2 righe a parte. 6 anni fa vi ero arrivato cercando una
persona ed avevo conosciuto 2 amici. Abubaker ed Abdul Fatah, conosciuti poche
ore prima, mi avevano ospitato nella casa del primo, dato che, come al solito,
ero senza soldi e senza la possibilità di poter cambiare in nero. Ricordo
ancora adesso quando i 2 confabulando in arabo, mi avevano poi comunicato:” ok,
secondo noi c’è solo una possibilità per te: resti a dormire a casa di
Abubaker, stasera sei nostro ospite a cena, e domani cambi il denaro a
Misurata”. Ho con me le foto delle loro bambine, scattate nel 1999, che avevo
provato ad inviargli appena rientrato in Italia ma che non hanno mai ricevuto.
Rintraccio facilmente Abubaker, è al suo negozio ed insieme andiamo da Abdul
Fatah. Trascorreremo tutto il pomeriggio insieme, visitando questa sonnolenta
cittadina del deserto libico.
“stavolta ho più soldi dell’altra
volta”
Ma non c’è niente da fare,
dormirò nella stessa stanza, nello stesso angolo e mangiando alla maniera araba
insieme ai 2 miei amici.
L’indomani, il tratto per
arrivare a Sabha, seguendo la strada più meridionale è anche quello peggiore
per quanto riguarda la qualità dell’asfalto, una specie di crosta piena di
crepe che non lascia scampo ad ammortizzatori e schiene. Traffico? Quasi
inesistente! Arriverò nel tardo pomeriggio e la sera conoscerò in un caffè Alì.
Parla inglese e, durante la discussione chiedo della Cirenaica e dei problemi
di Bengasi. Mi conferma come avevo
notizie, che quella è sicuramente la zona di tutto il paese dove Gheddafi ha
meno consensi popolari e ritiene che gli scontri, sfociati in una carneficina
con 15 morti e decine di feriti, siano stati generati da un malcontento
radicato e diffuso verso l’establishment governativo più che verso consolati e
rappresentanze straniere, in questo caso la nostra, fra l’altro l’unica
presente in quella città. Parliamo anche dell’idiota con la maglietta, ormai ex
ministro, ma probabilmente sono risentito nei confronti di tanta stupidità più
del mio interlocutore. Secondo Alì un altro grave problema del suo paese
è la diffusa povertà di alcune aree, specialmente nel sud, anche se ritiene che
il governo stia cambiando strategia, interessandosi maggiormente a queste zone
depresse. Sabha è comunque un importante centro turistico, che non ha
particolari punti di interesse ma una discreta vivacità. Da qui si parte per
tutte le escursioni alle maggiori attrattive della zona: le dune di Ubari, il
deserto dell’Akakus e quello del Murzuq. Ma si può fare diversamente ed andare
per strada, partendo direttamente da Ghat o da Al Awynat per l’Akakus e dalla
zona di Ubari per i suoi laghi. In una sola parola? Fantastici! La prima è
un’escursione che dura tra i 2 ed i 4 giorni, la seconda può essere affrontata
in giornata.
Perché tanta fatica, tanto calore
e conseguente sudore per arrivare in un posto dove anche d’inverno ci sono
temperature che sfiorano i 30°? Queste sono probabilmente le maggiori
attrattive del Sahara libico e presentano alcuni dei paesaggi desertici più
spettacolari del mondo. Il mare di sabbia di Ubari si estende per migliaia di chilometri quadrati e nasconde tra le sue gigantesche dune di sabbia rossa una serie di
laghetti che hanno qualcosa di fiabesco e fantastico, orlati da decine di
palme.
Il Jebel Akakus è forse ancora
più affascinante ed inquietante. Immaginate una catena montuosa di roccia
vulcanica, nera e sotto un mare di sabbia arancione, a volte rossa, a seconda
delle condizioni di luce e del periodo dell’anno che lo si visita. Un contrasto
cromatico da lasciare allibiti!
A questo va aggiunto che molte
delle formazioni rocciose sono abbellite da incisioni e dipinti rupestri,
alcune splendidamente conservate e risalenti fino a 12.000 anni fa.
C’è poco da fare, bisogna andarci
almeno una volta. E così ancora strada. La temperatura ed i colori avvertono
che si sta per entrare in una zona climatica diversa. Anche la temperatura,
fino ad ora tutto sommato piacevole ha un’improvvisa impennata, superando i
30°. In aprile 7 anni fa nell’Akakus trovai 55° all’ombra!!! Sono con un mese
di anticipo, per fortuna.
Ad Ubari le ultime case, un
distributore di benzina e qualche negozio di generi alimentari prima di altri
280 chilometri di pace assoluta: traffico inesistente, vento, sabbia. Arrivo ad Al
Awaynat e sono ai confini del mondo, anche gli stanchi abitanti che si riparano
dal sole e dal vento nelle zone in ombra delle loro case osservano questo uomo
nero chiedendosi dove vada. Ghat, vado a Ghat, la porta d’ingresso dell’Akakus!
E le montagne nere cominciano ad apparire dopo circa 60 chilometri, sulla sinistra,
alte, imponenti, mi scortano nelle ultime decine di km fino all’ingresso di
questa piccola, vivace cittadina di circa 16.000 abitanti. Questo è
praticamente uno dei pochi insediamenti tuareg permanenti nel Sahara con una
ben conservata Medina dominata da un castello iniziato dai turchi ma terminato
solo con l’arrivo degli italiani che lo trasformarono in una caserma. Mi
sistemo in una specie di ostello senza insegne, dove sono l’unico turista tra
lavoratori che provengono da paesi confinanti, in cerca di condizioni sociali
migliori o semplicemente sostando temporaneamente in attesa di spingersi più a
nord. Tutti parlano francese al contrario mio, ma i sorrisi e la cordialità la
fanno da padrone anche in mezza a tanta incomprensione linguistica. La sera
sono seduto in uno dei 2 ristorantini sulla via principale dove un corpulento
cuoco disossa polli e cuoce kebab con perizia certosina proprio in mezzo alla
strada. Montone, insalata ed un po’ di riso, oltre all’immancabile acqua.
Ascolto suoni, rumori, risate,
discorsi che non capisco.
Sono alla fine del viaggio. No, da
qui non si può che cominciare!