Il distretto di Maramures, nel quale vivevano gli antichi Daci, è situato nella parte settentrionale della Romania, una zona sicuramente al di fuori delle abituali rotte turistiche, ma con tradizioni popolari assai vive e che, storicamente, comprendeva anche una decina di villaggi ormai passati all’Ucraina dalla quale è divisa dal fiume Tibisco.
ITINERARIO- Satu Mare, Baia Mare, Sighetu Marmaţiei, Sapanta,
Sighetu Marmaţiei, Barsana, Bogdan Voda, Ieud, Sacel, Moisei, Borşa, P.N.
Pietrosul Mare, Campolung Moldovenesc, Vama.
LUNGHEZZA- km 337
PERIODO CONSIGLIATO- sicuramente i mesi più caldi e
nei casi fortunati quelli delle stagioni i intermedie, sicuramente non quelli
di questo anno. Le montagne non sono altissime ma la latitudine influisce
molto.
FONDO STRADALE- siamo in uno dei paesi che stanno per entrare a
far parte della comunità economica europea ma se si considerano le condizioni
dei vari fondi stradali non si direbbe. Prestare molta attenzione a buche e
avvallamenti, anche percorrendo strade non secondarie. Gusto per l’avventura ed
un po’ di curiosità ed il gioco è fatto, sperando di avere una compagna di
viaggio accomodante. Ne vale la pena.
Proprio al confine con
l’Ungheria e l’Ucraina, c’è una depressione cinta da alte montagne che hanno
contribuito alla formazione di una originalissima unità di paesaggio e cultura:
la regione del Maramures, in Romania. Noi arrivando dalla puszta ungherese,
piatta, paludosa e nonostante la guida ci indichi la frontiera come un valico
di confine, notiamo che le caratteristiche del paesaggio, ma sicuramente non
quelle dell’asfalto (veramente pessime. Sì, siamo in Romania), non cambiano per
almeno 80km, fino a Baia Mare dove un violento nubifragio ci trasporta in
un’area geografica del tutto diversa. Le montagne compaiono improvvise e
saliamo per una strada in pessime condizioni. Una vecchia miniera dopo una
decina di km scorre sulla dx e ci
infiliamo in una gola, preludio di una delle zone più interessanti del
continente.
51. Questo numero continua
tornarmi in mente. No non è un ritardatario fallito del lotto che sto
inseguendo invano o la famosa area dei test nucleari in Nevada.
51€, sono il reddito pro capite
di questa area del paese. E sicuramente le cose che più attraggono il
viaggiatore distratto, alla cui categoria io senza dubbio appartengo, sono le
condizioni di estrema sofferenza e povertà che abbinate alla davvero indecorosa
condizione delle strade mi riporta alle esperienze sud americane. La gente? Se
decidete di venire qui non preoccupatevi, nessun problema. Forse miseria,
comunque assai dignitosa, ma grande ospitalità, cordialità e cortesia. Avete un
problema od una perplessità? Vi siete persi o non trovate la strada (e qui
credetemi può capitare anche se si raggiungerà l’estremo nella confinante
Bulgaria). Non preoccupatevi, rivolgetevi tranquillamente alle persone del
posto saranno ben liete di aiutarvi anche considerando il fatto che la lingua è
sicuramente di aiuto essendo di origini latine. Dovunque, cosa che costituirà
un fatto normale, bambini per strada ci salutano e ci corrono incontro. Si
comincia a salire. Deve aver nevicato da poco. Faremo sosta dopo il villaggio
minerario di Baia Sprie, che come molte città del suo genere è fortemente multi
etnica, nella vana speranza che l’attesa giovi al miglioramento delle
condizioni climatiche. Il giorno dopo se possibile, il tempo è ancora peggiore.
La ragazza che lavora nel residence che
ci ha ospitato, mi dice che la giornata
sarà così e che il tempo si manterrà splendidamente antifotografico per
almeno altri 2 giorni.
Ho il morale alle stelle!!
Partiamo.
Per lo meno ha smesso di
piovere, si comincia a salire verso il
passo di Gutài.
Un ambiente transilvanico ci
accompagnerà fino a Sighetu Marmaţiei, città di
confine non che capitale del Maramures. L’Ucraina è ad un tiro di schioppo e
dopo aver deciso di visitare il cimitero allegro di Sapanta (che con queste
luci ha davvero poco di allegro a parte le due arzille vecchiette che ci accolgono)
e la casa dove visse il premio nobel Herry Wissel, imbocchiamo la valle
dell’Iza. La giornata non è sicuramente delle migliori, un cielo plumbeo (mi
sto ripetendo?) ingrigisce il panorama ma ogni sosta è una vera gioia: tutti,
dagli adulti ai bambini ci mostrano attenzioni e curiosità incredibili. A metà
giornata ho già il mio bloccheto degli indirizzi pieno a metà.
Non ti chiedono
altro di inviarti una delle foto che vengono scattate. A Barsana arriviamo nel
pomeriggio ed attraversando il paese in cui si susseguono i soliti splendidi
portoni d’ingresso lavorati esclusivamente in legno, scorgiamo il monastero in
alto, di nuova costruzione e nel quale vivono monache: operai al lavoro e una
chiesa fedele allo stile della regione, quindi legno ma con un record in più,
quello di essere, pare, la più alta d’Europa! 52m!
Sostiamo per
quasi 2 ore aspettando che le nuvole lascino spazio al temporale che ci
accompagna dalla mattina. Le cose vanno parzialmente bene e perlomeno, quando
ripartiamo non piove più. Usciti dalla valle la strada si inerpica verso il
passo di Prislop, l’unico che colleghi il Maramures con la Moldavia. Come
attacca la salita, rimango indietro per fotografare. La strada inizia ad
inerpircarsi nelle solite pessime condizioni, ma la vista comincia ad aprirsi.
E qui si realizza l’ennesimo incantesimo: l’asfalto craterico, l’assenza di
traffico, la solitudine mi riportano alle esperienze dell’Alaska e del Camino
Austral in Cile o delle lande islandesi.
Siamo in
Europa?
Scollino il
passo a 1411m. C’è neve, fa freddo ma la sensazione è di assoluta libertà: apro
la visiera del casco di uno scatto e comincio a scendere quasi sempre in piedi
sulle pedane. Solo camion, pochi, con tronchi spesso più lunghi di un terzo dei
loro rimorchi, che cercano di evitare le buche della strada ed io a cercare di
evitare loro.
Finalmente! Dopo
un inverno di relax eccoci ancora qui. Mi mancavano questi momenti.
Una frana ha
interrotto la strada ed un gruppo di boscaioli sta cercando di pulire il manto
stradale trascinando dei tronchi, probabilmente arrecando maggiori danni al manto stradale. Interrompono per farmi
transitare, un saluto e si riinizia. Incontrerò Mauro dopo 1 ora di assoluta,
inebriante solitudine, nel primo villaggio in fondo alla valle che parla
tranquillamente con un poliziotto. Ormai sono rientrato nella trance agonistica
da viaggio solitario. Speriamo mi riesca a sopportare!!
“non volevo
perdermi così ho chiesto!”
Arriveremo
nel punto stabilito di fine tappa naturalmente tardi. Molto tradi. Troppo
tardi. Troverete queste raccomandazioni-consigli anche nelel informazioni
generali: non viaggiate di notte!
I carretti a
cavallo continuano a circolare anche
dopo il tramonto senza alcuna possibilità di essere scorti, non accendono
neanche una candela, e spesso anche nei villaggi non c’è illuminazione: una
vera roulette russa, o rumena.
La sera
nella simpatica pensione che ci accoglie conoscerò Nando, di Paestum, provincia
di Salerno. Responsabile di una ditta di legnami ha fra i suoi dipendenti due
rumeni.
“sono
bravissimi nel campo (e ci credo!) ed in più sono anche ragazzi eccezionali,
hanno insistito tanto che alla fine ho dovuto accettare e venire a trovare i
loro familiari e che ospitalità. Comunque…… che donne, a Iasi sono rimasto a
bocca aperta!!”
Gli rispondo
che fino ad ora avevo notato altre caratteristiche del popolo rumeno ma che
alla prima cittadina cercherò di verificare le sue impressioni.
La cultura del Maramures
Si dice spesso che il Maramures
conserva l’anima della Romania. E’ una terra di usanze, tradizioni ed antiche
superstizioni, rimasta immutata per centinaia di anni. La regione ha una grande
tradizione nella costruzione di case e chiese con strutture in legno. Le case
erano costruite con tronchi, cui si aggiungevano massicce travi con incredibili
sistemi di giuntura. Tradizionalmente nelle valli dell’Iza, del Mara e del
Cosau si impiegava il legno di quercia per costruire le case, mentre a Barsana
si utilizzava il pino ed è ancora così. I tetti sono alti e spioventi, i più
antichi sono rivestiti di paglia. Gli immensi cancelli in legno intagliato oggi
indicano la condizione sociale e la ricchezza degli abitanti della casa, ma in
origine furono costruiti solo per tenere lontani gli spiriti maligni. I
cancelli rappresentavano la barriera simbolica tra la sicurezza della casa ed
il mondo esterno sconosciuto, e la gente poneva denaro, incenso ed acqua santa
sotto di essi per assicurarsi una maggiore protezione contro le forze del male.
Tra le figure scolpite, figurano l’albero della vita, il serpente (guardiano
contro gli spiriti maligni), uccelli (simboli dell’anima umana) ed un volto
(per proteggersi dagli spiriti). Sacalas Gheorghe (1860-1934) fu uno degli
intagliatori più apprezzati della regione.
La regione è famosa
soprattutto per le sue chiese in legno, molte delle quali sono tutelate
dall’UNESCO come patrimonio dell’umanità. Le chiese ortodosse sono divise in
atrio, navata, ed altare. Le torri in stile gotico si levano fino a 50m sopra
di esse ed il fatto che sopravvivano ai rigidi inverni della regione è una
testimonianza dell’abilità tecnica dei costruttori. Il legno è ancora il
principale materiale naturale e viene impiegato a diversi scopi, per esempio
per realizzare le zucche delle feste nuziali, sigilli sacri intagliati ed icone
dipinte. Croci di legno punteggiano il paesaggio; il crocefisso di Berbesti è
di grande importanza storica essendo il più antico del suo genere della
regione. Un’altra caratteristica del Maramures è la musica popolare, unica nel
suo genere. Una piacevole occasione per ascoltarla è la Hora de la Prislop,
l’importante festa che si svolge ogni anno la seconda domenica di agosto. I
danzatori di horà battono i piedi, dondolano la parte superiore del corpo e
battono vigorosamente le mani seguendo il ritmo di una “tapuriture”, una
ballata accompagnata da una “zongora” tradizionale (un tipo di viola), una
ceterà (violino) ed un atobà (un bongo fatto con, tanto per cambiare, legno di acero
e abete, rivestito di pelle di capra o di pecora). La vita familiare è scandita
da usanze e da riti di passaggio. La nascita è vista come il passaggio
dell’anima dal mondo sconosciuto a quello conosciuto, il cosiddetto “mondo
bianco”. Ogni nascita viene celebrata con una “botejune” (festa). Nelle
cerimonie nuziali si mescolano rituali antichi e cristiani. Le cerimonie
iniziano nelle case dei 2 sposi, che arrivano in chiesa separatamente. La
baldoria però inizia soltanto dopo che la coppia è stata unita in matrimonio ed
in genere non termina prima dell’alba. Anche la morte è segnata da molti
rituali. Il corpo viene lavato, vestito nel costume tradizionale e vegliato in
casa per 3 giorni. Il servizio funebre si svolge il 4° giorno ed è accompagnato
da un componimento poetico che racconta la personalità e le imprese del
defunto. Quando muoiono un ragazzo celibe od una ragazza nubile si celebra un
matrimonio simbolico per accertarsi che abbiano vissuto una vita piena. Ci sono
diverse leggende regionali, compresa quella su Martolea, una figura femminile
mitica che punisce le donne se le sorprende a lavorare il martedì sera, e su
Varcolac, un uomo che con la luna piena si trasforma in lupo mannaro ed
aggredisce le persone. Se decidete di affrontare il viaggio ricordatevi che la
domenica è il giorno migliore per visitare la zona. Uomini e donne sfoggiano
gli abiti più belli, in un cromatico sovrapporsi di colori. Gli uomini
indossano stivali al ginocchio, panciotti di pelle di pecora lavorati e
trapuntati chiamati pieptar, con camice ricche di ricami. A coprire i pantaloni
si portano le “fote”, grembiuli spesso a larghe strisce orizzontali in cui il
nero si alterna al rosso, all’arancio, al verde ed al giallo. Gli anziani
indossano cinture ornamentali chiodate e molti, agli stivali preferiscono
ancora gli “opintchi”, le calzature dio panno chiaro annodate con lacci, le
stesse utilizzate ai tempi dei romani. Naturalmente i costumi cambiano da valle
a valle, a volte da villaggio a villaggio. Nella regione c’è anche una ferrea
divisione dei mestieri. Lungo il fiume Tibisco per esempio, in tutte le case si
tesse al telaio la lana per fare coperte, mentre lungo la valle del Mara si
fila ed è possibile incontrare le donne, intente in questa tradizionale
attività sulle soglie delle proprie abitazioni. La valle dell’Iza invece è
famosa per i suoi intagliatori di legno.