Ultima frontiera, così gli abitanti
dell’Alaska, con malcelato orgoglio, soprannominano questa terra, prima degli
Stati Uniti per estensione, ma solo 48° per popolazione. In nessuno altro stato
è ancora così vivo il mito che la frontiera ha rappresentato per un popolo che
discende da pionieri e cercatori d’oro.
ITINERARIO -Fairbanks, circolo
polare artico, Fairbanks, Denali National Park, Anchorage, Seward, Homer,
Seward, Kenai National Park, Whittier, Valdez (traghetto), Tok.
REGIONI
INTERESSATE- Alaska
Arrivo
a Fairbanks, ed un termometro per strada indica 32°. Però, direte voi, niente
male! Peccato solo che siano gradi farenheit, corrispondenti a 0° celsius.
Incrocio per l’ennesima volta Paul e Jerry (lo so, sembrano gli eroi dei
cartoni animati, ma si chiamano proprio così). Quest’ultimo mi affianca con la
sua moto e mi ordina in tono perentorio: ”domani tu vieni con noi al circolo
polare”.
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Risultato
del giorno dopo: 800km., di cui 700 di pista, con un tempo freddissimo ma
secco, con pioggia solo negli ultimi 150 km., sulla via del ritorno.
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D’altronde la storia dell’Alaska è caratterizzata
sempre ed esclusivamente da interessi economici, che hanno attratto ora i russi
ora gli americani verso territori altrimenti destinati ad essere popolati da
poche decine di migliaia di nativi. Basti pensare che nel 1867 la Russia, dopo aver
quasi completamente annientato le tribù indiane degli Aleuti, dei Tlingit (purtroppo
siamo alle solite!), ed aver sfruttato l’industria delle pellicce, ritenendo
esaurita ogni forma di possibile guadagno, cedette agli Stati Uniti, e non
senza polemiche tra gli stessi americani, l’intero territorio che andava dallo
stretto di Bering fino allo Yukon per la somma di 7.2 milioni di dollari, alla
fantasmagorica cifra di circa 10 cents per chilometro quadrato!! Solo in
seguito, questa terra sconfinata manifestò sfacciatamente le sue immense
ricchezze: prima le balene, poi gli immensi branchi di salmoni, poi ancora
l’oro, per arrivare infine ai giacimenti di petrolio e di gas naturali.
La Dalton highway fu costruita per rendere possibili
le comunicazioni con Prudhoe Bay, punto di partenza dell’oleodotto che, dopo
una corsa di 789 miglia va a terminare nella baia di Valdez.
I 2 vecchietti (60 anni scarsi, ma portati decisamente
bene), che mi hanno anche offerto il loro spazio tenda per sistemare la mia (gratis
naturalmente!), non sono niente male, come piloti intendo. Li incrocio 3 o 4
volte su questa pista fangosa, e vanno come delle schegge, sarà il freddo o la
paura degli orsi?
Il tempo, come al solito peggiora, e mi vedo costretto
ad attendere 1 giorno e mezzo, perché con queste condizioni, sarebbe
impossibile visitare il Denali national park. Fra l’altro uno dei giapponesi
(ce ne sono talmente tanti con le loro motociclettine di piccola cubatura 4
tempi, che mi è venuto il dubbio che, dopo aver fallito nella seconda guerra
mondiale, stiano tentando ora, l’invasione dell’Alaska), mi ha informato, che
tutti i campeggi nel parco sono prenotati fino al 10 settembre e siamo alla fine
di agosto!
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Vabbè, aspettiamo, sperando in un miracolo e…........il giorno dopo, sole per
tutto il tragitto, con vista sul Mc Kinley, il monte più alto del nord America,
e sistemazione nel campeggio nei pressi del visitor center, gratis, per 2
giorni. No, non mi chiedete come, è meglio. Il parco è straordinario! Se la
gioca alla pari, col Torre del Paine, in Cile. Colori meravigliosi, e questo gioiello del Mc Kinley, difficilissima
montagna di oltre 6000 metri, campo di esercitazione delle spedizioni
antartiche.
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Animali? In un giorno avrò visto almeno
15 grizzly, per non parlare di alci, caribou, cervi.
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L’altro super parco, di quelli raggiungibili via terra
intendo, è quello del Kenai, incantevole penisola a sud della capitale
Anchorage. Famoso per i suoi ghiacciai, la mia Lonely Planet consigliava la visita al
più famoso Exit Glacier ma, senza l’escursione in battello ai fiordi che
arrivano fino ad affacciarsi alle propaggini della imponente Harding Hicefield
( ben 2375 kmq), mancherà qualcosa. Considerare sempre il tempo; se già a Seward è brutto, probabilmente una volta in mare aperto, lo sarà ancora di più, con l’aggravante del vento, che potrebbe impedire, o peggio ancora interrompere a metà, l’escursione.
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Di Valdez, c’è poco da dire. Tristemente famosa per il
disastro della Exxon Valdez, che nel 1989 urtò un banco di scogli, riversando
nel Prince William Sound 11000000 di galloni di greggio, inquinando 1560 miglia
di costa.
Un disastro ecologico che scatenò a suo tempo, una
ridda di polemiche, che ancora si trascinano tra proposte di legge per la
salvaguardia dell’ambiente e opposizione da parte di chi vede nello
sfruttamento di queste risorse, un ulteriore fonte di arricchimento.