06 febbraio 2012

BULGARIA mar nero


TO THE BLACK SEA
Dal delta del Danubio alle coste del mar Nero, dalla Romania alla Bulgaria, regioni accoglienti e ricche di luoghi da esplorare. Le loro coste hanno attirato turisti per secoli e persino gli antichi greci, attratti dalle sue spiagge, vi fondarono le loro colonie. Noi abbiamo la Sardegna, ma altri si devono accontentare…sarà poi vero?



Ed alla fine dopo quasi 4000km dove abbiamo incrociato, traghettato, incontrato più volte il Danubio, arriviamo al suo delta, percorrendo per una quindicina di km l’argine che va da Galati a Braila. L’impatto non è dei più naturalistici nonostante l’area sia stata dichiarata riserva naturale. Infatti le due cittadine la prima con enormi casermoni, la seconda con un’aria riposante e gradevole furono negli anni ’60 le vittime di uno sviluppo industriale che portò alla costruzione delle maggiori acciaierie del paese, sovvenzionata con ingenti fondi dell’Occidente versati nelle tasche del governo Ceausescu (l’odierno equivalente di circa 12 miliardi di€!!). Resti fumanti di archeologia industriale in semi abbandono. Ma il tempo con il suo scorrere a volte porta benefici: il delta è ormai dichiarato riserva naturale, in più protetto dall’UNESCU. La strada, dopo avere traghettato uno dei bracci del Danubio, arriva a Tulcea, definita la Porta del Delta (vedi BOX) e poi piega decisamente verso sud ed il confine. Terra di confine tra Europa ed Asia, queste le sensazioni che si respirano guidando verso Costanza: 360° di spazi infiniti! Bianchissime nuvole sembrano spingere il cielo ben oltre l’orizzonte. Come al solito mi attardo per scattare foto e guidare in queste condizioni è qualcosa che ogni volta mi rende incredibilmente felice. Come dite? Già, è vero! Mi accontento di poco, anche se parlandone la sera con Mauro mi confermerà di aver provato le stesse sensazioni. A Costanza evito la circonvallazione e punto direttamente verso il centro città, un poliziotto ferma la macchina che mi precede e dato che ci si trova obbliga me alla stessa manovra. Rivedo le situazioni del 1995, quando in un impervio attraversamento dell’est Europa fummo letteralmente massacrati dalla polizia locale. 
Eccesso di velocità, la sentenza: multa per il primo e una volta che l’automobilista riparte inizia la trattativa. L’amico non sembra intenzionato a redigere un secondo verbale. E’ in situazione di attesa. La multa è di circa 10€ mi dice, sono sicuramente meno.
“ho sbagliato ma si potrebbe chiudere un occhio?”
“speak in english” 
glielo dico in inglese ma non si producono effetti particolarmente incoraggianti.
Mauro non si sa dove sia e sono naturalmente senza lei per poter tentare una manovra economica al ribasso. Alla fine riparto con 5€ in meno nelle tasche: fregato in pieno!! E pensare che ero quasi al confine!! Il passaggio della dogana avviene senza particolari problemi: siamo gli unici sotto un cielo plumbeo che non promette niente di buono. Bulgaria con i suoi 378km di coste. E’ il punto più distante del nostro viaggio. Il Mar Nero ha attirato turisti per secoli e persino gli antichi greci, già dal XII secolo a.C. vi avevano fondato le loro colonie. Anche noi non abbiamo potuto esimerci da tutto ciò, soprattutto dopo che i km sono diventati ormai più di 4.000, percorsi in questo nuovo ma affascinante est europeo che sta rapidamente cambiando. Intanto smentiamo un’opinione largamente diffusa, il Mar Nero non è nero, anzi spesso è di un blu cristallino davvero invidiabile. La parte settentrionale è sicuramente quella che mi è piaciuta di più con capo Kaliakra (ingresso 3 leva) e Balchik piccola cittadina chiusa sul suo porticciolo. Gente cordiale ed ospitale che non esita ad invitarti a bere un caffè, una limonata e scambiare 2 chiacchiere, come ci capita a Kavarna, o la signora tutto fare del ristorante dove siamo a cena la sera e che non capendo che ho bisogno di una ricevuta unica me le strappa tutte e 3 facendomi capire che è tutto ok perché abbiamo già pagato. No ferma, mi servono: le accetteranno in redazione? Da Zlatni Pjasaci, invece inizia una zona dove la cementificazione da grandi alberghi abbruttisce una costa veramente bella, con lunghe spiagge bianche e mare pulito. Lavori frenetici stanno trasformando, fortunatamente solo poche aree in zone asettiche, chiuse e controllate da vigilanza armata. Siamo pur sempre in Bulgaria, uno dei paesi più poveri, col più alto tasso di orfani di strada del continente, ma questo sicuramente ai turisti che calano in massa verso questa zona non interessa: meglio una bella puntatina al Casinò o un long drink in spiaggia. Numeri spaventosi: la costa del sole che va da Albena a Varna, totalizza 110 alberghi (ma ne stanno costruendo molti altri), grandi complessi tra i più grandi d’Europa che attirano qualcosa come 2 milioni di turisti all’anno (!!!) provenienti dai paesi dell’est ma anche da Germania, Inghilterra e Scandinavia. 
Passata Varna invece oltre che  ad affrontare la strada migliore di tutto l’itinerario, panoramica ottimamente asfaltata e ricca di curve, è possibile trovare posti tranquilli e piccoli borgi di pescatori, 2 su tutti, Sozopol e Nesebar: cominciano a cementificare anche qui ma ancora a livelli non frenetici, anche perchè qui è intervenuto l’UNESCU e i centri storici sono situati, il primo su uno stretto promontorio ed il secondo su di un’isola collegata da un ponte  zigzagante con un mulino di legno alla parte più moderna. Noi abbiamo sostato a Nesebar chiamata la città delle 40 chiese. Va detto però che  in alta stagione diventano sicuramente le località più turistiche dell’intera costa: quindi cercare di evitare luglio ed agosto se possibile. Ne vale assolutamente la pena.   
Bene, siamo alla fine. Da qui si torna indietro e ci concediamo per la seconda volta la fantastica strada  fino a Varna, irriducibili bambinoni nel parco giochi della curva. Percorsa ad aprile è davvero uno spasso! Probabilmente in estate le cose, dal punto di vista del traffico, cambiano alquanto. 

Il cirillico
Quando in occasione del regno di Preslav nell’893, il vecchio zar Boris, decise di elevare definitivamente lo slavo a lingua ufficiale e liturgica del paese al posto del greco, la Bulgaria si era appena lasciata alle spalle 4 anni piuttosto turbolenti. Il figlio maggiore di Boris, Vladimiro, giunto al potere nell’889 dopo l’abdicazione del padre, aveva consentito alle forze dell’aristocrazia non cristiana presenti nel paese di riprendere, sebbene per poco, il sopravvento. Il padre, adirato, aveva assaltato un convento nei pressi dell’antica capitale Pliska, destituendo Vladimiro e facendolo accecare. Fu quindi il suo secondo figlio, Simeone I (893-927), ad assumere il potere secolare nella nuova capitale Preslav, di forte impronta cristiana. E così la Bulgaria ebbe un primo vescovo: Clemente di Ohrid (840-916). Quest’ultimo era stato allievo di 2 religiosi che la storia ricorda come apostoli slavi, i cui nomi monastici erano Cirillo (826-869) e Metodio (816-885). Nel 1980, i 2 santi sono stati nominati da papa Giovanni Paolo II addirittura “patroni d’Europa”. Sullo sfondo dei contrasti tra Roma e Bisanzio per il predominio del latino e del greco nella chiesa universale della cristianità, ma anche per il primato del pontefice di Roma o del patriarca di Bisanzio, nell’863 i 2 furono invitati in Moravia per rinforzare la lingua slava in quella regione. Dalla Baviera, Ludovico il germanico stava agendo dietro le quinte per latinizzare questa zona. Cirillo fu il primo a creare un alfabeto per poter tradurre in lingua slava alcune delle parti della bibbia. Il suo tentativo, passato alla storia come lingua glagolica, si rivelò tuttavia eccessivamente complicato. Soltanto i suoi allievi Clemente, Naum, Angelarij, Gozard e Savva riuscirono a creare un alfabeto utilizzabile che proprio in suo onore fu chiamato “cirillico”. Nell’867 Cirillo e Metodio si recarono a Roma per caldeggiare l’inclusione dello slavo tra le lingue ecclesiastiche al pari del greco, del latino e dell’ebraico. Papa Adriano II li prese sotto la sua protezione, condusse per anni un confronto aperto e concesse loro numerosi privilegi. Alla sua morte avvenuta nell’869, Cirillo fu sepolto a Roma nella chiesa di S. Clemente. Metodio si tuffò nuovamente nella grande politica della chiesa e fu nominato arcivescovo di Pannonia.




Il delta del Danubio
Il delta viene a buon ragione considerato come una delle più grandi risorse dell’industria turistica rumena ed è alta la consapevolezza locale della necessità di conservarlo. L’area fu dichiarata riserva naturale nel 1990, con oltre 500km quadrati di superficie severamente protetta e un anno dopo dichiarata patrimonio mondiale. Per entrare nella Riserva Naturale del Delta del Danubio, occorre un permesso che vi garantisca l’accesso all’area nel suo insieme, eccettuate le aree severamente protette. Se avete intenzione di fare un viaggio guidato, i permessi vengono procurati direttamente dall’agenzia; per chi si sposta individualmente vanno richiesti all’ARBDD, l’”amministrazione della riserva naturale del delta de Danubio” (tel. +40240518924, fax +40240518975 www.ddbra.ro ) di Tulcea ad un prezzo di poco inferiore a 1€, ma dovrà pagare spese supplementari, quali ad esempio canottaggio o pesca. Gli operatori dei gruppi organizzati devono invece pagare venti volte tanto e per un numero limitato di 7 percorsi fissi. In aggiunta ai 3 bracci del Danubio, i percorsi partono da Tulcea, da Mila 23 a Lacul Trei Iezere e CHilia Veche, dal braccio di Sfàntu Gheorghe a Lacul Razim e da Jurilvoca a Gura Portitei. Se invece programmate di esplorare altri posti fuori da questi percorsi principali, buona cosa è munirsi di una mappa dettagliata e di bussola. La miglior carta reperibile è quella verde del CTT (disponibile a Tulcea) con testo in inglese e l’indicazione delle zone severamente protette. Buone anche  quelle dell’Amco (reperibili a Bucarest). Il campeggio è in genere vietato tranne che in poche aree non molto attrezzate. Molto richieste invece le sistemazioni nelle case galleggianti, nel cuore del Delta. A Tulcea è possibile organizzarsi in maniera autonoma.














19 gennaio 2012

TUNISI la città capitale


Tunisi è decisamente una città capitale, vi abita un decimo della popolazione del paese, è sede del governo ed è il centro di tutto ciò che avviene nel paese, oltre ad essere il punto di arrivo per la maggior parte delle escursioni nell’area settentrionale del continente africano, un vero grande porto. 
Viaggio effettuato nel 2006.



Tunisi affonda saldamente le sue radici in un passato medioevale arabo. Nei mille anni precedenti l’arrivo dell’Islam, era un insignificante vicina del porto di Cartagine. Nonostante fosse di più antica fondazione, il suo ruolo storico era stato di secondaria importanza e si limitava spesso a fungere semplicemente da base per gli invasori che cercavano di conquistare la città più grande, importante, ricca e famosa. Non gli arabi, che, vice versa, preferirono il sito meno esposto dando così importanza alla città già dal IX secolo, edificandovi la grande moschea che ancora sorge nella Medina e scegliendola come capitale imperiale.
“Arrivammo a Tunisi, oggetto di tutte le nostre speranze, focolaio della fiamma di ogni sguardo, luogo di incontro di viaggiatori dall’est e dall’ovest. Questo è il luogo dove si incontrano flotte e carovane. Qui troverete tutto ciò che un uomo possa desiderare. Volete andare per via di terra? Ecco innumerevoli compagni per il vostro viaggio. Preferite il mare? Qui ci sono imbarcazioni che vanno in tutte le direzioni. Tunisi è una corona i cui gioielli sono i quartieri, i suoi sobborghi sono come un giardino fiorito costantemente rinfrescato dalla brezza.”
Queste sono le impressioni riportate da un viaggiatore del XIII secolo.
Certo lo sbarco al porto de La Goulette (che significa “la gola”) non fa più lo stesso effetto di qualche secolo fa, ma è indubbio che comunque Tunisi è, e rimane un nodo cruciale per le comunicazioni tra il nord Africa e l’Europa, una città viva, giustamente caotica di quasi 2 milioni di abitanti ed anche alquanto piacevole, nella quale spendere volentieri un paio di giorni. Nonostante le dimensioni, le zone più interessanti possono essere visitate a piedi e, prendendo alloggio nei pressi della parte più vecchia è possibile lasciare tranquillamente posteggiata la moto. E sarà così in parte, trascorrerò il mio primo giorno vagando nella Medina e nelle viuzze dello stretto angusto, affascinante quartiere dell’Halfohuane.


Tunisi a suo modo è una città viva, ma non come la intendiamo noi. La vita notturna non offre ritmi da sabato sera o da movida spagnola, la Medina chiude i battenti dopo il tramonto e la centralissima Avenue Bourghiba non va oltre le 23.00, ma qui si comincia a respirare un’atmosfera diversa che serve a calarsi nell’ambiente arabo. Una specie di apprendistato a ritmi differenti ma ugualmente interessanti e piacevoli. In compenso le mattine iniziano presto e perdersi nei vari souk della città è esperienza divertente ed affascinante: confusione, colori, odori, aromi, c’è un po’ di tutto. E bighellonando che ho trovato nei pressi del quartiere dell’Halfohuane diverse officine meccaniche per moto. Il giorno dopo approfittando della bella giornata, perché no, mi concedo una passeggiata motorizzata per la città. Conoscerò così Neffeti Mondher, il proprietario di una delle officine. Mi dice che in tutta Tunisi ce ne sono circa una ventina e che c’è un discreto parco circolante. Effettua riparazioni ed assistenza anche sulle moto di nuova generazione, grazie a dei tester che gli consentono di controllare le moderne centraline.
“Quasi come in Europa” scherza. 
Ma Tunisi è anche una serie di piccoli centri limitrofi che ormai di fatto sono stati assorbiti dalla città. Tra questi il più famoso e visitato è senza dubbio quello di Sidi Bou Said, splendidamente arroccato su di un colle a strapiombo sul mare da cui si godono splendide vedute sul porto e sulla città.
Asfissiata dai turisti di giorno, diventa un incantevole borgo la sera ed al mattino presto.
A testimonianza della bellezza del luogo, è stata scelta come residenza anche dal presidente Ben Alì.
Non molte le possibilità di alloggio, e molto care a parte l’eccezione trovata, menzionata più in basso.
E la sera conoscerò Karim, lavora in uno dei negozi sulla strada principale dove inizia la via pedonale e con il quale trascorrerò una simpatica serata a casa sua insieme a Ajmen, che non parla italiano a parte i termini calcistici ed i cori delle varie squadre del campionato italiano. Gustando una buona bottiglia di vino e vedendo il tramonto dalla finestra, prima di immergersi nell’incontro Milan-Lyon valevole per la Champions Leaugue ed a cui Ajmen ci costringerà ad assistere.
Resisterò un tempo ed una bottiglia di vino rosso prima di congedarmi e concerni una passeggiata per le vie lastricate del paese.


Il mercato degli schiavi di Tunisi
Attività in passato assai sviluppata e lucrosa, vide tra i mercati più floridi e con maggior attività, anche quello della città tunisina. Gli schiavi condotti a Tunisi venivano portati nel Souk (mercato) el Berka. I più sfortunati provenivano dalle prigioni sotterranee della Kasbah di La Goulette, dove venivano mostrati ai potenziali compratori, che per prima cosa controllavano la saldezza dei loro denti, perché gli schiavi non specializzati finivano per andare a lavorare sulle navi corsare dove venivano nutriti esclusivamente con biscotti duri. La maggior parte di essi erano catturati in mare, anche in acque lontane come la Manica, ma c’erano anche frequenti scorrerie sulle città costiere italiane, francesi e spagnole. Era un commercio brutale, anche se la tradizione occidentale è sempre stata ben felice di sorvolare sugli altrettanti feroci corsari che rifornivano i mercati degli schiavi della città di Pisa, Genova ed altre dell’Europa. La pirateria e la schiavitù erano generalmente ben accettate, anche se non ufficialmente, come un redditizio complemento ai commerci nel bacino del Mediterraneo. Alla fine del ‘700 le flotte europee avevano ormai espulso i pirati dai mari. Inizialmente la tratta degli schiavi trans-Sahariana compensò la diminuzione degli schiavi dal Mediterraneo, facendo le fortune di Tunisi dove alla fine del secolo, ogni anno venivano venduti più di 6.000 di essi. Nei decenni seguenti però le tasse, insieme alla concorrenza dei mercati di Tripoli ed alle guerre nel sud, mandarono in rovina il commercio. Infine, nel 1846 Ahmed Bey, che si stava costruendo la reputazione di sovrano illuminato, abolì la tratta degli schiavi ed i mercati furono chiusi. Gli africani sono restati e, mentre in passato hanno subito discriminazioni, trovando lavoro quasi solo come domestici, oggi fanno parte integrante della società tunisina.