Come si dice, la prima non si scorda mai!! ho avuto occasione di maneggiare alcune foto del primo viaggio in soitario al di fuori del continente europeo, luglio 2000, nord america, 3 mesi e poco meno di 30.000km percorsi. Avete mai avuto un sogno? Perché qui parliamo di sogni. Un sogno che, allora, si trasformò in realtà. Lo chiamai progetto 2000? Perché? Tutto era nato per caso, a bordo di una macchina presa a nolo nel lontano febbraio 98, percorrendo polverose strade secondarie nel sud del Cile. Paolo aveva aperto la discussione:“E se prendessi un anno di aspettativa?, potremmo viaggiare attraverso il continente americano da nord a sud!”
“ Si, si potrebbe fare”
E via a gettare ipotesi, itinerari, possibilità. Macchina?, treni?, bicicletta?, giusto facendo autostop? Ma quando!?! Praticamente eravamo in disaccordo su tutto, tranne che nella data: il fatidico 2000, come anno votato al nostro sacrificio!! “Probabilmente ci sarà un puttanaio di gente che arriverà in Italia, in occasione del giubileo, e noi che facciamo? Cambiamo continente, ce ne andiamo!! Da allora parlammo qualche volta di questo “progetto 2000”. Naturalmente le cose, come sempre d’altronde, non sono andate esattamente così, ma credo che comunque questa idea abbia notevolmente influenzato le mie scelte.
CI SIAMO, CI SIAMO, CI SIAMO, CI
SIAMO, CI SIAMO, CI SIAMO, CI SIAMO, CI SIAMO, CI SIAMO!!!!
Questa frase mi martella le tempie. L’idea era stata
partorita qualche tempo fa in maniera molto semplice, salvo poi subire, quello
che potrei definire il virus di una vera e propria mente malata: cercare di
unire il raduno di Sturgis con quello di Daytona, entrambi straordinari nel loro
genere, ma in periodi dell’anno completamente differenti, con una sola
spedizione del mezzo. Quindi invio della moto in giugno-luglio, e ritorno
orientativamente nello stesso periodo, ma un anno dopo. Le cose non sono poi
andate come da programma, ma chi è sicuro di ciò che il futuro può riservarci
alzi la mano. Focalizzati in Los Angeles o Miami, i punti dove eventualmente
parcheggiare temporaneamente la moto per qualche mese (grazie anche alla
disponibilità d’amicizie in loco), l’itinerario comincia lentamente a prendere
forma.
“ok, passo di qua, ma sono vicino a…”, e, come spesso
succede, si è dilatato, dilatato, dilatato, fino a raggiungere le mostruose
proporzioni di un oggetto tentacolare, che si contorce e stritola il continente
nord americano. Ce la farò? Ma
quando cazzo mi capita più un’occasione del genere? E così via, Canada
orientale fino all’isola di New-Foundland, coast to coast alto tra Canada e
Stati Uniti, Alaska con ritorno dall’Inside Passage, e parchi nazionali a
raffica attraversando Washington, Oregon e California. Minchia che giro, direte
voi! Intanto i soliti problemi di spedizione (ma sarò io che porto sfiga?).
L’arrivo del mezzo, previsto in concomitanza con il mio volo aereo, slitta di una settimana,
e mi obbliga a stravolgere, e non poco, l’itinerario. In pratica, moto inviata l’8 giugno, con partenza
prevista il 15 dello stesso mese. Partenza effettiva il 22, con un ritardo di
consegna di circa 10 giorni.
E New York non è sicuramente il posto più economico per
soggiornare, anche se sicuramente uno dei più affascinanti.
Già, New York: ristorante Barolo, quartiere Soho,
Lexington Avenue. Qui ho avuto la fortuna di assistere ad uno dei furti più
spettacolari della mia esistenza. 5 persone (6 con me, fortunatamente ospitato
in precedenza a cena in casa di parenti di Vera, nel New Jersey): 2 bottiglie
di vino scelte da Fabio, tenutosi, per sua stessa ammissione, volutamente basso
di prezzo, 2 antipasti misti, un primo, una zuppa di farro, 3 dolci e 3 caffè.
Il cameriere, parlano tutti in italiano, si avvicina ad 1 di noi: ” Monica,
sono 189 più 30 per la mancia”.
Ed io ad assistere inerme a questa che, ai miei occhi, si presenta come una rapina perpetrata ai
danni di occasionali amici di una serata.
Comunque, una volta a cavallo, costretto a rinunciare al
Canada orientale per questioni di tempo materiale, appare subito chiaramente, che questo non sarà,
meteorologicamente parlando, uno degli anni migliori.
Adirondack mountain: la zona più selvaggia dello stato di New York; parlando con i locali, confermano che è stato un inizio d’estate assai strano. Thousand islands, sul fiume San Lorenzo, sotto una pioggia battente. Ottawa, tutti, anche immigrati da 40 anni, affermano di non ricordare una stagione così piovosa. Aggiungiamo il tornado in Alberta con ben 15 morti, zona praticamente immune da questi fenomeni atmosferici. Tutto ciò, comincia non dico a preoccuparmi, ma quasi. Speriamo!!! Comunque, fuori dalla grande mela, il contatto con la gente comincia ad assumere un rapporto più diretto e personale. A Tapper lake, dopo un’estenuante, ma a dir poco esilarante trattativa, a base di battute, misundersting culturali e linguistici, vengo ospitato gratis nella rimessa del motel, che funge da falegnameria. Anthony, viene dalla Romania, e dice che comunque siamo europei, e per di più vicini!!!!! I prezzi per dormire, soprattutto dopo l’esperienza sud americana, sono al di sopra dei nostri standard, specialmente delle mie tasche, di almeno 3 categorie. Il problema è anche questo astronomico dollaro, ma spendere $50-60 per un motel, che dopo gli ostelli e i campeggi, sono le soluzioni più economiche, mi sembra uno sproposito. Bisogna escogitare qualcosa, penso, ma a parte la prostituzione non mi viene in mente nulla per il momento. Ma non disperiamo.
Grazie ad un amico incontrato l’anno scorso in Italia, la comunità
italiana di Ottawa mi lascia un’ottima impressione. A parte questo, la città è
bellissima, con stile e ritmi di vita europei, sicurissima, ma avevo avuto la
stessa impressione anche di New York, a proposito di sicurezza. Il cambio di
programma mi concede la possibilità di poter visitare l’Ontario. Tanto per
cambiare, tempo inclemente; in 10 giorni, avrò visto il sole 3 o 4 volte, e che
freddo! Anche qui solito ritornello a proposito del tempo. Mi scopro a
pensare all’Alaska, ed a cosa mi aspetterà lassù, soprattutto se questi sono i
presupposti. Voglio il caldo, voglio l’Italia con la sua umidità! Per quanto
riguarda il piacere della guida, sono un po’ deluso, a parte
qualche raro caso, vedi la zona dell’Adirondack, ed il Deer trail in Canada.
Anche dove le strade sono riportate sulle cartine dettagliate come panoramiche,
non sono sicuramente dei passi alpini per intenderci; vabbè, consoliamoci con
gli scenari che a volte sono davvero niente male. I limiti di velocità variano da stato a stato, si passa dai 55 nello stato di New
York, per arrivare ai 75 del sud Dakota, e 20 miglia sono quasi 35 km. all’ora
in più, mentre in Canada non si devono superare i 100km all’ora, un vero rompicapo! Aggiungere poi una tolleranza in eccesso da parete delle autorità, di 20 km orari per il Canada, e di 10 miglia per gli
Stati Uniti. A parte ciò, i parchi provinciali, sono piuttosto interessanti. In ordine
Algonquin, Awenda, Killbear, Killarney, Mississagi. Qui però programmare un
paio di giorni in più, per noleggiare una canoa ed andarsene a spasso per
canali ed isolotti che sono migliaia non sarebbe niente male!!!
Il tratto tra Midland e Parry Sound, nella Georgian Bay,
che poi altro non è che una parte del lago Huron, ne ha più di 30000, di isole
intendo, certo a volte sono solo scogli, ma sono un’infinità. Sempre sullo
stesso lago, c’è Manitoulin island, la più grande isola di acqua dolce, circa 140km per 40, abbondantemente più grande del nostro lago di Garda. Figurarsi
il lago che la contiene!! A Sault Ste.Marie poi, c’è l’apoteosi del festival
dell’acqua dolce; il dislivello tra lago Superior ed Huron è di circa 7 metri,
e con un sapiente intervento umano, a base di dighe, canali e chiuse, è
permesso il transito continuo di battelli e navi. Le 2 chiuse sono imponenti ed
anche la cittadina non è niente male.
Approfitto anche dell’ostello, solo $21, il prezzo di un
campeggio. Ritorniamo alle dolenti note. Qui dormire costa, non ci sono cazzi!
Nei parchi provinciali, la media è di $20. Certo, ti danno una piazza d’armi,
ma io ho solo la tenda singola. E poi la cosa fastidiosa è vedere gente che,
con un motorhome delle dimensioni di un articolato, paga come te, o poco più! I
parchi sono tutti da vedere almeno per una mezza giornata, ma considerare il
tempo, quindi approfittare delle belle giornate per il noleggio delle canoe. Le
mie scelte sono: Killarney in prima battuta, come riserva Killbear.
Prima di affrontare le pianure settentrionali, mi concedo
4 giorni di sosta a Chicago, veramente bella, ed un altro paio vicino
Milwaukee. La capitale dell’Illinois, è una vera sorpresa in positivo: bella,
sicurissima, e, udite udite, vivibilissima. E’ possibile ed io l'ho fatto, visitarla in bici, stupendosi di come una città con 4 milioni di abitanti, sia
così poco congestionata dal traffico. In Michigan, ho trovato la benzina ai
prezzi più bassi del nord America, appena 1.3$ per gallone, la più cara nello
Stato di New York, più di1.8$ per gallone (stiamo comunque parlando di circa
£1100 al litro). Prima di attraversare il Mississipi, mi concedo l’ennesima
deviazione per arrivare dalle parti di Cashton, dove vivono un gruppo di Amish,
certo non è una grande comunità, come quelle della Pensylvania, ma credo che ne
valga comunque la pena. Una volta passato il Mississipi poi, comincia un
trasferimento vero e proprio, direzione Badlands: circa 2 giorni, e scordandosi di percorrere strade alternative, poiché sono tutte uguali: dritte fino alla
noia!
Una volta giunti nella
zona sud-ovest del Sud Dakota le cose cambiano: oltre alla indiscutibile bellezza dei paesaggi,
anche le strade cominciano ad essere più guidabili.
Assai belle la 16, la Norbeck
memorial scenic byway, nelle Black Hills, e la 87, la Needles Highway scenic
drive, con la wildlife loop road, entrambe nel Custer State Park.
Unica avvertenza: i bufali, ce ne sono a
mandrie, e non deve essere molto simpatico stamparsi contro 2 tonnellate di
carne e pelo!!!
Alla fine di Luglio, mi accorgo che se voglio realmente
arrivare in Alaska, devo accelerare un po’ i tempi.
Unico problema: sto per entrare in una delle aree più
spettacolari, paesaggisticamente parlando di tutto il Nord America: le montagne
rocciose mi attendono, ed io non so cosa fare. Anche le informazioni raccolte
per strada, mi confermano che ho poco da trastullarmi in giro per monti,
poiché, già dalla fine di agosto il tempo al nord, può diventare a dire poco
ostile. Ok, decido di essere il più rapido possibile.
Il mio programma iniziale, prevedeva un veloce
attraversamento degli stati americani, sono comunque nel periodo di maggiore
afflusso turistico, così la rinuncia non mi costerà molti sacrifici, penso, qualche giorno di sosta nei parchi canadesi, e poi via verso l’Alaska. Ma come
al solito, le cose si sviluppano sempre in maniera diversa da come noi le
progettiamo. Salto Buffalo, con i suoi quotidiani “rodeos” :
“in un anno e mezzo di nord America, spero mi capiterà
qualche altra occasione” penso fra me e me, e fin qui tutto bene! Consultando
la guida però, vedo che il Sinks Canyon State Park, è considerato uno dei 50
parchi statali più belli degli Stati Uniti: non solo ci vado, ma ci pernotto
pure, nonostante sia decisamente fuori itinerario.
Inutile dire che il posto è stupendamente desolato ed
affascinante.
Il parco di Yellowstone, è praticamente comunicante con
il Grand Teton , un altro parco nazionale dominato da 12 frastagliate guglie di
granito alte anche 3500 metri, che si specchiano in una serie di laghi e
torrenti; va da sé che la tabella di marcia è andata a farsi fottere: “ Va bene
domani si parte” penso la sera stessa bivaccando nella riserva del Teton, sì,
avevo visitato anche quella!! Anche qui le strade, sono il meglio che ci si
possa attendere. Tutte asfaltate, tranne le 2 divagazioni del Sinks State Park,
e del Teton National Forest. da non confondere con l’omonimo parco nazionale,
per giunta confinante: in tutto un centinaio di km., non molto difficili, ma
assolutamente da non perdere per la selvaggia e solitaria bellezza dei luoghi. Così,
dopo il crimine perpetrato ai danni di Yellowstone, semplicemente attraversato,
quando meriterebbe almeno 3-4 giorni, penso di essermi definitivamente rimesso
in carreggiata: niente più cazzate, l’autunno incombe, e l’Alaska non aspetta.
Le
strade sono tutte, dico tutte a dir poco fantastiche, ed anche, nonostante
fosse altissima stagione, poco trafficate, visto il periodo. Buona regola quella di rispettare i
limiti di velocità, che nei parchi possono sembrare ridicoli. Io sono stato
sicuramente fortunato, ma ho visto ranger fermare, e probabilmente multare
mezzi che andavano a meno di 5 miglia oltre il limite consentito. Come al
solito attenzione agli animali: alci, cervi, bufali ed orsi possono
rappresentare un pericolo ben maggiore dei ranger stessi.
Così arrivo a Butte, Montana, e dopo l’assistenza al
fedele destriero (ogni tanto cambiamo almeno l’olio, che diamine!!), ho la
sconsiderata idea di chiedere se per caso nei paraggi, c’è o ci sarà un rodeo.
“Oggi, qui”, è la risposta di uno dei venditori della
concessionaria, che gentilmente mi aveva messo a disposizione gli attrezzi
d’officina; cerco di prendere una scusa a me stesso andando sul posto a
chiedere, ma niente da fare, quello di stasera è un bull rhama (non so se
scrive così, ma per certo si pronuncia bullarama), con tanto di tori incazzati,
assolutamente da non perdere, a sentire i miei interlocutori.
Vabbè, campeggio, ed un altro giorno perso (ma sarà
proprio perso?), con serata in questo recinto, attorniato da autentici cowboy
che, incuriositi ti offrono birre, e chiedono cosa diavolo ci fa un italiano a
Butte, Montana.
A parte questo il Montana, con questo Glacier National
Park, è una vera chicca per intenditori. Credo che sia il modo più
intelligente, oltre che piacevole per entrare od uscire dalla zona dei parchi
canadesi.
E’ sicuramente un punto fermo in un eventuale viaggio
alla scoperta dei parchi delle montagne rocciose. Credo sia una dei passi più
panoramici di tutto il Nord America. Considerate che il parco sconfina in
Canada cambiando nome: Waterton Lakes National Park.
La 93 che unisce il parco di Banff, alla cittadina di
Jasper, è considerata la strada asfaltata più spettacolare del Canada. Nei 2
parchi canadesi, consiglio anche di percorrere la 1A, e la 93A, strade secondarie,
che permettono di evitare l’intenso traffico estivo, e di poter ammirare una
serie di cascate ed il Johnson canyon davvero interessanti. Scendendo verso
sud, o seguendo il percorso inverso, anche per evitare la highway 2, (che mette
in comunicazione Banff con Waterton) una piacevole deviazione può essere
rappresentata, dalle strade 40 e 22, che attraversano la Kananaskis valley,
deserte e piacevoli da guidare.
Ormai le cose, una volta entrato in Canada, complice
anche un tempo veramente splendido (l’Ontario con le sue piogge sembra
veramente lontano!), prendono davvero una bella piega. A voler essere pignoli,
potrei dire che c’è un po’ troppa affluenza turistica, (cosa che non avevo
assolutamente notato in U.S.A.) ma d’altronde siamo pur sempre in alta
stagione. Penso che, probabilmente in Italia dovrebbe essere peggio e la cosa
mi rincuora. Mi capita di incontrare anche diversi italiani, soprattutto nei
parchi dell’Alberta. In questi giorni il problema ricorrente, è quello della
gomma posteriore. Che vita eh? Direte voi, e che problemi!!!
Il fatto è che al nord sono convinto della difficoltà di
trovare coperture per moto, e che, da Prince George, fino al traghetto di
Skagway, dovrò guidare per almeno altri 6000km, più sterrati vari.
No, non ce la faccio!!
Si presentano 2 soluzioni: prendere una gomma di scorta,
portarsela dietro, e non avere problemi di itinerari e o cambiamenti, oppure
tagliare le piste del nord, quindi il Klondyke con le sue città minerarie, le
piste oltre il circolo polare artico, e cercare di arrivare alla meno peggio a
Vancouver, cambiare il pneumatico, e continuare il viaggio.
La seconda soluzione, sarebbe la più logica, sia perché
il mio progetto iniziale, era solo di arrivare in Alaska, (e non di fare più di
1500 km. di fuoristrada) sia perché le notizie meteorologiche non sono
certamente incoraggianti. Che fare?
Per arrivare a Dawson Creek, punto di partenza della
mitica alaskan highway, ci sono 2 strade: la prima, che punta direttamente a
nord; la seconda che segue le Rocky mountain.
Naturalmente, scelgo quest’ultima.
400km. da Jasper a Prince Gorge, sotto un vero e proprio
nubifragio: non saprei che dirvi, la cartina dell’automobil club la segnava
come panoramica, ma se dicessi qualcosa in merito, sarebbe una spudorata
menzogna.
Ed una volta arrivato, che faccio?
Naturalmente mi inguaio, prima acquistando una gomma da
enduro, non della misura giusta (ma non ne ho trovate altre), fra l’altro, e
poi una tanica per la benzina. Risultato: la moto, a cui sono costretto a spostare
la marmitta per questioni di spazio, è uno spettacolo solo a vederla!
Il freddo comincia a farsi sentire.
In compenso, in concessionaria, conosco Hans, che prima
si offre di aiutarmi nella ricerca della gomma (è stata una vera impresa!), poi
mi invita a cena, ed infine mi ospita per la notte a casa sua. Continuo a
stupirmi dell’ospitalità della gente, sempre disposti a darti una mano
spontaneamente, smentendo così l’idea stereotipata che avevo di un popolo
freddo e riservato. Cazzo (diamine suona meglio?), a volte mi sembra di essere
addirittura in Sud America!!
Comunque, ormai, il paesaggio è completamente cambiato,
le montagne con i loro splendidi parchi, e la natura incontaminata, sono ormai
alle spalle. Il nord quello vero, ormai mi attende.
Me lo fa notare anche il tempo, tornato decisamente al
brutto.
Il giorno dopo mi attende un altro trasferimento sotto
una pioggia battente, che a volte si trasforma in nevischio. Le persone che
incrocio per strada, nelle aree di servizio, mi chiedono se stò scendendo o
salendo, ed alla mia risposta”Alaska”, fanno una faccia stana, come per
dire”cazzi tuoi!”.
A Dawson Creek, un cippo bianco, con tanto di
segnalazione ”mile zero”, mi ricorda l’inizio dell’Alaskan highway. Da qui in
poi, migliaia di km., con soli pochi centri abitati. La sua lunghezza totale, è
di 1500 miglia, 2500 km., più o meno. Percorsa fuori stagione, e basta attendere la metà di agosto, è praticamente
priva di traffico.
Lo straordinario è che può essere percorsa, come
le piste che oltrepassano il circolo polare artico, in qualsiasi periodo
dell’anno. Quando fu inaugurata, il 29 novembre 1942, era una striscia di terra ad
una sola corsia. Completamente asfaltata ora, tranne gli interminabili e frequentissimi
tratti sottoposti agli eterni lavori di mantenimento e di manutenzione, non è
cambiata molto da allora. La singolarità del posto mi viene confermata anche
dagli incontri, alquanto particolari, con altri viaggiatori. Tardo pomeriggio,
mentre sto cercando di fotografare un orso bruno poco distante dalla strada, si
ferma una coppia di francesi, in viaggio anche loro verso nord, con un’Honda CX 650
dell’84 acquistata in Quebec, una montagna di bagagli sul portapacchi, gli
zaini, uno a testa, sotto le antipioggia!
Michel, parla inglese peggio di me, e con l’orso
che assiste, orecchie diritte, alla nostra strana conversazione, mi mostra una
perdita d’olio. Gli dico che non è nulla di grave, per quanto ne capisca io, ed
al momento di rimontare la fiancata, esortato dalla ragazza, sfodera un
incredibile: ”calma, sono un turista!!”.
Takanori, da Tokio, XR Bahia 250, partito da Vancouver, per un giro del mondo di un anno e mezzo.
Super tecnologico, palmare portatile, camera digitale, ma senza un’idea di
come si viaggi in moto, sprovvisto persino dei copri stivali antipioggia: della serie, tutto
palle ma nessuna esperienza in merito. Lo incrocio un paio di volte, per poi
unirci a Watson Lake, per spuntare un prezzo migliore in un motel e viaggiare
un giorno insieme.
Straordinario: 2 borse sul portapacchi, uno
zaino ciclopico sulle spalle, e questa XR che a 120 all’ora e più, per le stradine
dell’Alcan, abbreviazione di Alaskan- Canadian highway, mi regala portentose fumate allo scarico, ad ogni scalata di marcia. Comincio a credere
che per essere accettati a queste latitudini si debba essere per lo meno un po’
strani!
A Whitehorse, capitale dello Yukon, le notizie
sulla Dempster highway, incute timore solo a pronunciarla, non sono
incoraggianti. 2 giorni prima è stata chiusa per la neve.
2 ragazzi canadesi incontrati per strada, mi
dicono che quest’anno ha piovuto molto, di conseguenza la pista è molto
fangosa. Uno dei 2 mi chiede se ho un’arma. Gli rispondo di no, quindi se ho
uno spray.
“per le zanzare?” gli chiedo.
Lui mi guarda divertito ed aggiunge: ”A lot of
bears up there”.
Mmmhh! Niente male!
La sera nella capitale dello Yukon ci ritroviamo
seduti ad un tavolo in 5 (e tutti motociclisti per giunta): Takanori, 2
attempati signori del Michigan, Gorge e Paul, un inglese, Ashley, che sta
viaggiando dalla Terra del Fuoco, ed il sottoscritto.
Il Taka parla spagnolo ed un po’ d’inglese, io
cerco di farmi capire, gli altri slang a non finire. Morale, una valanga di
risate, fra incomprensioni d’ogni genere, dove intervengono anche altri
avventori del pub, notevolmente alterati da cospicue quantità di alcool. Tra
una birra e l’altra si parla delle solite stupidaggini fra motociclisti, ma
anche dei nostri viaggi, ed è senza dubbio un bell’ascoltare. Anche qui la comunità
indiana, mi colpisce per le condizioni in cui vive.
L’alcolismo è una piaga diffusissima, che non
può che colpire il visitatore. Qualcosa è stata sicuramente sbagliata,
confermando anche l’impressione avuta in sud Dakota visitando le riserve
indiane nei pressi di Pine Ridge, e partecipando ad un Pow How, e ad un
Sundance. Sicuramente un popolo che ha perso la sua identità, e che fatica non
poco a ritrovarla. A parte questo, il paesaggio è monotono ma bellissimo, può
sembrare un controsenso, ma è proprio così, e la completa assenza di traffico
in questo periodo (siamo verso la fine d’agosto), non fa altro che aumentarne
il fascino. I tramonti, tempo permettendo, sono spettacolari, con delle luci
incredibili.
E gli spazi!!, mi viene in mente una frase di
uno scrittore contemporaneo di origini indiane, William Least Heat-Moon, che
dice, anche se riferendosi alle praterie: ”Quanto spazio, qui sembra che l’aria
non sia ancora mai stata usata!”
Lo Yukon rappresenta la camera di decompressione
per l’Alaska.
Credo che questo sia il Grande Nord.
Lo Yukon ti stordisce con la sua bellezza
costante, l’Alaska, ti schiaffeggia con la sua natura totale, fatta di
montagne, alternate a ghiacciai e foreste, dove colori impossibili si mischiano
tra loro, generando un effetto cromatico unico! Il secondo è bellissimo, il
primo semplicemente bello, ma qui tutto è più naturale. A volte ho
l’impressione di viaggiare in circolo (come nel deserto), perdendoti lungo
questi nastri d’asfalto. Cominci ad andare, e non ti accorgi più di niente; è
come una droga, e tu lì giusto per catturare un fugace raggio di sole, che
accende colori incredibili, od assaporare tramonti mozzafiato, o vedere un alce
che col suo piccolo ti attraversa la strada, senza degnarti di uno sguardo.
Le distanze si dilatano, fino a trasformare lo
straordinario in ordinario.
A Dawson City, sicuramente la città più
interessante dello Yukon (edifici originali risalenti alla gold rush, con
marciapiedi in legno e vie non asfaltate!), punto di confluenza di 2 fiumi storici,
il Klondike, e lo Yukon, termina la strada 2, la Klondike hwy, ed oltrepassato
lo Yukon, inizia la Top of the World hwy: 200km. sterrati sul crinale di una
montagna, che domina 2 valli, una a destra ed una a sinistra., chiuse da 2
catene montuose coperte da ghiacci eterni.
SPETTACOLO!
Per oltrepassare il circolo polare artico, ci
sono 2 piste, di circa 800 chilometri l’una: la Dempster e la Dalton.
Entrambe molto panoramiche, ma solo per il primo
tratto, all’incirca i primi 2/3, quindi tenere conto delle condizioni
meteorologiche che possono peggiorare assai rapidamente, bloccandovi e
costringendovi a tornare indietro per centinaia di km. Le strade, comunque, non rimangono chiuse mai per molto tempo, dato
che, sono aperte al traffico persino d’inverno. La via del ritorno, è sempre
più difficile. Dopo aver raggiunto il Circolo Polare Artico seguendo la Dalton
highway, essermi perso per 3 giorni nella penisola del Kenay, veramente
stupenda, rischio di infognarmi nella Cassiar Highway, per manifesta
impossibilità economica di affrontare la 1° parte dell’Inside Passage ($300 per
un giorno di viaggio). Intanto le persone che incontro, continuano ad offrirmi
ospitalità, così dopo Bruce in Alaska, medico di Seattle, a Skagway è toccato
alla coppia di Vancouver: ” Giusto per assaggiare un pasto fatto in casa e
dormire in un letto caldo”.
Di questo passo, arrivo a Los Angeles a fine
anno. Gente straordinaria!
A proposito di Skagway, trascorro una mezza
giornata, in quello che fu il punto di partenza per il Klondike durante la
corsa all’oro del fine 800. Nel 1887 aveva solo 10 abitanti, 10 anni più tardi
era la città più grande dell’Alaska.
Credo sia senza dubbio uno dei periodi più
interessanti e tristi allo stesso tempo della storia americana.
Le foto degli stampeeder che cercano di passare
in colonna il Chilcoot pass, mette i brividi solo a vederla.
Qui decido definitivamente di rinunciare
all’idea del traghetto, ed una volta ritornato a Watson lake, imbocco questa
Cassiar, anche per tentare di vedere gli orsi che pescano i salmoni vicino
Steward. Ma prima c’è la Klondike hwy, che percorre in linea di massima lo
stesso itinerario seguito dai cercatori d’oro nel 1898, certo il White pass da
allora è un po’ cambiato. Jack London parlando delle fatiche necessarie per il
suo attraversamento scriveva: ”I cavalli morivano per lo sforzo, come mosche ai
primi freddi”. Il tempo è decisamente peggiorato, l’alcan è
coperta da un metro di neve nel tratto di Fort Nelson, più a sud di dove mi
trovo ora.
Giornata veramente di merda!
Pioggia per 650 km., neve sui 2 passi
attraversati, catena che comincia ad accusare segni di cedimento (tutto stò
fango, che una volta seccato diventa una specie di argilla), il tassellato
diventato ormai uno slik.
Devo dire che non sono dello spirito migliore,
quando ad un tratto in lontananza vedo uno strano mezzo: una bici, no, è troppo
lunga; una moto, no, è troppo lenta. Opto per una moto in difficoltà. A 80 m.
realizzo che è una bici con carrozzino. A 50 leggo il cartello, tipo targa,
posto sul retro del piccolo rimorchio: ”questo è un mezzo che trasporta una
persona con handicap”.
Mi affianco, lei sorridente, con un caschetto ed
una giacchetta rosa, mi sorride a 32 denti, seduta sulla carrozzina: le manca
mezza gamba destra, lui, arranca sui pedali, giusto con un giubbino
impermeabile, capelli al vento, come se niente fosse (anche lui è a dir poco
raggiante).
“Tutto a posto ?” domando io.
”Non potrebbe andare meglio!”
“Anche il tempo?”
Lui guarda il cielo: ”Non sta nevicando, meglio
di così?”
GRANDE.
E la Cassiar? Sinceramente, a parte i 2 ciclisti
con carrozzino, ho visto poco ed imprecato tanto.
Da qui però, c’è la deviazione per Steward, che
è in Canada. Una volta giuntivi, dopo 1 km., c’è Hyder, che è invece in Alaska.
Bene, questo è l’unico punto di frontiera del nord America privo di controllo
doganale. Da Hyder parte una mulattiera che attraversa il Fish Creek, quello
degli orsi che pescano per intenderci, costeggia 3 o 4 ghiacciai, e dopo 60 km.
circa, si va a stampare contro il Salmon Glacier, uno dei 5 ghiacciai più
grandi del mondo!
Se aggiungiamo che la strada per arrivare a
Steward si infila in una gola dove si possono ammirare altri 5 o 6 ghiacciai,
alcuni dei quali, a livello della strada, concludete se ne valga la pena o no. Come
al solito, attenzione agli animali, sono solitamente più spaventati degli
uomini, ma le loro reazioni possono essere imprevedibili. Arrivo a Vancouver,
ed a farla breve, sono letteralmente cotto! Ho trovato tempo bruttissimo anche
percorrendo l’Inside Passage e sull’isola di Vancouver. Nei 4
giorni di sosta nella capitale del British Columbia, che fra l’altro è una
città stupenda, mi sorprendo a pensare ai giorni che mi separano da Los Angeles.
Il freddo, la stanchezza, mi portano ad immaginarmi in completo relax a casa di
amici, od a prendere il sole a Santa Monica o a Venice Beach. Poi riprendendo
il cammino, con l’ingentilirsi del tempo, mi accorgo che percorro sempre meno
km, e i giorni volano via, facendo saltare date e programmi.
Riprendo un bel ritmo, anche perché, come diceva Pirsig:
”Viaggiare è meglio che arrivare”.
A Seattle, bellissima anche lei, ho l’ennesima conferma
dell’ospitalità americana: accetto l’invito di Bruce, incontrato in Alaska,
durante le sue vacanze con i figli.
Risultato: biglietti, omaggio di un suo paziente, per una
partita di baseball, più l’uso incondizionato di casa sua, compreso computer e
telefono. La cordialità della gente è sempre più sorprendente. Giornate
fantasticamente soleggiate, mi portano alla scoperta del Cascades Range, la
catena montuosa di origini vulcaniche che taglia in 2 lo stato di Washington,
fino al fiume Columbia.
E le strade?
Davvero niente male! Sicuramente sono tra le più divertenti
incontrate fino ad ora. Sui monti Cascades, assolutamente da non perdere la 20
a nord di Seattle, ed il loop del Mt. Rainier (ma qui è sufficiente scalare il
Cayuse pass, ed il Chinook pass), salendo anche a Sunrise, da dove si gode di
un’ottima vista sul monte completamente coperto di ghiacci.
Unico neo, la giornata al Mt. St. Helens, dove attendo
invano, fino al pomeriggio, che il cielo si apra per permettermi di gettare uno
sguardo sulla montagna che nel marzo 1980 esplose, uccidendo 59 persone, distruggendo
160 miglia quadrate di foreste,ed innalzando nel cielo una colonna di cenere,
vapore e gas, alta 25 km. Assolutamente da non perdere la visita al Coldwater
Ridge visitor center, che si affaccia direttamente sulla bocca del cratere. Qui
è possibile assistere al filmato che, con l’aiuto del computer, ricostruisce in
maniera molto suggestiva, quella che è stata definita dai geologi, la più
grande eruzione-esplosione mai verificatasi a memoria d’uomo. Se il filmato non
vi basta, per avere un’idea di come doveva essere il posto 20 anni fa, prima
dell’eruzione, la visita al Mt. Rainier, nel parco omonimo, può essere d’aiuto.
E’ opinione comune, infatti, che questo sarà il prossimo St. Helens. E se consideriamo che siamo a solo 60 km in linea d’aria da Seattle......
Da qui l’ingresso in Oregon è un po’ contorto. Deludente,
il circuito del Mt. Hood, ma non il percorso che segue il fiume Columbus, e che corrisponde al cammino compiuto il secolo scorso, dagli
esploratori Lewis e Clarck, alla ricerca di un passaggio verso l’ovest. In un
itinerario come il mio, una strada, non poteva escludere l’altra. Dopo la
divagazione, mi dirigo verso la costa. Tutti me ne hanno parlato in termini
entusiastici. Bella, ma non spettacolare, soprattutto la parte più
settentrionale è piuttosto affollata.
Tra Florence e Coors Bay, ci sono 50 miglia di dune
giganti, è il più vasto territorio di questo genere di tutti gli Stati Uniti.
L’ingresso alla riserva è a pagamento, ma allontanandosi dai centri abitati (ce
ne sono solo 3), è possibile accedere alle spiagge evitando i controlli e
risparmiando così 5$. Occhio a dune baggy e quad che sfrecciano da una duna
all’altra.
Nel tardo pomeriggio arrivo a Bandon, parcheggio davanti
l’ostello, e mi sento chiamare.
E’ Nancy, 60 anni ad occhio e croce (ma portati
benissimo) proprietaria di un bar dall’altro lato della strada.
“ Benvenuto a Bandon”
Ringrazio.
“Con una giornata così, devi assolutamente andare alla
spiaggia. Abbiamo il tramonto più bello del mondo!”
“ Sicura?”
“ Mmhh” riflette.
Le vengo in aiuto: ” Forse degli Stati Uniti”.
“ Mmhh, dopo le Haway, assolutamente sì”.
“ Ok, ma dimmi, per mangiare del buon cibo?”
“ C’è un ristorante lì dietro, non so, forse è chiuso, è
un po’ tardi. Aspetta, vado a chiedere”.
E saltellando come una ragazzina, si dirige verso il
locale. Le grido dietro che mi sistemo nell’ostello. Ritorna dicendomi che è
chiuso.
Va bene, andiamo ad ammirare questo sunset.
Arrivo in spiaggia e……… MOZZAFIATO!!! Mi ricorda
Duncansby Head, in Scozia, ma in meglio, molto in meglio.
Scogli e rocce affioranti dappertutto. Mi sento chiamare
(è forse la 4° persona in quasi 3 mesi che pronuncia decentemente il mio nome),
ed è ancora lei, Nancy, che sempre saltellando viene ad offrirmi un pomodoro.
“ davvero un posto straordinario!” le dico.
“ lo so, questo è per te, è biologico. Noi abitiamo lì,
se hai bisogno di qualcosa………, ed ancora benvenuto a Bandon”
Un ragazzo, con 2 cani ed un bambino, assiste divertito
alla scena. Stiamo scendendo insieme verso il mare e mi chiede da dove vengo.
Gli rispondo, e lui mi dice di essere stato in Italia, per sciare, nel 1992. Sulla
spiaggia, ci perdiamo 2 o 3 volte, ed alla fine mi domanda se ceniamo insieme.
Accetto.
Il tramonto è di una bellezza commovente.
Passo la serata con Michael e suo figlio, gustando una
bella bottiglia di cabernet-sauvignon, e parlando delle esperienze di viaggio
(lui è originario del British Columbia) e dell’Italia, che sua moglie ama
particolarmente. A fine pasto chiede di offrirmi la cena, rispondo che non se
ne parla nemmeno. Lui insiste, e dopo un’altalena di offerte e rifiuti da parte
mia, se ne esce dicendomi: “Va bene, allora paga la mancia”
Termino la serata a casa sua, facendo le ore piccole,
parlando dell’Italia; ora c’è anche Katy, sua moglie.
Il giorno dopo, via verso Crater Lake. La strada promette
bene, ma il lago, complice anche una giornata stupenda, è un capolavoro della
natura! La strada intorno al cratere è lunga circa 50 km, inutile il consiglio di percorrerlo più volte! Spettacolare arrivare nel pomeriggio, rimanendo fino al mattino dopo, gustandosi
tramonto ed alba. Dopo il 1° giro, mi fermo nel punto che, soggettivamente,
ritengo migliore per godermi quello che, si preannuncia un tramonto con i
controcazzi. Arriva un vecchio van Wolkswagen, con a bordo 2
ragazzi: sono in viaggio da 3 mesi, anche loro. Mentre ci scambiamo le nostre
impressioni di viaggio, il bordo del lago inizia a diventare rosso. Loro stanno
per terminare il loro giro, anche io ed il rosso è diventato rosa. Sono originari
dell’Oregon, ed un nuovo lavoro li attende al rientro. Lei ha il padre che vive
a Firenze. Il cratere si è dipinto di viola!!!
Mi dicono che probabilmente il grocery nel campeggio del
parco è chiuso. Rispondo che non me ne frega niente. Si offrono di aiutarmi:
dico loro che non ce n’è bisogno. Insistono: minestrone biologico (e dalli!),
tonno.
Contraccambio col pomodoro di Nancy. Via ringraziamenti.
E’ il momento di salutarci, il tramonto li attende dall’altra parte della
valle, più in basso. Mi sto avviando verso la moto, quando lei, stanno
partendo, mi chiama sporgendosi dal finestrino, indicandomi una busta sul
muretto: pane, noccioline, uva passa ed un altro pomodoro.
“ Per domani, la tua colazione”.
“!!!”
L’ingresso in California, non può essere più
spettacolare, con il Redwood national park, e la costa a nord di San Francisco.
Il primo offre al visitatore la vista di alcuni degli alberi più alti del mondo
(anche 110 metri), la seconda, con la highway 1, e uno spettacolo assolutamente
da guidare: paesaggi bellissimi, ed una strada che si arrotola letteralmente su
se stessa, seguendo una percorso a dir poco tormentato, ci vorrebbe un capitolo
a parte. Arrivando da nord, ignoro la 101, ormai ridotta ad
un’impersonale super strada, ed imbocco la 199. Una volta nel Redwood national park, abbandono un’altra volta la 101 per la costal drive, sterrata facile, che si
immette a sua volta nella Newton Drury scenic parkway. Al termine ancora 101, ma solo per un breve tratto, perché al cartello old 101, esco nuovamente: qui inizia la Avenue of Giants, nel Redwood state park, si viaggia per
quasi 100km. immersi in questa foresta di alberi alti anche 100 metri, che
ricordano le sequoie, ma che in verità nonostante una più giovane età, un fusto
decisamente più affusolato e di colore rossastro, riescono a superare in
altezza, anche di 20 metri. Dopo questa indigestione di alberi di alto fusto,
la highway mi attende ancora con il suo traffico, e quando comincio a pensare
che, tutto sommato è andata benissimo, ecco che si presenta la deviazione per la 1.
Non c’è modo migliore per arrivare a San Francisco.
Certo potrebbe esserci nebbia, ma diavolo, che bella!!! Avete presente la costa amalfitana,
bene, questa paesaggisticamente, ma
senza urbanizzazione, è molto simile, con la piccola differenza che è lunga circa 500 km.. Decisamente questa
parte del viaggio, mi sta riservando sorprese a non finire, sotto tutti i punti
di vista. Ed io che, stupidamente pensavo fosse finita, dopo le bellezze del
nord!!! STOLTO!!!!
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