10 marzo 2011

ROMANIA maramures


Il distretto di Maramures, nel quale vivevano gli antichi Daci, è situato nella parte settentrionale della Romania, una zona sicuramente al di fuori delle abituali rotte turistiche, ma con tradizioni popolari assai vive e che, storicamente, comprendeva anche una decina di villaggi ormai passati all’Ucraina dalla quale è divisa dal fiume Tibisco.


ITINERARIO- Satu Mare, Baia Mare, Sighetu Marmaţiei, Sapanta, Sighetu Marmaţiei, Barsana, Bogdan Voda, Ieud, Sacel, Moisei, Borşa, P.N. Pietrosul Mare, Campolung Moldovenesc, Vama.
LUNGHEZZA- km 337
PERIODO CONSIGLIATO- sicuramente i mesi più caldi e nei casi fortunati quelli delle stagioni i intermedie, sicuramente non quelli di questo anno. Le montagne non sono altissime ma la latitudine influisce molto.
FONDO STRADALE- siamo in uno dei paesi che stanno per entrare a far parte della comunità economica europea ma se si considerano le condizioni dei vari fondi stradali non si direbbe. Prestare molta attenzione a buche e avvallamenti, anche percorrendo strade non secondarie. Gusto per l’avventura ed un po’ di curiosità ed il gioco è fatto, sperando di avere una compagna di viaggio accomodante. Ne vale la pena.


Proprio al confine con l’Ungheria e l’Ucraina, c’è una depressione cinta da alte montagne che hanno contribuito alla formazione di una originalissima unità di paesaggio e cultura: la regione del Maramures, in Romania. Noi arrivando dalla puszta ungherese, piatta, paludosa e nonostante la guida ci indichi la frontiera come un valico di confine, notiamo che le caratteristiche del paesaggio, ma sicuramente non quelle dell’asfalto (veramente pessime. Sì, siamo in Romania), non cambiano per almeno 80km, fino a Baia Mare dove un violento nubifragio ci trasporta in un’area geografica del tutto diversa. Le montagne compaiono improvvise e saliamo per una strada in pessime condizioni. Una vecchia miniera dopo una decina di km scorre  sulla dx e ci infiliamo in una gola, preludio di una delle zone più interessanti del continente.
51. Questo numero continua tornarmi in mente. No non è un ritardatario fallito del lotto che sto inseguendo invano o la famosa area dei test nucleari in Nevada. 
51€, sono il reddito pro capite di questa area del paese. E sicuramente le cose che più attraggono il viaggiatore distratto, alla cui categoria io senza dubbio appartengo, sono le condizioni di estrema sofferenza e povertà che abbinate alla davvero indecorosa condizione delle strade mi riporta alle esperienze sud americane. La gente? Se decidete di venire qui non preoccupatevi, nessun problema. Forse miseria, comunque assai dignitosa, ma grande ospitalità, cordialità e cortesia. Avete un problema od una perplessità? Vi siete persi o non trovate la strada (e qui credetemi può capitare anche se si raggiungerà l’estremo nella confinante Bulgaria). Non preoccupatevi, rivolgetevi tranquillamente alle persone del posto saranno ben liete di aiutarvi anche considerando il fatto che la lingua è sicuramente di aiuto essendo di origini latine. Dovunque, cosa che costituirà un fatto normale, bambini per strada ci salutano e ci corrono incontro. Si comincia a salire. Deve aver nevicato da poco. Faremo sosta dopo il villaggio minerario di Baia Sprie, che come molte città del suo genere è fortemente multi etnica, nella vana speranza che l’attesa giovi al miglioramento delle condizioni climatiche. Il giorno dopo se possibile, il tempo è ancora peggiore. La  ragazza che lavora nel residence che ci ha ospitato, mi dice che la giornata  sarà così e che il tempo si manterrà splendidamente antifotografico per almeno altri 2 giorni. 
Ho il morale alle stelle!! Partiamo.
Per lo meno ha smesso di piovere, si comincia  a salire verso il passo di Gutài.
Un ambiente transilvanico ci accompagnerà fino a Sighetu Marmaţiei, città di confine non che capitale del Maramures. L’Ucraina è ad un tiro di schioppo e dopo aver deciso di visitare il cimitero allegro di Sapanta (che con queste luci ha davvero poco di allegro a parte le due arzille vecchiette che ci accolgono) e la casa dove visse il premio nobel Herry Wissel, imbocchiamo la valle dell’Iza. La giornata non è sicuramente delle migliori, un cielo plumbeo (mi sto ripetendo?) ingrigisce il panorama ma ogni sosta è una vera gioia: tutti, dagli adulti ai bambini ci mostrano attenzioni e curiosità incredibili. A metà giornata ho già il mio bloccheto degli indirizzi pieno a metà. 
Non ti chiedono altro di inviarti una delle foto che vengono scattate. A Barsana arriviamo nel pomeriggio ed attraversando il paese in cui si susseguono i soliti splendidi portoni d’ingresso lavorati esclusivamente in legno, scorgiamo il monastero in alto, di nuova costruzione e nel quale vivono monache: operai al lavoro e una chiesa fedele allo stile della regione, quindi legno ma con un record in più, quello di essere, pare, la più alta d’Europa! 52m!
Sostiamo per quasi 2 ore aspettando che le nuvole lascino spazio al temporale che ci accompagna dalla mattina. Le cose vanno parzialmente bene e perlomeno, quando ripartiamo non piove più. Usciti dalla valle la strada si inerpica verso il passo di Prislop, l’unico che colleghi il Maramures con la Moldavia. Come attacca la salita, rimango indietro per fotografare. La strada inizia ad inerpircarsi nelle solite pessime condizioni, ma la vista comincia ad aprirsi. E qui si realizza l’ennesimo incantesimo: l’asfalto craterico, l’assenza di traffico, la solitudine mi riportano alle esperienze dell’Alaska e del Camino Austral in Cile o delle lande islandesi.
Siamo in Europa?
Scollino il passo a 1411m. C’è neve, fa freddo ma la sensazione è di assoluta libertà: apro la visiera del casco di uno scatto e comincio a scendere quasi sempre in piedi sulle pedane. Solo camion, pochi, con tronchi spesso più lunghi di un terzo dei loro rimorchi, che cercano di evitare le buche della strada ed io a cercare di evitare loro.
Finalmente! Dopo un inverno di relax eccoci ancora qui. Mi mancavano questi momenti.
Una frana ha interrotto la strada ed un gruppo di boscaioli sta cercando di pulire il manto stradale trascinando dei tronchi, probabilmente arrecando maggiori  danni al manto stradale. Interrompono per farmi transitare, un saluto e si riinizia. Incontrerò Mauro dopo 1 ora di assoluta, inebriante solitudine, nel primo villaggio in fondo alla valle che parla tranquillamente con un poliziotto. Ormai sono rientrato nella trance agonistica da viaggio solitario. Speriamo mi riesca a sopportare!!
“non volevo perdermi così ho chiesto!”
Arriveremo nel punto stabilito di fine tappa naturalmente tardi. Molto tradi. Troppo tardi. Troverete queste raccomandazioni-consigli anche nelel informazioni generali: non viaggiate di notte!
I carretti a cavallo continuano  a circolare anche dopo il tramonto senza alcuna possibilità di essere scorti, non accendono neanche una candela, e spesso anche nei villaggi non c’è illuminazione: una vera roulette russa, o rumena.
La sera nella simpatica pensione che ci accoglie conoscerò Nando, di Paestum, provincia di Salerno. Responsabile di una ditta di legnami ha fra i suoi dipendenti due rumeni.
“sono bravissimi nel campo (e ci credo!) ed in più sono anche ragazzi eccezionali, hanno insistito tanto che alla fine ho dovuto accettare e venire a trovare i loro familiari e che ospitalità. Comunque…… che donne, a Iasi sono rimasto a bocca aperta!!”
Gli rispondo che fino ad ora avevo notato altre caratteristiche del popolo rumeno ma che alla prima cittadina cercherò di verificare le sue impressioni.

La cultura del Maramures
Si dice spesso che il Maramures conserva l’anima della Romania. E’ una terra di usanze, tradizioni ed antiche superstizioni, rimasta immutata per centinaia di anni. La regione ha una grande tradizione nella costruzione di case e chiese con strutture in legno. Le case erano costruite con tronchi, cui si aggiungevano massicce travi con incredibili sistemi di giuntura. Tradizionalmente nelle valli dell’Iza, del Mara e del Cosau si impiegava il legno di quercia per costruire le case, mentre a Barsana si utilizzava il pino ed è ancora così. I tetti sono alti e spioventi, i più antichi sono rivestiti di paglia. Gli immensi cancelli in legno intagliato oggi indicano la condizione sociale e la ricchezza degli abitanti della casa, ma in origine furono costruiti solo per tenere lontani gli spiriti maligni. I cancelli rappresentavano la barriera simbolica tra la sicurezza della casa ed il mondo esterno sconosciuto, e la gente poneva denaro, incenso ed acqua santa sotto di essi per assicurarsi una maggiore protezione contro le forze del male. Tra le figure scolpite, figurano l’albero della vita, il serpente (guardiano contro gli spiriti maligni), uccelli (simboli dell’anima umana) ed un volto (per proteggersi dagli spiriti). Sacalas Gheorghe (1860-1934) fu uno degli intagliatori più apprezzati della regione.
La regione è famosa soprattutto per le sue chiese in legno, molte delle quali sono tutelate dall’UNESCO come patrimonio dell’umanità. Le chiese ortodosse sono divise in atrio, navata, ed altare. Le torri in stile gotico si levano fino a 50m sopra di esse ed il fatto che sopravvivano ai rigidi inverni della regione è una testimonianza dell’abilità tecnica dei costruttori. Il legno è ancora il principale materiale naturale e viene impiegato a diversi scopi, per esempio per realizzare le zucche delle feste nuziali, sigilli sacri intagliati ed icone dipinte. Croci di legno punteggiano il paesaggio; il crocefisso di Berbesti è di grande importanza storica essendo il più antico del suo genere della regione. Un’altra caratteristica del Maramures è la musica popolare, unica nel suo genere. Una piacevole occasione per ascoltarla è la Hora de la Prislop, l’importante festa che si svolge ogni anno la seconda domenica di agosto. I danzatori di horà battono i piedi, dondolano la parte superiore del corpo e battono vigorosamente le mani seguendo il ritmo di una “tapuriture”, una ballata accompagnata da una “zongora” tradizionale (un tipo di viola), una ceterà (violino) ed un atobà (un bongo fatto con, tanto per cambiare, legno di acero e abete, rivestito di pelle di capra o di pecora). La vita familiare è scandita da usanze e da riti di passaggio. La nascita è vista come il passaggio dell’anima dal mondo sconosciuto a quello conosciuto, il cosiddetto “mondo bianco”. Ogni nascita viene celebrata con una “botejune” (festa). Nelle cerimonie nuziali si mescolano rituali antichi e cristiani. Le cerimonie iniziano nelle case dei 2 sposi, che arrivano in chiesa separatamente. La baldoria però inizia soltanto dopo che la coppia è stata unita in matrimonio ed in genere non termina prima dell’alba. Anche la morte è segnata da molti rituali. Il corpo viene lavato, vestito nel costume tradizionale e vegliato in casa per 3 giorni. Il servizio funebre si svolge il 4° giorno ed è accompagnato da un componimento poetico che racconta la personalità e le imprese del defunto. Quando muoiono un ragazzo celibe od una ragazza nubile si celebra un matrimonio simbolico per accertarsi che abbiano vissuto una vita piena. Ci sono diverse leggende regionali, compresa quella su Martolea, una figura femminile mitica che punisce le donne se le sorprende a lavorare il martedì sera, e su Varcolac, un uomo che con la luna piena si trasforma in lupo mannaro ed aggredisce le persone. Se decidete di affrontare il viaggio ricordatevi che la domenica è il giorno migliore per visitare la zona. Uomini e donne sfoggiano gli abiti più belli, in un cromatico sovrapporsi di colori. Gli uomini indossano stivali al ginocchio, panciotti di pelle di pecora lavorati e trapuntati chiamati pieptar, con camice ricche di ricami. A coprire i pantaloni si portano le “fote”, grembiuli spesso a larghe strisce orizzontali in cui il nero si alterna al rosso, all’arancio, al verde ed al giallo. Gli anziani indossano cinture ornamentali chiodate e molti, agli stivali preferiscono ancora gli “opintchi”, le calzature dio panno chiaro annodate con lacci, le stesse utilizzate ai tempi dei romani. Naturalmente i costumi cambiano da valle a valle, a volte da villaggio a villaggio. Nella regione c’è anche una ferrea divisione dei mestieri. Lungo il fiume Tibisco per esempio, in tutte le case si tesse al telaio la lana per fare coperte, mentre lungo la valle del Mara si fila ed è possibile incontrare le donne, intente in questa tradizionale attività sulle soglie delle proprie abitazioni. La valle dell’Iza invece è famosa per i suoi intagliatori di legno.

                                                          






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